Parole troppo dolorose per essere pronunciate

la_montagna_di_fuoco_cover-web

«Mi chiamo Angelo Pieri e ho scritto un diario. L’ho scritto perché le mie parole erano troppo dolorose per essere pronunciate a voce. E io, infine, ho deciso di assecondarle e lasciarle uscire: di liberarle, una volta per tutte.»

Il diario personale di uno dei sopravvissuti all’eccidio nazifascista di Stazzema ha ispirato Margherita Lollini per la sua seconda prova letteraria.
A 80 anni di distanza, dal 4 aprile in libreria LA MONTAGNA DI FUOCO di Margherita Lollini

Un piccolo quaderno dalla copertina nera, nascosto tra le bollette e i documenti nel comò dei genitori. Pagine vergate con una calligrafia chiara. In quelle righe, scritte dal padre Angelo, Marisa Pieri trova il racconto di una delle pagine più dolorose della storia della Seconda Guerra Mondiale, quella della strage di Sant’Anna di Stazzema del 12 agosto 1944, nella quale rimasero uccisi 560 civili. Tra loro c’erano anche Laura, la prima moglie di Angelo, i due figli piccoli Marisa e Roberto, la madre e la sorella Evangelina. Un destino tremendo, che ha risparmiato Angelo solo perché non era nel suo paese natale con i familiari, ma lavorava come cameriere presso una famiglia prima a Firenze, poi a Livorno, Putignano, Montepulciano e infine a Serravalle.

L’arrivo dei tedeschi per diversi mesi gli impedisce di tornare a casa, sull’Appennino, dove nel frattempo la moglie Laura e i due figli ancora bambini si credono al sicuro dagli orrori della guerra. Ma non è così. Le rappresaglie dell’esercito tedesco arrivano anche nel paese alle pendici delle Alpi Apuane, che all’epoca si poteva raggiungere solo attraverso sentieri secondari e mulattiere. E trasforma in poche ore la verde vallata che accoglie il piccolo centro in una montagna di fuoco.

Per mesi, però, Angelo non sa nulla. Continua a lavorare a Serravalle, si preoccupa, ma non pensa certo che non rivedrà più i suoi familiari. Scopre la drammatica verità solo quando, tempo dopo, un cugino lo va a trovare e gli racconta tutto. Per esorcizzare il dolore, fortissimo, che lo opprime Angelo decide di consegnare alle pagine di un diario la sua storia. Diario che, alla morte del padre, Marisa, figlia avuta da Angelo con la seconda moglie, ritrova e finalmente legge. Grazie a quelle riflessioni, la donna entra in contatto con il dramma che il padre ha vissuto. Quella di Angelo è una sofferenza sigillata nel silenzio: quella di un marito e di un padre che ha perso tutto, anche sé stesso, per mano della barbarie nazifascista che rese Sant’Anna di Stazzema un calvario a cielo aperto. E che grazie al suo racconto ritrova un intenso dialogo, anche se postumo, con la figlia che voleva proteggere dalla sua sofferenza. E attraverso di lei, con tutti noi.

image003

Margherita Lollini fa il suo esordio nel mondo della scrittura all’età di 29 anni con il volume “Lizzano: racconti di vita” (Odoya, 2013). Successivamente dà vita alla trilogia “Quaderni dell’Appennino” (Fernandel), pubblicando in sequenza “L’Appennino incantato” (2018), “L’Appennino ferito” (2019), “L’Appennino stregato” (2020). La sua passione per il territorio appenninico e per la memoria delle sue storie la conduce a pubblicare, nel 2021, il volume “Io, sopravvissuto di Marzabotto. Storia di un uomo, storia di una strage” (Longanesi). “La montagna di fuoco” prosegue il suo impegno nel solco della scrittura della memoria.

 

(A cura di Silvia Pio)