Due libretti di Gabriele Gallo

copertine Gallo x Casarino

STEFANO CASARINO.

L’anno che si è appena concluso, il 2016, ha visto l’uscita di due interessanti libretti, scritti da Gabriele Gallo, che hanno per tema la nostra Provincia e la montagna, o – meglio – la condizione attuale in cui versa la montagna piemontese delle nostre parti: si tratta di L’altra montagna (20090 editore, Milano) Ritratti di una provincia (Edizioni Leucotea, Sanremo).

I due opuscoli si leggono con piacere e sono particolarmente interessanti, almeno a giudizio di chi scrive, perché hanno poco o nulla di “turistico”. L’obiettivo dell’autore è, infatti, non quello di far venire voglia di partire alla scoperta di luoghi naturalmente affascinanti, ma di far riflettere su come tali luoghi se la stiano passando ora, tra l’incuria, il disinteresse, o – peggio – col malgoverno di coloro che alla loro gestione sono preposti.

La montagna è intesa dai più come luogo di villeggiatura, come soggiorno rilassante e ritemprante di qualche giorno di vacanza: ci si dimentica quasi sempre che in montagna  (e di montagna) c’è gente che vive tutto l’anno, che trascorre là la sua quotidianità. Ed è gente che “resiste”, come già ci segnala Gallo con il sottotitolo del primo libretto (Quando l’incontro con chi resiste ti cambia la vita), in un ambiente non antropizzato che l’autore ha imparato ad amare sin dall’infanzia.
Coloro che egli intervista sono, appunto, gente di montagna: che lo rimproverano, ci rimproverano di non conoscere le dinamiche di vita quotidiana di queste terre, di nutrire dei vieti pregiudizi.
Quello, ad esempio, che il montanaro sia uno zoticone privo di cultura e di educazione. Basta questo brano per spazzare via questo preconcetto: Sa cosa mi ha sempre infastidito di più? Il fatto che i pastori vengano considerati uomini e donne senza scrupoli, senza sentimenti, ignoranti, insensibili, spesso chiusi e ottusi. E basterebbe la storia a smentire tutto questo: i pastori transumanti di Roaschia, per esempio, conoscevano il dialetto cuneese, langarolo, astigiano, piacentino, lombardo. Erano allevatori, produttori, commercianti. Per anni hanno viaggiato per il Nord Italia e la Francia, incontrando gente e popoli diversi, dimostrando un’apertura e un’elasticità mentale che forse pochi al giorno d’oggi avrebbero. Ed erano pastori, come noi.
Più avanti leggiamo (e ci sdegniamo!): La verità è che siamo geograficamente ai margini, con infrastrutture fatiscenti e servizi pubblici carenti. Il cellulare prende a intervalli irregolari, Internet ce l’avevamo fino a poco tempo fa, poi la Regione ha deciso di staccarcelo da un giorno all’altro senza dirci nulla.
Montagna e modernità, connubio molto difficile, soprattutto perché latitano coloro che dovrebbero agevolarlo, renderlo possibile. Il disinteresse culturale e politico è più volte stigmatizzato nel testo, per esempio laddove si afferma con giusta polemica che spesso si creano “parchi del territorio” col vero intento, però, di farne dei “parcheggi politici”, per conferire una carica di qualche prestigio a politici ormai giubilati. Più un libro sulla gente della montagna, quindi, che sulla montagna in senso stretto.

Anche il secondo libretto ha un sottotitolo: Girovagando tra le terre di Cuneo. Di questa provincia, giustamente Gallo mette in evidenza la fortunata posizione: Una terra agrodolce, apparentemente immobile, immutata nei confini dal 1860, ad eccezione dell’appendice di Tenda oggi francese. Una terra di frontiera tra mare e montagna, tra Piemonte e Liguria, tra Italia e Francia.
Qui la montagna è un po’ meno protagonista, perché la Granda è fatta anche di zone pianeggiante e collinari, di città e di paesi: è però evidente anche qui che è sempre a lei che l’occhio dell’autore si posa con maggior riguardo ed interesse.
Può bastare a dimostrarlo il risalto dato ad Elva, straordinaria roccaforte della civiltà montana: cento anime sospese a quasi 1700m di quota.
Di questo centro affascinano Gallo soprattutto gli affreschi della Parrocchiale, opera raffinata del fiammingo Hans Clemer al servizio del Marchesato di Saluzzo nel XV secolo e il Museo dei Cavié, i cosiddetti “raccoglitori di capelli” che proprio ad Elva tra l’Ottocento e la prima parte del Novecento si specializzarono nella realizzazione di parrucche. Un mestiere particolare che odora ancora oggi di mobilità e di intraprendenza, con montanari apparentemente ignoranti, capaci tuttavia di rapportarsi con la nobiltà italiana, francese e inglese. Un’elasticità nei commerci e negli affari che nella difficile Valle Maira trovò sfogo anche negli acciugai locali, divenuti non a caso celebri in tutto il Nord Italia.
Ancora una volta, quindi, montanari ben diversi dal tradizionale cliché, che hanno tutta la simpatia dell’autore.
Gallo conclude la sua scorribanda per la provincia riservando le osservazioni finali – che consiglio di leggere con attenzione – alla nostra Mondovì: Si percepisce subito come Mondovì non faccia davvero parte di un’unica entità, prefigurandosi al contrario come una miscellanea di cantoni ufficiosamente indipendenti per tradizioni, feste e frequentazioni.[…]Una tavolozza policromatica che avrebbe le capacità di creare tinte e ombreggiature uniche e difficilmente ripetibili altrove, ma che da decenni non trova il giusto pittore in grado di giocare con i singoli ingredienti. L’ennesima località della provincia indecisa sul proprio futuro, insomma, forse perché fin troppe sarebbero le risorse verso cui puntare, a partire proprio dalla posizione logistica occupata, sospesa tra pianura, montagna e collina, con i respiri del mare che si intuiscono dietro le Alpi Liguri.
Dopo tanta montagna, finalmente anche un po’ di mare e di salubre aria marittima!
Aldilà della battuta, però, le parole appena citate hanno (dovrebbero avere!) una risonanza particolare in quest’anno appena iniziato, in cui si terranno le elezioni amministrative per la nostra città, ancora in cerca del “giusto pittore” di cui scrive con acume il nostro Gabriele Gallo.

[QUI una pagina di L’altra montagna. Margutte aveva già recensito questi due libri QUI e QUI]