Non è vero che le cose raccontano la vita. Laura Corraducci

Davide Coltro, Icona digitale tramessa a quadro elettronico serie Continuos Still Life, Anno 2013 Courtesy Gagliardi Art System - Torino

Davide Coltro, Icona digitale tramessa a quadro elettronico serie Continuos Still Life, Anno 2013
Courtesy Gagliardi Art System – Torino

(SILVIA PIO, a cura di)
Laura Corraducci è nata a Pesaro nel 1974 dove risiede, è insegnante di inglese. Nel 2007 ha pubblicato la sua prima raccolta di poesie con le Edizioni Del Leone dal titolo Lux Renova. Nel 2011 si è classificata seconda al concorso “Pubblica con noi”, Fara editore. Ha realizzato il reading poetico “Bicchieri Di-Versi”, edizione 2011 e 2012. Nell’estate 2012, con il patrocinio dell’Assessorato alla Cultura della sua città, ha organizzato la rassegna “vaghe stelle dell’Orsa”. Nel 2012 ha vinto il concorso “La donna si racconta”, sezione poesia.
Recentemente suoi testi sono stati tradotti in lingua spagnola.
Margutte pubblica quattro poesie, di cui le ultime due fanno parte di una raccolta scritta per i carcerati.

non è vero che le cose raccontano
la vita sono in piedi da ore ad osservare
le onde dei capelli sulla spazzola
le scarpe spaiate sotto il letto
da loro aspetto almeno una parola
il rumore che facevi tu quando li usavi
il mare svuotato dentro i passi
non parla nemmeno la chitarra
la penna si è chiusa nel suo tappo
discreta tace ora anche la giacca
custodiscono fedeli la partenza
che fatta aria mi cammina sulla faccia
riposa sulla bocca pochi istanti
disegnandomi di te solo il ricordo
***
a W. Whitman
la pietra oggi racconta un’altra storia
del Capitano nei suoi viaggi di profeta
degli oceani prosciugati
dalla sete del suo sogno
del firmamento cucito
ogni notte sulle tempie
il poeta di un’America infinita
che giocava a sentirsi abbandonata
nei suoi versi di spirito e ossessione
non ricorda adesso la sua prostituzione
l’asta degli schiavi sempre aperta
come una meretrice al centro della sala
dove penzola brillante la plastica dai corpi
con la voce delle Muse di Manhattan
tagli ancora lo zio Walt questa sua terra
seccata come tante foglie d’erba sull’asfalto

Davide Coltro Icona digitale tramessa a quadro elettronico serie Medium Color Landscapes, Anno 2010 Courtesy Gagliardi Art System - Torino

Davide Coltro, Icona digitale tramessa a quadro elettronico serie Medium Color Landscapes, Anno 2010
Courtesy Gagliardi Art System – Torino

ho barattato il mio rasoio stamattina
per quella foto di donna sul giornale
che non sei tu nemmeno nel pensiero
le pieghe del foglio accarezzo con le mani
e d’improvviso sento la tua carne farsi fra le dita
questo vuoto lo bagno con la bocca ci incollo
tutti i pezzi di luce finiti sotto il letto
intatto è ancora il sesso nei ricordi
mentre la voce scolora fra le sbarre
sono ladro e nel sangue nuota la rapina
allora rubo aria e rabbia alla finestra
tu chiudi gli occhi amore insieme ai miei
il fuoco dei lombi stanotte è per la luna
***
a Said morto suicida il 17 ottobre 2013 nel carcere di Pesaro
adesso posso solo sfiorarlo col respiro
quel nome che non è più corpo
la bocca che non è più suono
arrampicato nudo al tuo silenzio
sei partito a cercare un’altra cima
era già notte e tu sfiorivi nel mattino
non raccontare il giro esatto del dolore
non dirlo a chi si vende con gioia le tue carni
ti resti la poesia come stigma sulla pelle
perché di te nulla mai vada perduto

(Le foto sono di Davide Coltro, artista milanese http://www.davidecoltro.com/works/)

