Quello che vedo di Valeria Rossella

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Dalla descrizione della casa editrice

Delle cose che il poeta vede e che hanno pari grado di esistenza ma si manifestano diversamente: è ciò di cui parla questo libro di poesia perché è la ragione della poesia stessa. Le visibili passano per i sensi, le invisibili amplificano la realtà, tanto che «la realtà cambia di grado e sale / rapidamente una febbre nelle immagini». È allora una giostra struggente come la vita che, nel suo inarrestabile moto perpetuo, ci restituisce un eterno presente, dove schizzo dal vero e visione convivono: «Vengono a trovarmi gli amici, ma da giovani, / emergono dal permafrost degli anni, / sgranati nel temporaneo disgelo», nella certezza che «il vecchio dio cieco ci vede come ombre» e che, infine, «il grido / che annuncia l’alba pare di un uccello / invece è il tempo che piange ininterrotto».

Da Quello che vedo (Interlinea Edizioni 2021)

Aubade

Il passo sciancato del vento tra le foglie
è simile a quello del mio amore è simile
alla morta farandola che i gusci degli insetti
danzano con le immagini dei ragazzi col piercing e l’aritmia cardiaca
negli specchi dei bar che chiudono alle quattro del mattino
quando tramontano gli occhi imperturbati della notte
gelidi sfaccettati occhi di mosca.
È ottobre:
il vecchio dio cieco ci vede come ombre.
Qualcuno smonta il turno con le ambulanze e i camion
della nettezza urbana, e il grido
che annuncia l’alba pare di un uccello
invece è il tempo che piange ininterrotto

*

Le piccole stazioni hanno due binari
arrivi o partenze chi può dirlo, il tempo,
il vecchio angelo seduto
su una pietra a Staglieno, il tempo
non sta su un piano cartesiano
Per questo ora mi dici, qui, nel tuo cappotto fuori taglia,
nella sala d’aspetto della stazione di Verbania, mentre
due ragazzi sonnecchiano, la testa sullo zaino,
Temevo il freddo ma fu il calore a togliermi la vita
qui me lo dici ma senza partire né arrivare, solo
scorrendo fuori dallo spazio, oltre quest’erba fra i binari
diafana, le nubi spinte dal lago verso
le cave di marmo palissandro, scorrendo

solo nel tempo come fa la musica

*

Kintsugi

Non posso mettermi a ragionare sulla vita
i filosofi portano verità cariate nella bocca
alitando ontologici affanni
non posso, ora che attraversando i rovi
delle sue terre inospitali e caotiche e butterato dal buio
viene a carezzarmi le spalle infreddolite
uno dei miei fidanzati, quello
con gli occhi strabici e cangianti e
Starò con te finché potrò
ripete, riempiendo le ferite come una resina
taumaturgica le crepe di un lebète
o di una tazza
e perché allora le nuvole che vanno a est
mi passano tra le spalle con il suo dolore
e il vento tribola come un monito testamentario
tra le foglie e gli esoscheletri delle cimici delle piante
e l’arte delle cicatrici non consola

*

Non si ritorna mai, non si ritorna.
Ciò che è lasciato è lasciato, il libro aperto
a pagina cinquanta, i due duellanti,
le tazze vuote sul tavolo e lenzuola
disobbedienti e tristi.
Non si ritorna mai, percorri
i viali trasformati in illusori
gioielli d’ambra, oreficeria autunnale,
nel trench sgualcito da una notte ventosa
e mai pacificata,
apri la porta di casa e come sempre
non è già più quella la tua casa.

*

Prendiamo un caffè? sento la tua voce
arrivare rugginosa di salsedine
in un bar a Camogli, e sono
di nuovo nel gennaio del novantasei.
Un vento cattivo scalcia un mucchietto d’immondizia
nel vicolo del porto, mentre le triglie danzano
nel magazzino del pesce il loro spettrale minuetto
e si fa beffe di me il primo lampo,
quello che ammonisce.
Forza, coraggio, su, tutto finisce
pioverà presto, sui gatti e sulle apparizioni
e non sarà più possibile distinguere acqua da acqua.
Metterò in tasca una pietruzza
raccolta sulla spiaggia, e la porterò sulla tua lapide,
o immagine graffiata di raucedine.

*

Valeria Rossella è nata nel 1953 a Torino, dove è tornata a vivere dopo un lungo soggiorno romano. Tra le sue raccolte di poesie L’anima del violino (Galleria Pegaso Editrice, Forte dei Marmi 1996), Il luminaio (Crocetti, Milano 2003), La città di Kitež (Aragno, Torino 2012). è anche traduttrice dal polacco: ha curato tra l’altro la versione di un’ampia scelta dell’epistolario chopiniano (Il Quadrante, Torino 1986) e, di Czesław Miłosz, premio Nobel 1980, un’antologia di poesie (La fodera del mondo, Fondazione Piazzolla, Roma 1996) e il Trattato poetico (Adelphi, Milano 2011).

(A cura di Silvia Rosa)