Famiglia nucleare di Adriano Cataldo

famiglia-nucleare

Dalla prefazione di Sonia Caporossi

Questo libro prende le mosse da un’indagine profonda dell’apocalisse culturale e sociale del mondo ultracontemporaneo che ha radici nella modernità e nella cosiddetta post-modernità; un’indagine esposta in forma di poesia e decostruita attraverso alcune tracce meta-analitiche sparse mnesicamente ed evocativamente nel corpo del testo a fare da collante. Tali tracce, che percorrono l’intera prima sezione, sono estrapolazioni dal saggio postumo di Ernesto De Martino intorno alla fine del mondo preposte ad ogni testo poetico; una dissezione mortuaria dell’ethos, etnologicamente intesa come un andamento destinale privo di escatologia e di recupero di un senso sotteso alla modernità che non sia “individuare l’esatto significato dei sintomi, l’estensione del contagio, il condizionamento della malattia, le forze della guarigione” (De Martino 2019, 356). [...] Quando si indaga il nulla, si scopre l’immane potenza della violenza coatta, della prevaricazione e dell’attrazione incoercibile alla propria fine: ancora con De Martino, si potrebbe dire che “il momento dell’abbandonarsi senza compenso al vissuto del finire costituisce innegabilmente una disposizione elettiva della nostra epoca” (De Martino 2019, 355). Ma che cosa finisce in questa stessa fine del mondo, a ben vedere?  Adriano Cataldo tenta di fornire una risposta poetica a questa domanda operando una dissezione puntuale della fine delle istanze totemiche della società neomoderna partendo dalla consapevolezza del fatto che “la perdita della «normalità» del mondo è il perdersi della sua storicità” e che quanto di più vicino alla percezione della fine di ogni certezza e di ogni aspirazione veritativa non fa che abbandonarci alla deriva dell’esserci. L’emergenza impressionante degli antagonismi sociali e dell’odio tra fazioni, tra religioni, tra nazioni e tra culture non è che un sintomo di tale deriva, così come la presa di coscienza degli inevitabili gradi di separazione tra natura e cultura, tra sfera privata e dimensione pubblica, tra humanitas in senso originario e techne. Adriano Cataldo, in questa sorta di concept album, tocca molti tasti del problema socioidentitario e descrive, alla sua maniera, la crisi del cosmos ultracontemporaneo: una crisi talmente scoperta da non risultare più visibile se non ai raggi X della cosiddetta poesia “civile”, la quale immortala l’esoscheletro di un reale fratturato in più punti nevralgici, come solo la poesia sa fare. Una crisi non rappresentabile, bensì solo tematizzabile, in quanto la normalità, banalmente, si è già da tempo immemore inscatolata nella matrioska delle convenzioni e dell’apatia che schermano l’individuo di fronte all’umana pietas, ciò che rende il dire poetico l’unico mezzo espressivo adatto a renderne compiutamente la volatilizzazione e la catarsi.

da Famiglia nucleare (Delta 3 Edizioni 2021)

Due: il confine

L’identità è la nostalgia dell’identico, il tornare
nell’indistinto delle origini, il resistere alla
proliferazione del divenire storico, l’istinto di
morte, lo scomparire nella situazione in luogo di
trascenderla, l’annientarsi dell’esserci nel mondo.

1.
Lo smerigliare pallido, assorte idee di progresso,
come delle merci l’uso, il valore e il possesso.
Come albanesi e meridionali, oggi onesti
[italiani.
Di ogni passaggio resta il levigato collo
[di bottiglia, il finito-non finito,
l’incartocciarsi di una faglia.
Così cambiano il fiume e il mare.
Intatta l’attesa del nemico che annega.

2.
Sul tavolo l’agenda
il fine settimana:
in pagina due giorni.
Gli angoli dei giorni
risvolti del da farsi
assente del presente.
E tenue nel presente
qualcosa ognuno tira
a sé per dire noi.
L’applauso che succede
bare, portate in spalla.

*

L’identità è la nostalgia dell’identico, il tornare
nell’indistinto delle origini, il resistere alla
proliferazione del divenire storico, l’istinto di
morte, lo scomparire nella situazione in luogo di
trascenderla, l’annientarsi dell’esserci nel mondo.

5.
Aumentan le domande
aggregate, d’estranei,
un’allusione ad altro
che faccia cittadini.
Sterminate, le vecchie
parole non bastano:
un cristo a ogni buca,
eroi da far valere
le carceri che siamo,
le guerre che vogliamo.
Insieme, sussidiari
di quanto il dire tardi,
di quella recessione
raggiunta a gran falcate.

*

Giorgia

Spezzo questo pane che ci fa più italiani
È questo il vostro posto sopra queste mani
Voi siete i nostri figli, fatevi sfamare
Non è questo un sussidio ma l’inno nazionale
Dio famiglia patria spaghetti mandolino
Se avanzano seguitemi se no perseguitate
Quelli che vi rubano famiglia patria dio
Prima gli italiani prima ciò ch’è mio.
La volta è quella giusta e noi siamo celesti
Il resto è pensier unico, è l’unico pensiero
di chi odiando unisce e se ne va sicuro,
e l’ombra sua non cura che
Omosessuale 1 omosessuale 2
Il Negro numero 1 e quello con il 2
E tutto va rinchiuso, offerto in sacrificio
La nostra patria è questo, un fuoco fatuo
[d’artificio.
Mi chiamo madre italiana cristiana
Andate pure in pace.

Adriano Cataldo, cilentano, è nato a nel 1985 in un paese che non esiste più: la Germania Ovest. Dal 2008 è attivo nella Grande Distribuzione di parole, attraverso pubblicazioni di testi su blog, riviste e collettanee di poesia contemporanea, tra cui Soglie di Transito (Digressioni 2019). Ha pubblicato due raccolte di poesie (Liste Bloccate, 2018; Famiglia nucleare, 2021) e due plaquette autoprodotte (Amore, morte e altre cose compostabili, 2019; Come poter dire alla fine, 2020). Dal 2015 organizza reading ed eventi di poesia in Trentino e Campania. È tra gli ideatori di Poè Trento, il Festival delle Parole. Ha fondato il movimento Breveintonso e il progetto di poesia e musica Electro Montale. Dal 2017 è membro del CdA dell’Università popolare del Cilento. Cura la rubrica “Il pubblico della poesia” su Sanbaradio.

(A cura di Silvia Rosa)