Una pistola al Luna Park, nuova raccolta di Monica Messa

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MONICA MESSA

Le lettere ai morti
contengono poche parole,
sono brevi
per non disturbare il loro sonno,
sono continue
per mantenere il filo del discorso.

Le lettere ai morti
cominciano con un Ciao,
non ci sono Arrivederci
né grossi drammi,
i saluti sono brevi e concisi,
i caratteri messi stretti stretti.

Perché
le lettere ai morti
hanno una trama larga
quasi trasparente,
ci sono un sacco di spazi
dove prendere respiro,
nascondere una lacrima,
spegnere una sigaretta.

*

Bice ha gli occhi grigi.
È minuta e le piace cantare.
Fiorin fiorello
l’amore è bello vicino a te.

Bice e Anita ogni tanto strusciano in piazza.
Bice indossa camice con volant.
I soldati le guardano,
ma Anita è Anita.
Anita ha il fuoco dentro agli occhi.
Bice ha capelli nuovi
castani, lucentissimi.

Bice legge,
porta gattini a casa,
frigge le alici,
arrotola trippa e serve vino.

Bice ha 20 anni e nessun fidanzato.
È bella Bice,
ma c’ha la risacca dentro
e la risacca abbaglia
chi non la sa guardare.

Bice scrive
e quando scrive è come un ricamo
fitto fitto di parole
scrive diari, poesie, preghiere,
piange per un pino caduto.

A fine agosto Monopoli è una brace.
L’afa si addensa
filtra dai muri nei palazzi.
La sera, ghiaccio e anguria nelle ceste,
si va al mare. Ma Bice è a casa.
Chissà a cosa pensa,
se si massaggia le caviglie bianche
se gratta la nuca di Nerone
se legge a bassa voce oppure prega.
Un colpo al portone, secco, uno solo.
Un cacioricotta galeotto
e un breve messaggio.
Bice non lo dice,
ma la sua risacca si fa mare.

*

Ai bordi della città diorama,
Samir beve vino
e ingoia bignè.
Sulla barba ha dodici stelle
di miglio perlato.
Il fumido chiasso della stazione
ti chiama.
Il cieco canta.
Le mosche banchettano
su ciarpame e mani.
Un pugno diretto
un coltello mancino,
cade la sigaretta.
Samir sorride, non capisce,
ha sangue fra le dita.
Solo ricordi
come fiorisce in fretta
una ferita.

*

Trasformati, trasformati
in poesia
rabbia bastarda,
con la stessa potenza
prima che mi consumi,
prima che mi consumi.
Trasformati
ragazzina scalza
prendi ossigeno e brucia,
brucia

*
Troppo grande questo mondo
per le tue mani, bambina,
bastano appena appena per spingere
barchette di giornale.

Un passo, dall’asfalto alla sabbia.
Sorridi in debito di luce,
capelli nuovi di chemio
e il libero arbitrio in una falange.

Monica Messa, Una pistola al Luna Park, RPlibri 2024

Prefazione di Antonio Bux.
Nella nuova raccolta di Monica Messa, intitolata Una pistola al Luna Park, tutto un album di personaggi, paesaggi (sia interiori che esterni) incastona un sentire spesso ondivago, dialogico, dal tono dissacrante ma lieve e scanzonato, alla laicità perduta del paesaggio tipico di un paese del Mezzogiorno, dove il mare si conquista ogni giorno attraverso la fiducia di osservarlo, e dove gli odori di salnitro e spezie si fondono a quelli di polvere e cemento. In questo ruvido paese, dove c’è una stazione “da cui nessuno parte”, vi è l’onirica riluttanza della Messa di sapersi in un non luogo, una sorta di “Safarà” impossibile per molti dei suoi abitanti, inventati o esistenti poco importa, che si fanno qui al contempo luce di un canto urbano così come scorie di ombre di una quiete mai guadagnata. Dunque è il paese con i suoi abitanti il vero protagonista della silloge, il perno di una non storia narrante. Così come la figura genitoriale, uomo di mare che in una scatola ha lasciato messaggi in bottiglia attraverso la poesia, messaggi qui riportati nella sezione apposita in corsivo, è l’alcova dove la Messa pare lasci a decantare tutta una senescenza dello spirito che, nella memoria ma anche e soprattutto nella promessa di un futuro, prova a ridefinire una saga, famigliare e al tempo stesso universale, dove l’anima centrale delle cose si dipana attraverso multiformi direzioni. Forse il segno di una poetica, quella dell’autrice, che cerca nel riverbero emozionale e nell’immagine desueta di non premere il grilletto della pistola nel Luna Park che sembra essere il mondo cantato in questi versi.

Note Bio-bibliografiche
Monica Messa ha esordito nel 2018 con “Poesiole”, una raccolta di poesie su vari temi, scritte nell’arco di trent’anni. Ha poi pubblicato “Seppie Ripiene – Poesie per poche lire” (2018) e “Il Logorio della vita moderna” (2021).
Ha partecipato a diversi Festival. Alcune poesie sono state pubblicate in blog, riviste cartacee e online, in antologie nazionali e internazionali.
È stata nella redazione della rivista di poesia ”La Vallisa” e “La Confraternita Letteraria”. Alcune poesie sono state tradotte in albanese e in spagnolo. Cura, inoltre, un blog e una Pagina Facebook.

(A cura di Silvia Pio)