La macchina da cucire. Geologia del dolore di Daniele Ricci

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Dalla prefazione di Fabrizio Lombardo

[...] La poesia di Ricci vive di richiami a una tradizione importante, non a caso è Leopardi che apre il dialogo con il lettore; è una tradizione che però riesce, per scelta stilistica, per capacità di dettato dell’autore, a non essere mai soverchiante: è sempre un ipotesto che si muove sottotraccia, che guida il lettore. È materiale di scavo, ma ciò che poi arriva in superficie, sulla pagina, è una poesia che riesce ad essere contemporanea e dialogante. Che cerca il lettore e lo obbliga a restare in ascolto, ad aprire finestre spazio temporali dentro ad un racconto che scorre, che Ricci ci propone in un’orditura fatta di testi e sezioni che si richiamano con la volontà di portarci ad attraversare luoghi e storie, esperienze che vuole mettere in comune.[...] In questo libro, già dalla struttura, è evidente la scelta di mettere in relazione privato e pubblico, storia personale e Storia del nostro tempo. “Resterai / per sempre rannicchiato /nella renault quattro rossa / della mia memoria”. Le sei sezioni, aperte e chiuse da una sola poesia singola, camminano – il camminare è un verbo/codice nella poesia di Ricci: “Camminare per ore / su queste strade di periferia”; “Camminare / e non sapere dove andare” – procedendo dentro a un universo fatto di voci familiari, tragedie estreme, figure che si intrecciano alla vita di Ricci e che diventano paradigma di un dolore più universale, nostro. Quel dolore che spesso solo la parola poetica riesce a descrivere e agire. Anche se la scrittura, come ben sanno i poeti, non è capace di descrivere il dolore fino in fondo, non riproduce la devastazione, la tragedia, le guerre (cfr. Boristene), lo sradicamento dell’emigrazione, degli esuli. La scrittura tenta, a volte riesce, come nel libro, a descriverne una trama, un ordito, un tessuto sul quale proiettare immagini e determinare una descrizione in atto “Faremo ancora questo viaggio / durante una tregua / seguiremo intero il cerchio del cielo.” Ma alla fine lascia chi scrive esausto: “a cercare la prima parola / dopo la fine”. [...] La poetica di Ricci, pur rimanendo legata ad una tradizione che dal simbolismo giunge alla scrittura lirica del Novecento per arrivare ai poeti di oggi, riesce a collocare la sua voce all’interno del pulviscolo complesso fatto di relazioni storiche e naturali che il mondo contemporaneo ha generato e che sono fonte dello straniamento di cui questa poesia si nutre [...].

Da La macchina da cucire. Geologia del dolore (puntoacapo Editrice 2025)

Alzarsi nella notte
corrosa da sogni non terminati
la parola inventa la realtà.

Sentire freddo nella pancia,
non nasconde la casa
il nulla delle dita.

La strada era chiusa
la vita non più a pezzi
mentre sto per partire
con le buste della spesa in mano.

La terra del pane
a ovest del futuro
scavando
nel filo del cuore.

*

Non c’è motivo di combattere
sono già stabilite le sorti
le cifre delle armi da impugnare
i requiem e gli schizzi di sangue
sulle pareti della stazione.

L’abisso che m’ingoia
recide ogni gesto
sigilla il fiato dell’oltraggio,
le mutilazioni sono appena cominciate
crolla il palazzo
crivellato di colpi perversi.
Dimentica il viaggio.

*

Avvicìnati e spiegami
che cos’è il tempo.
Niente di umano, credo
l’imballaggio e il naufragio
della mia possessiva parola
la leggerezza che ci abita
una fiaccola nella penosa
veglia della sera
essere brezza della valle
essere senza essere me.

Sfoglio la mia vita
pregando mio padre e mia madre
calchi di creta dentro la palude,
mi rivelano prima di partire
la linea della mano
il cerchio del tempo.

*

Ci tiene nella stanza
la paura dell’estraneità,
giocando a soldatini
crescono nuove malinconie.
L’ombra della fede
incrosta i sensi
s’arrampica sui nervi,
ruote che perdono il controllo
mio figlio sbanda senza scarpe
senza scrupolo morale
lungo la strada statale
la fila di automobili
sotto il vivaio delle stelle.

*

Non è per noi
stasera questo vento
gli occhi negli alberi
votati alla luce della strada
ogni volta il mare
la ghiaia all’alba di chi scrive
con le mani il dolore

perché le mie parole
nel vuoto del calendario
nella pagina scura
incontrano il freddo del cuore

porto sulle spalle
ogni minaccia, ogni paura
all’altezza del silenzio
affiancato dal dubbio
affrancato dal tuo sguardo.

*

Morire di sete
mi accade di udirlo
il mondo
sguardi e braccia che non sento
l’istante è vivo e si apre
al segnale di luce.
Coltelli, canti e voci ingiuste
si confonde il mio amore
con l’acqua dell’autunno
con il colore del mare.

*

Cadono ad uno ad uno
gli eroi di un tempo.
Rimanere là
con il coraggio di perdersi
camminare sull’orlo della vita
l’amicizia nelle mani
tra le ombre dei cartelli.

Con passi affrettati
vasta ci accoglie la sera
per ritrovarci ancora
seduti sul muretto
del nostro arcobaleno

*

Daniele Ricci (1967) insegna al Liceo classico di Fano. Alla fine del 2022 è uscito il libro di versi Lezione di meraviglia, con prefazione di Marco Ferri (Italic Pequod, premiato e segnalato in numerosi premi letterari). Nel 2023 è stata pubblicata dalla casa editrice Dialoghi una silloge di vecchie poesie, scritte tra il 1998 e il 2005, dal titolo Il filo del vento, con nota introduttiva di Andrea Angelucci. Nel 2024 è uscita per Bertoni Editore una nuova edizione riveduta e ampliata di Lontananze, con nota introduttiva di Gianni Iasimone. La macchina da cucire. Geologia del dolore è risultata prima per la cat. “Silloge inedita” al “Premio Switzerland Literary Prize 2023”, è stata segnalata al “Premio Lorenzo Montano 2023” ed è stata finalista al “Premio InediTO – Colline di Torino 2024”.

(A cura di Silvia Rosa)