La luna e i falò di Sergio Berardo

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GABRIELLA MONGARDI

Ci sono la luna e ci sono i falò, ci sono Pavese e Borges, l’Occitania e il mare, il passato e il presente – c’è tutto un mondo di passioni e di “affetti” in quest’ultimo CD dei Lou DalfinLa meison, presentato durante il concerto di domenica 29 ottobre scorso a Saluzzo, a conclusione della grande festa occitana dell’Uvernada. Ma soprattutto c’è la profonda, magica poesia dei testi di Sergio Berardo, resa ancor più magica dalla sua musica struggente e ruggente, che non sopporta la gabbia dei generi né l’antitesi di tradizione e innovazione, e reinventa il genere antichissimo della “canzone a ballo”, la ballata medievale, facendone veicolo di contenuti modernissimi…

Così, le tracce di questo CD possono essere sì semplicemente ballate come è avvenuto a Saluzzo – si alternano infatti bourrée e scottish, corrente e mazurke, circoli circassi e altre danze tradizionali dal ritmo ora energico e perentorio, ora delicato e sommesso; ma possono (devono) anche essere ascoltate, tenendo sott’occhio il libretto con i testi in occitano e la traduzione in italiano, per assaporare il suono delle parole, l’atmosfera che evocano, i temi che s’intrecciano da un brano all’altro: la satira politica e sociale (ManhinLuminaire), la rievocazione storica (L’ostal de Bart), la nostalgia, l’autoironia (Nostra marLa meison), la festa, l’amicizia (Veç ner,  Barba Laurenç), la natura (Lo sileci di bolets) e in primo luogo la musica e la poesia stesse.
La poesia è una “grazia” che rende più vivibile la vita (Aglas), la musica è suonare insieme, cantare, ballare, è musica che supera i confini e avvicina i lontani (Bòna Sant Joan), ma è anche musica dell’anima, intima e segreta, che unisce l’uomo alla natura (Arma); la musica è umiltà e fierezza (Hoc unum sono), perché il suonatore sa di sapere poco, quasi niente, ma sa suonare – e sa di portare “il sole sui marciapiedi”.  Ma alla musica il musicista-poeta Sergio Berardo assegna un compito ancora più alto: essere la bottiglia in cui infilare i suoi messaggi, perché le parole grazie alla melodia raggiungano il cuore di chi sente la canzone, anche se il compositore non sa “dove andrà a finire”, quale degli infiniti mari navigherà…
Da una di queste “bottiglie”, la musica di Aglàs dal ritmo incalzante e dalla tonalità “aperta”, vorrei estrarre il foglietto che contiene e trascriverne qui la conclusione: «Ma lasciaci l’avorio della luna / e un cielo di stelle per le nostre feste; / pane e formaggio, la grazia di una poesia / e il coraggio per i nostri destini». Ogni parola fa scintille, in un caleidoscopio di rime e immagini che esaltano la bellezza della natura e le gioie essenziali della vita senza però dimenticarne la durezza, a cui l’uomo può opporre solo il coraggio e, appunto, la musica.

Il CD è suggellato, com’è tradizione per i Lou Dalfin, da Se chanta, il canto d’amore e di lontananza che chiude tutti i loro concerti: composto da un trovatore medievale, semplice e raffinato allo stesso tempo, ha scavalcato i secoli per diventare l’inno dell’Occitania d’oggi.
Se chanta, come gli altri brani del CD, è interpretato da Sergio Berardo, Dino Tron, Riccardo Serra, Carlo Revello, Enrico Gosmar, Mario Poletti, Enrica Bruna dei Lou Dalfin; hanno collaborato anche, con la voce o con gli strumenti,  Daniele Giordano, Dario Avena, Elia “Rouge” Zortea, Cristina Saltetto, Luca Poetto, Madaski, Chiara Cesano, Emma Rouault.