Resistenza. Uomini e donne in armi

Partigiani in movimento durante la Resistenza

Partigiani in movimento durante la Resistenza

PAOLO LAMBERTI (a cura di)

Johnny si sentiva come può sentirsi un prete cattolico in borghese o un militare in borghese: le armi razionalmente celate sotto il vestito, il segno era sempre su lui: partigiano in Aeternum. Se lascerò quella collina, sarà solo per salire su una più alta, nell’arcangelico regno dei partigiani. Fenoglio

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Fin da principio intendevamo bensì tentare di fare gli attivisti, reagire con la guerra e l’azione; ma anche ritirarci dalla comunità, andare in disparte. C’erano insomma due aspetti contraddittori nel nostro concetto della banda: uno era che volevamo combattere il mondo, agguerrirci in qualche modo contro di esso; l’altro che volevamo sfuggirlo, ritirarci da esso come in preghiera. Meneghello

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Noi e loro, a combattere con lo stesso odio anonimo negli occhi, e pure sempre, forse senza saperlo, noi per redimercene e loro per restarne schiavi. Questo è il significato della lotta, il significato vero, totale: una spinta di riscatto umano, elementare, anonimo, da tutte le nostre umiliazioni.  Calvino

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La forza della resistenza era questa: essere dappertutto, camminare in mezzo ai nemici, nascondersi nelle figure più scialbe e pacifiche. Un fuoco senza fiamma né fumo: un fuoco senza segno. I tedeschi e i fascisti ci mettevano i piedi sopra, se ne accorgevano quando si bruciavano. Viganò

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I bravi soldati hanno davanti altri bravi soldati. Combattono contro uomini che sono anch’essi uomini, anch’essi pacifici e semplici. Possono darsi prigionieri. Possono sorridere se catturati. Questi uomini non avevano niente dietro che li costringesse, niente che prendesse su di sé quello che loro facevano. Come accadeva che fossero semplici e pacifici anche loro? Che non fossero terribili? Perché, se non erano terribili, uccidevano? Perché, se erano semplici, se erano pacifici, lottavano? Perché, senza avere niente che li costringesse, erano entrati in quel duello a morte e lo sostenevano? Vittorini

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Sedeva, le gambe larghe, la schiena appoggiata alla spalliera della sedia, la testa un po’ indietro, e la faccia triste, persa, una stanca faccia di operaio. Dio di Dio! O non aveva conquistato? Non era in terra conquistata? Che cosa aveva da essere così triste, un tedesco che aveva conquistato? Aveva gli occhi più in basso, come umiliato. Un momento si osservò le mani; da una parte, dall’altra, entrambe insieme, e fu un gesto lungo come ne fanno solo gli operai. Lo vide non nell’uniforme, ma come poteva essere stato: indosso panni di lavoro umano, sul capo un berretto da miniera. Vittorini

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Possedevamo una nostra tecnica, non ci sentivamo più apprendisti, ma maestri in proprio, gelosamente indipendenti da ogni scuola, rigorosi, esigenti. I comunisti sparavano di più, e guastavano con mano più pesante; ma noi avevamo più vivo il senso delle conseguenze dei guasti e degli spari. Loro avevano comandanti e commissari già sposati a una dottrina generale sull’uomo, e la società, e la guerra in genere, e questa in ispecie. Noi non avevamo niente: dovevamo giustificarci ogni più modesta esplosione, ogni più piccola morte. Arcigni nei concetti di fondo, garbati e quasi soavi nella fattispecie, non prendevamo nemmeno in considerazione l’idea di fucilare qualcuno villanamente. Inoltre, non volevamo rompere senza pagamento (coi buoni), non spaventare senza bisogno, non assassinare senza spiegazioni. Queste erano le intenzioni: in pratica poi, non rompevamo molto, non spaventavamo che mediocremente, e non assassinavamo quasi nulla; un gruppo di artigiani-artisti, dalla produzione severamente limitata, e con un forte senso di autonomia professionale e personale. Meneghello

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A un partigiano non si domanda mai: chi sei? Sono figlio del proletariato, rispondigli, la mia patria è l’Internazionale, mia sorella è la rivoluzione. Calvino

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«Non sarete mica troskisti?» disse Simeone. «Ma sì» dissi; «l’ala troskista dei badogliani.» «Dimmelo tu cosa siete» disse lui; io fui tentato di dirgli: deviazionisti crociani di sinistra, ma poi gli dissi brevemente che eravamo studenti, e con chi eravamo lì, e perché. Meneghello

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Perché faceva un mondo di differenza perderla [Alba] alle 15 anziché alle 14,15, perché era inebriante tanta somma di potere, ma infinitamente più inebriante la coscienza dell’uso legittimo che ne avrebbe fatto. Fenoglio

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Non rappresenterò i migliori partigiani, ma i peggiori possibili, metterò al centro del mio romanzo un reparto tutto composto di tipi un po’ storti. Ebbene: cosa cambia? anche in chi si è gettato nella lotta senza un chiaro perché, ha agito un’elementare spinta di riscatto umano. Calvino

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Poi io dissi: «E quando finisce la guerra, cosa pensate di fare?». «Andiamo giù, no?» «E cosa farete, quando siete giù?» «I saccheggi» disse il Castagna. Meneghello

