Verba di Alberto Rizzi

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PAOLO LAMBERTI

Dopo decenni dedicati alla letteratura ed alla parola, Rizzi con questa raccolta decide di intervenire direttamente sul materiale linguistico. Il programma è delineato con chiarezza nell’introduzione: «provo a misurarmi con l’uso più generale del linguaggio, sul suo inevitabile imbastardimento e sulla superiorità di quelli che vengono liquidati come “dialetti” di fronte alle lingue “franche” […] inutile tentativo di raggiungere la totale convergenza di significato e significante».
Vasto programma, avrebbe commentato De Gaulle; la lancia spezzata a favore dei dialetti sembra abbastanza scontata, in una poesia italiana che ormai da un secolo li ha sdoganati quasi a farne il mainstream; invece la convergenza tra significato e significante è il cuore della poesia, purché non sia totale, come ben sapeva Leopardi nella sua nota distinzione tra parola, poetica e indefinita, e termine, preciso ed arido.
Quasi all’inizio la poesia Dichiarazione d’intenti, una delle prime tre, le uniche con titolo, rivela la volontà di diventare finalmente lingua e solo lingua, con parole che si fanno forma, vibrazione di materia, e si oppongono alla neolingua di bruti. La parola appare come ostia consacrata da masticarla ad alta voce, rivolta ad un tu che si mostra amoroso. La natura stessa si fa parola muta, sia essa la linea bianca della neve, la carcassa di animale, il suono di un uccello.
Anzi, i suoni umani, vocali e consonanti vanno cancellate a favore della voce delle serpi in amore; le vocali sono parti molli che se n’evaporano fino ad assentarsi, le consonanti sono dritte costole e vertebre di fossili. Si coglie l’intenzione di dare materialità al suono e al linguaggio, riportato al tocco di un dio dentro a noi. La materialità si coglie nella ricerca di una forma fatta di suoni scanditi, di allitterazioni che prediligono i toni rigidi, di sintassi spezzata, e di spazi di silenzio. Il linguaggio e la vita quindi diventano interscambiabili, la materia a farsi parola e la parola a farsi materia: i verbi quasi autonome creature.

DICHIARAZIONE D’INTENTI

Ci si troverà e ci si perderà messaggi composti dall’irregolarità dei cespugli
delle pietraie mani che si afferrano
alla sicurezza d’un accento come stupidi mitili a uno scoglio e senza concessioni
a una neolingua di bruti
i nostri pensieri mostreranno un disastro di tetti divelti
fra le parole altrui
lastre metallo piegate dal peso della colpa di travi
cadute come deragliate sillabe dal binario di chissàquàle ragione
Lo studio dei suoni
come istanze a un cambio d’orizzonte nella materia che torna a vibrazione per immagine all’udito
che specchia il dettaglio in una forma-parola
noi tutti saremo finalmente lingua e solo lingua

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Un fiume a volte non afferri nulla
non è che tutto passa
scorre è che in realtà
non afferri nulla
solo materia
Ma la sostanza di ciò che emerge
di ciò che affonda che resta
di ciò che passa
è altrove
E da un poco oltre ti guarda
in silenzio
mentre tu opponi il tuo parlare al nulla che ti esiste attorno

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Allora queste parole
(guardale)
che il tocco d’un dio dentro a noi ci fa erigere d’orgoglio
entro un contesto infimo e banale e che poi finiscono dimenticate
sbiadite come segni da uccelli in volo riflessi nei parabrezza d’auto dal fermo sole dell’estate
Ciò che scompare e ciò che rimane le vocali
parti molli che se n’evaporano fino ad assentarsi
in poca e rada traccia
macchia cómedilichène su superficie sbavata le consonanti a rimanere dritte
costole e vertebre di fossili
nella piana gìroorizzónte d’un deserto di suoni
a perenne e parziale memoria
monito
per chi verrà Oppure
parole martellate al fuoco del pensiero a brandelli
nel campo minato ch’esplode d’esistenza
di voci pagina per tutti e per nessuno sulla quale loro sanno e vanno
anche per noi

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Alberto Rizzi, Verba, e-book n. 250 pubblicato nel giugno 2023 sui siti

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