Dino Campana e la chimera della poesia

cantiorfici

GABRIELLA MONGARDI.

L’editrice savonese Matisklo, specializzata in e-book, ci offre questa volta l’edizione eBook dei Canti Orfici, il libro unico di Dino Campana (1885-1932), un autore difficile da inquadrare, sempre in bilico tra genio e follia. Non è però una versione qualsiasi: si tratta della ristampa anastatica della copia personale di Mario Novaro annotata da Novaro stesso, da lui richiesta a Campana nel 1916 e attualmente conservata presso la biblioteca della Fondazione “Mario Novaro” di Genova. Questa rappresenta l’ultima copia ‘integra’ della prima edizione del 1914, stampata presso la tipografia Ravagli di Marradi (Firenze) e diventata ben presto oggetto di culto, oltre che per la sua modernità, anche per le leggendarie modalità della sua diffusione, operata dallo stesso autore per le strade e i caffè di Firenze, Genova, Torino…, con una vendita ‘porta a porta’ senza eguali nella storia della letteratura recente.

Curata da Fabio Barricalla e Andrea Lanzola, l’edizione anastatica è arricchita da una vasta sezione di apparati: il testo critico a cura di Fabio Barricalla, un “apocrifo” campaniano del poeta genovese Marco Ercolani e una breve nota di Veronica Pesce, oltre al ‘Plauso’ di Giovanni Boine apparso sulle pagine di “La Riviera Ligure” nel 1915.

Ci troviamo di fronte a un travaso, a un trasferimento da un supporto a un altro, dalla carta al digitale: esattamente com’è avvenuto quando si è passati dal rotolo al codice, 1500 anni fa, o dai manoscritti alla stampa, 500 anni fa – e solo ciò che è stato trasferito (cioè ricopiato – oggi: scannerizzato) è sopravvissuto, ha continuato a essere letto…

In questo caso l’iniziativa della Matisklo mette a disposizione dello studioso o del semplice appassionato, per un prezzo contenutissimo, un’edizione altrimenti praticamente impossibile da consultare, essendo l’ultima rimasta. Questo ebook costituisce la seconda uscita della collana “Infiniti”, dedicata ai classici poco conosciuti della letteratura italiana – la prima è stata l’edizione critica de “Il peccato ed altre cose” di Giovanni Boine.

Che una casa editrice savonese si dedichi ai “classici poco conosciuti” non deve stupire, stante che tra gli autori liguri i “classici poco conosciuti” sono molti, forse per la marginalità geografica della regione: per limitarci al secolo scorso, si va da Boine a Novaro a Sbarbaro, da Barile a Caproni. Ben venga quindi la preziosa opera di riscoperta attuata da Francesco Vico e dai suoi. E ben venga il formato ebook!

http://www.matiskloedizioni.com/anteprime/canti-orfici-anteprima.pdf

Dai Notturni (seconda sezione dei Canti orfici)

La Chimera

Non so se tra roccie il tuo pallido
Viso m’apparve, o sorriso
Di lontananze ignote
Fosti, la china eburnea
Fronte fulgente o giovine
Suora de la Gioconda:
O delle primavere
Spente, per i tuoi mitici pallori
O Regina O Regina adolescente:
Ma per il tuo ignoto poema
Di voluttà e di dolore
Musica fanciulla esangue,
Segnato di linea di sangue
Nel cerchio delle labbra sinuose
Regina de la melodia:
Ma per il vergine capo
Reclino, io poeta notturno
Vegliai le stelle vivide nei pelaghi del cielo,
Io per il tuo dolce mistero
Io per il tuo divenir taciturno.
Non so se la fiamma pallida
Fu dei capelli il vivente
Segno del suo pallore,
Non so se fu un dolce vapore,
Dolce sul mio dolore,
Sorriso di un volto notturno:
Guardo le bianche rocce le mute fonti dei venti
E l’immobilità dei firmamenti
E i gonfii rivi che vanno piangenti
E l’ombre del lavoro umano curve là sui poggi algenti
E ancora per teneri cieli lontane chiare ombre correnti
E ancora ti chiamo ti chiamo Chimera.

Il decadentismo, con la rivalutazione della dimensione onirica e simbolica della realtà, con la dissoluzione della semanticità della parola verso la “coscienza musicale dell’interiorità”, ha fornito l’humus da cui è germogliata la poesia di Campana, in particolare questa poesia. La lirica non è suddivisa in strofe, ma consta di due lunghi periodi paratattici, quasi due movimenti musicali, introdotti entrambi da un “Non so” che esprime il nuovo ruolo dell’io, quello di una coscienza debole che registra messaggi provenienti da altrove. Ed è dall’altrove per eccellenza, l’inconscio, che emerge la figura femminile enigmatica, evanescente della Chimera, che dà il titolo e suggella il testo. Il poeta che veglia nella notte rielabora il mito della Chimera – e della donna – attribuendole le sembianze di figure femminili leonardesche come la Gioconda, ma ancor più dissolvendo la sintassi in una serie di ripetizioni e riprese lessicali e foniche, ravvicinate o a distanza, che conferiscono al testo una musicalità ipnotica. Così il mostro mitologico cede il posto al suo significato antonomastico, diventa l’immagine del sogno, del desiderio che si proietta verso un oggetto irraggiungibile – forse la donna, ma più ancora la Poesia, l’Arte come contatto profondo con le radici autentiche dell’Essere.