Intervista

Ritratto

Quando e come ti sei avvicinata alla poesia?
Ho iniziato a scrivere verso gli ultimi anni del liceo, come molti adolescenti di ieri e di oggi,fissavo pensieri e emozioni, la poesia mi sembrò da subito la forma più congeniale, non più facile, ma più naturale. Con il passare del tempo lo scrivere diventò inevitabile, riempivo quadernetti di appunti, osservazioni, frasi di autori eccetera, cominciando a capire che nelle parole degli altri, in fondo, c’era qualcosa di mio che andavo cercando. Allora scrivevo tanto, soprattutto negli anni universitari, oggi sono molto più parca, diciamo così, ma penso sia legato all’età e all’emotività particolarmente urgente che si vive nella prima giovinezza.
Verso i trent’anni, dopo la presentazione di un libro di poesia di un’autrice pesarese, Mariarita Stefanini, a cui assistetti in una splendida serata di fine giugno, presi la decisione di “uscire dal guscio”, l’eleganza e la leggerezza delle immagini che evocava con i suoi versi mi colpirono molto, tornai cambiata, un po’ come accade alla fine di un incontro che nasce in modo casuale ma, invece, finisce col divenire un momento importante, speciale.
Quell’estate presi a riguardare i testi scritti fino allora, ci lavorai sopra, ne scartai oltre la metà, iniziando poi a spedire le poesia ad autori e poeti vari.
Di lì è iniziato un po’ il tutto. Dopo nove anni devo dire che guardo al mondo della poesia con occhio sempre coinvolto ma più disincantato, credo si sia perduto il sentimentalismo dei primi periodi, ma questo è stato soprattutto un bene.

Quali sono le attività poetiche, le collaborazioni (riviste, collettivi, ecc) e le pubblicazioni?
Con la collaborazione di altre autrici ho ideato nella mia città il reading poetico Bicchieri Di-Versi, nel 2010 e nel 2011. Nell’estate 2012 ho realizzato l’evento poetico “vaghe stelle dell’orsa” con il patrocinio dell’assessorato alla cultura del comune di Pesaro. Nel 2013 “ Voci nel Parco”, evento di musica e poesia per l’Ente Parco San Bartolo di Pesaro. Con la collaborazione del pittore Giuseppe Polverari, la mostra poetica “Parole come Pietre” .
Miei testi editi e inediti, sono apparsi su varie riviste e antologie, fra cui le Voci Della Luna e l’antologia “Cuore di preda” edizione CFR , dedicata alla tematica della violenza sulle donne.
Lo scorso anno miei testi sono stati tradotti in lingua spagnola (fra cui le prime due poesie che appaiono su Margutte) per la rivista culturale (web) Omnibus.

Cos’è la poesia per te?
Questa è la domanda delle domande, la poesia per me.
Mah, è difficile, per non dire altamente improbabile, rispondere senza cadere in ovvietà banali, potrei trovare supporto in frasi di autori importanti ma eviterò di farlo.
Io scrivo per provare ad ascoltare meglio, per affinare i miei cinque sensi, scheggiare l’indifferenza che mi separa da me stessa e dagli altri, e con indifferenza intendo, soprattutto, un tranquillo accomodamento, scrivo per rompere e trovare la pace, perché mi interessano le persone e i legami che, volenti o nolenti, ci uniscono.
La poesia credo sia un esercizio di incisione e di svuotamento, dalle voci intorno, da se stessi in particolar modo, sono assolutamente convinta che chi scrive e prova a farlo in un modo serio, abbia prima di tutto la responsabilità e il dovere dell’ascolto, non posso comunicare nulla se prima non sono in grado di mettermi in silenzio e ascoltare.
E’ un lavoro di umiltà, esigente, arduo ma imprescindibile e appagante.
I grandi poeti non sono state persone che si sono isolate dalla comunità degli uomini, ci si sono immersi per sentirne e condividerne tutto il fango e la bellezza, pagando a volte prezzi molto alti ma, d’altronde, questo è spesso un viatico inevitabile se si vuole raggiungere un determinato obiettivo.
La poesia ha sempre avuto vita non facile e questo non è un caso, particolarmente oggi dove ogni minuto libero lo occupiamo per riempirci di suoni e rumori e il consumo di mezzi tecnologici, specialmente fra i giovani, è altissimo.
Credo che i poeti ci piacciano e, al contempo, possano addirittura infastidirci, nella misura in cui li sentiamo avvicinarci alla nostra verità più profonda. Istintivamente comprendiamo, infatti, che non vengono semplicemente a “darci qualcosa” con i loro versi, ma a chiedercela, e questo è difficile, doloroso direi, ma porta, se ci si lascia guidare, ad una realtà unica, perché la poesia, quando è vera, è in grado di riconsegnarci a noi stessi senza trucchi, in modo autentico, come solo l’arte e la bellezza riescono a fare.