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Johnny toccò lo sten sotto la mantella e udì il suo crosciare lunghissimo. Fenoglio

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Tutto il resto non serve. Kim cammina solo per i sentieri, con appesa alla spalla quell’arma smilza che sembra una stampella rotta: o sten. Tutto il resto non serve. Calvino

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L’Agnese guardava: quella cosa nera che le era parsa la gatta era il mitra di Kurt. Il suo passo si fece a un tratto leggero e senza strepito: sfiorò appena le pietre del pavimento, lo portò vicino alla madia. Lei allungò una mano e toccò l’arma fredda, con l’altra afferrò il caricatore. Ma non era pratica e non ci vedeva. Lo mise a rovescio, non fu buona a infilarlo nell’incavo. Allora prese fortemente il mitra per la canna, lo sollevò, lo calò di colpo sulla testa di Kurt, come quando sbatteva sull’asse del lavatoio i pesanti lenzuoli matrimoniali, carichi d’acqua. Viganò

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Innocente ed amabile come una cagnetta mascotte mineralizzata. Parente più un palladio che un’arma [Breda 30], portata sul tetto del camion con il suo topesco tapping del treppiede della mitragliatrice. Fenoglio

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Qui si combatte e si muore così, senza gridare evviva. Calvino

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Una scheggia di mortaio gli aveva enucleato un occhio, e il piccolo globo, simile ad una noce di burro, stava colandogli sulla guancia. Fenoglio

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Al ponte del guado ho incontrato cinque tedeschi in pattuglia. Mi ero fermato un momento, la barca l’avevo lasciata a lato della strada, non ho fatto a tempo a tirarla sotto, loro mi sono arrivati addosso all’improvviso: di certo l’avrebbero vista. Li ho dovuti far fuori tutti e cinque. Erano comandati di pattuglia. Se non fosse stato per la barca li lasciavo andare.” “Avresti fatto male,” disse il Comandante, “erano soldati tedeschi.” Viganò

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A toccare la fondina ha un senso di commozione dolce, come da piccolo a un giocattolo sotto il guanciale. Estrae la pistola e passa il dito sugli incavi per togliere la terra. Dalla canna, svelto svelto, esce un ragnetto: era andato a farsi il nido dentro! Calvino

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Grosse, argentee formazioni di Liberators…veleggiavano grandiosamente da galeoni…dietro le quali i partigiani boccaperti esalavano l’anima. Poi ripiombavano gli occhi alla terra, guardando perplessi e depressi quel lillipuziano mondo che essi dovevano difendere. Fenoglio

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I dati statistici ufficiali, resi noti dalla Commissione Italiana di Storia Militare al Senato della Repubblica nel giugno 1998, sul contributo delle Forze Armate alla Guerra di Liberazione fanno riferimento a una forza media di 442.000 / 452.000 uomini alle armi, Carabinieri Reali e Guardie di Finanza esclusi. Si stimano, inoltre, in almeno 80.000 i militari che aderirono ad unità partigiane, mentre il numero dei militari caduti o dispersi, compresi quelli periti nei campi di internamento, è valutato in circa 86.600. Dopo l’8 settembre 1943 caddero almeno 31 generali dell’Esercito.

In Italia, la principale opposizione ai tedeschi si ebbe nella difesa di Roma. Resistenze isolate, ma non per questo meno determinate, si registrarono in molte altre zone del territorio nazionale, come a Livorno, Bari, Nola, Parma, Tarvisio, Gorizia, Udine, Passo della Futa. In Corsica l’azione delle truppe italiane, in cooperazione con le forze della Francia Libera, fu decisiva per obbligare i tedeschi ad abbandonare l’isola. In Albania, in Grecia e in Jugoslavia intere divisioni preferirono unirsi alle locali formazioni partigiane. Nelle isole del Dodecaneso, migliaia di militari italiani si affiancarono alle truppe inglesi. A Cefalonia e a Corfù la Divisione “Acqui oppose una strenua resistenza e subì una tragica e vile rappresaglia.

Già nel settembre 1943 il cosiddetto “Esercito del Sud” costituì il I Raggruppamento Motorizzato, grande unità a livello di brigata, che si distinse nelle due battaglie di Montelungo del dicembre successivo. Nel 1944 il Raggruppamento si trasformò in Corpo Italiano di Liberazione (CIL), avente la forza di un corpo d’armata, che combatté nel centro Italia inquadrato nell’8ª Armata britannica. A fine di quell’anno il CIL diede vita a 6 Gruppi di Combattimento, armati ed equipaggiati dai Britannici, che parteciparono agli ultimi combattimenti sulla linea Gotica e alla liberazione di varie città dell’Italia del nord come Bologna e Venezia. I paracadutisti dello Squadrone “F” insieme a quelli della “Nembo” svolsero il 20 aprile un aviolancio dietro le linee nemiche. Quasi 200 mila uomini, poi, operarono in uniforme, ma senza armi, nel sostegno logistico delle truppe alleate in Italia ed in Francia. Migliaia furono i militari che a gruppi o isolatamente si unirono alle bande. Nel 1945 tutto il movimento partigiano, confluì nel Corpo Volontari della Libertà (CVL), unità regolare posta sotto il comando del Generale Raffaele Cadorna.