Il Pantokrator dell’Autokrator

Costantino (Musei Capitolini)

Costantino (Musei Capitolini)

PAOLO LAMBERTI

Oggi gli stati che più ostentano il loro cristianesimo sono la Russia di Putin e gli USA di Trump. Chi segue le parole di papa Francesco potrebbe meravigliarsi, chi conosce la storia del Cristianesimo non si stupisce: la storia reale, ovviamente, non quella sacra e teologica che vaga per l’iperuranio. Se Nietzsche diceva, giustamente, che san Paolo era il secondo fondatore del Cristianesimo, stupisce che non abbia individuato il suo terzo fondatore, ovvero Costantino; stupisce perché il giovane filologo tedesco seguì numerose lezioni di Burckhardt parecchi anni dopo che lo storico svizzero aveva pubblicato il suo poderoso Il tempo di Costantino il Grande.
Se l’editto di Milano in realtà riprendeva una disposizione di Licinio, l’elemento sorprendente è la scelta di Costantino di legittimare e privilegiare il Cristianesimo, scelta che con Teodosio ne farà la religione ufficiale dell’Impero. Rispetto alla visione tutta pace e amore di Cristo che oggi è diffusa nel Cristianesimo, e soprattutto nel Cattolicesimo, la figura dell’imperatore appare agli antipodi: generale tanto abile quanto spietato, passa quasi due terzi del suo regno in guerre, per lo più civili, e non esita a far giustiziare il figlio maggiore e a “lessare” la moglie, chiusa in un calidarium sino a soffocare.
La scelta di Costantino sorprende anche perché a un militare come lui poteva essere più congeniale il culto di Mitra, il più diffuso nell’esercito; anche se l’ostilità di alcune correnti cristiane verso l’esercito (Tertulliano) era ormai minoritaria, e i martirologi ostentano non pochi soldati, sino alla fantasiosa Legione Tebea che influenza anche oggi l’onomastica del Cuneese. Però sembra comunque strano conciliare le Beatitudini con le legioni (anche se va ricordato Mt. 26,53 «Credi forse che io non potrei pregare il Padre mio che mi manderebbe in questo istante più di dodici legioni d’angeli?»); certo può avere influito l’aspetto economico-logistico: il battesimo di Mitra richiedeva il sacrificio di un toro, quello cristiano si accontentava dell’acqua. Più seriamente, a muovere Costantino era la consapevolezza che il messaggio cristiano era universale e non settario, quindi adatto ad un impero più del culto misterico e militare di Mitra.
Certamente Costantino era un uomo del suo tempo, quindi la sua scelta non è stata del tutto razionale: l’epoca vede un diffuso sentimento religioso intento alla ricerca di culti soteriologici per l’individuo e non solo per la società e va ricordato come la cultura romana abbia sempre associato ad una religione civile e rituale una forte superstizione. Del resto le biografie costantiniane non ricordano un’unica visione, anzi uno dei Panegirici evoca un’apparizione luminosa che avrebbe profetato una vittoria del giovane futuro imperatore contro i Germani, quando ancora era nelle Gallie al servizio del padre. Ma in questa visione la divinità circondata di luce viene identificata in Apollo; queste manifestazioni avevano anche lo scopo di incoraggiare le truppe, ma comportavano un’adesione psichica da parte di chi le riceveva e ne era convinto: in fondo conta la visione, il dio al centro è fungibile.
Costantino è la figura che corona la ripresa della forza dell’Impero dopo la gravissima crisi del III secolo, che l’aveva portato sull’orlo del disfacimento; a salvarlo è una sequenza di imperatori militari, quasi tutti di origine illirica (dai moderni Balcani); si succedono con grande frequenza, ogni volta eliminati da congiure, ma arginano la crisi. Diocleziano sarà il primo a stabilizzare l’Impero, e consapevole della difficoltà di tenerlo unito inventa la Tetrarchia, sistema sulla carta efficace ma che tramonta rapidamente con la seconda generazione di eredi; ne consegue una serie di guerre civili che vedono emergere Costantino come unico autocrate. La sua soluzione alla vastità dell’Impero è quella di trasferirne il baricentro ad Est, dove si trovano le maggiori risorse: di qui Costantinopoli. Tra le molte riforme emerge anche la necessità di un elemento religioso capace di unificare le popolazioni al di là dei vecchi culti poliaci ormai desueti e formali.
La logica di Costantino è riassunta molti secoli dopo da un altro politico, infinitamente inferiore (è infatti milanese), Ludovico il Moro: «un solo Dio in cielo, un solo Moro sulla terra». Come spiegherà ad abundantiam Dante nella Monarchia, il monoteismo è il perfetto modello della monarchia: il Pantokrator giustifica l’Autokrator. Costantino ha visto lontano, Bisanzio ci ha lasciato raffigurazioni imperiali di Cristo Pantocratore, solo la crisi dell’idea imperiale nell’Occidente medievale darà origine al Christus Patiens.

Chiesa del Santo Sepolcro, Gerusalemme

Chiesa del Santo Sepolcro, Gerusalemme


Eredi lontani dell’intuizione costantiniana, Trump approfitta dell’atomizzazione del Protestantesimo, capace di mettere sull’altare non un calice ma un crotalo, e della forte corrente autoritaria sempre insita nel Cattolicesimo (il Papa predica bene, ma rimane un autocrate a tutti gli effetti), mentre Putin può contare su una chiesa ortodossa diretta erede della chiesa imperiale, quindi con un patriarca sottomesso all’imperatore. Ancora oggi in Italia dopo 17 secoli una fascia dalla spalla destra al fianco sinistro caratterizza ufficiali, sindaci e diaconi, a ricordo del cingulum, la fascia cinturone cui gli ufficiali romani appendevano la spada, divenuta simbolo della militarizzazione dello stato romano con Diocleziano, che l’aveva imposta anche ai funzionari civili, mentre gli imperatori cristiani la estenderanno anche al clero, terza militia dell’impero.
La scelta di Costantino cala dall’alto, e il mondo cristiano vi si adegua probabilmente con lo stesso felice stupore che oggi muove i Russi davanti a Trump. Già adusi grazie a San Paolo, l’autonominato apostolo, ad obbedire alle potenze di questo mondo, perché «non c’è autorità se non da Dio e quelle che esistono sono stabilite da Dio» (Romani 13,1), i vescovi cristiani si affrettano ad accettare le decisioni imperiali anche in materia di fede: i principali dogmi cristiani, quelli trinitari e cristologici, derivano da una serie di concili convocati e presieduti dall’imperatore di turno, che ne decide gli esiti.
Così fa già Costantino a Nicea, e non esita a proclamarsi Isoapostolos, uguale agli apostoli (proprio come San Paolo, che, va ricordato,  non ha mai visto Gesù); la scelta di optare per Atanasio e il dogma trinitario contro Ario secondo Gibbon era legata al fatto che il patriarca di Alessandria si era portato a Nicea un gruppo di arcieri; più probabilmente l’imperatore aveva pesato Ario, che raccoglieva solo simpatie in Siria e nella corte, e Atanasio, fortissimo nell’Egitto, la provincia più ricca e fanatica, e la scelta era chiara; e  sembra accordarsi alla decisione di dividere l’impero tra i tre figli (quelli rimasti); salvo poi cominciare a cambiare idea, esiliando Atanasio e facendosi battezzare sul letto di morte da Eusebio di Nicomedia, decisamente filo-ariano (da non confondere con Eusebio di Cesarea, entusiasta biografo dell’imperatore, che però lo snobba lasciandolo senza il patriarcato di Antiochia). Del resto i tre figli saranno ariani e anche loro si combatteranno sino a che ne rimane uno solo, mentre nel giro di mezzo secolo la dinastia di Costantino si autoelimina tra massacri e congiure, fino all’ultimo, Giuliano, che decide di ritornare al paganesimo: visti i risultati del cristianesimo, non si può dargli torto; ma anche lui muore, per una ferita di guerra causata da un persiano (o da un soldato romano cristiano, dicono altre fonti).
Dopo di lui il cristianesimo diventa religione ufficiale dell’impero, e l’imprinting della terza militia rimane impresso in saecula saeculorum: così la militia ortodossa continua a servire leale l’imperatore, sia il sultano, Stalin o Putin, la militia cattolica nutre millenarie mire golpiste con la speranza di sostituirsi all’imperatore, in nome della libertas ecclesiae, la militia protestante procede frantumata per bande, ai margini delle quali compaiono sbandati, briganti e disertori. E la lucidità di Costantino brilla attraverso i secoli.