Sulla porta del cielo

Metafora e sogno nella poesia di Else Lasker-Schüler.

sulla porta del cielo

GIULIANA BAGNASCO.

L’opera di Else Lasker–Schüler  (Elberfeld, Westfalia,1869 – Gerusalemme,1945) è metafora poetica della sua movimentata biografia, un volo acrobatico tra sogno e realtà, un’avventura della fantasia che rende l’invisibile visibile e pertanto reale.
[…]
La peculiarità della sua lirica risiede nel suo attaccamento alla patria tedesca che si distingue in lei per la precoce consapevolezza della sua “estraneità” come ebrea e come poetessa nei confronti della società contemporanea non vissuta come emarginazione ma premessa per la realizzazione di un mandato poetico: conciliare le differenze nel rispetto dell’alterità. Il dilemma dell’appartenenza si placa  in una narrazione dai toni smorzati, fiabeschi, testimonianza di una acquisita, serena coscienza ebraica, anche nella tragicità degli eventi e dell’antisemitismo incombente.  Con un’ardita struttura mitico-fantastica del suo mondo poetico, la poetessa sa cogliere la vita segreta delle cose al di là di ogni funzionalità, armonizzare elementi apparentemente inconciliabili, trasfondere in versi l’anelito ad una umanità intesa come famiglia, un mondo di pura fratellanza: messaggera di una confortante, sia pur utopica ambasciata.
[…]
Il dualismo percorre tutta la sua poesia nelle opposizioni occidente-oriente, Germania-Terra degli Ebrei, uomo-donna, vita-morte; pur se i dissidi paiono irriducibili, la poetessa tende ostinatamente alla composizione, al “contatto a qualsiasi costo”, nella scrittura come nella vita. Per fugare le tenebre del cuore invoca la luce degli astri, emblemi della quiete auspicata, “Vogliamo conciliarci la notte, tanto trabocca Dio  / …vogliamo conciliarci la notte, se ci abbracciamo non moriamo / cadrà una grande stella nel mio grembo”.
A governare l’agire creativo di questo io-lirico sono spesso gli spasmi dolorosi riproposti dalla memoria biblica. “Dio non gradisce gli occhi di Caino / è un giardino d’oro il viso di Abele / usignoli i suoi occhi…Dov’è Caino, lo voglio assalire: hai ucciso i dolci uccelli / nel viso di tuo fratello?!!”.
E sempre nel segno di una vagheggiata riconciliazione canta gli accoppiamenti ancora di stampo biblico tra il Faraone e Giuseppe, David e Gionata (“O Gionata, la lacrima regale / prendila tu: / tenera e ricca splende come sposa…”) […]
Introietta dunque il Giuseppe biblico, perseguitato dagli uomini e prediletto da Dio come il poeta: Giuseppe, il giovinetto estatico che spirava dalla sua chioma la pietà paterna…”venduto lo portarono nella casa sul Nilo /… pendevano in un fascio dal suo sogno / i covoni delle interpretazioni…”)
[…]
Ma il poeta è consapevole di essere un’anima eletta, scelta da Dio, non unicamente per annunciare il Verbo quanto piuttosto per trasformarsi, plasmando con la sua arte immortale, pura energia creatrice, un nuovo organismo vivente.
“Cosa ne sanno gli infelici che non hanno mai visto sorgere l’azzurro all’orizzonte del loro cuore?… il cielo in essi non trova più luce. Non si può andare in cielo se non lo si ha dentro di sé, solo ciò che è eterno brama l’eternità.”
È con leggerezza funambolica che si esprimono gli umori di un cuore luminoso anche se ferito da cicatrici dolenti.
La parabola poetica della Schüler è  svincolata dall’occasione, pur nei risvolti tragici della sua esistenza quali la morte e della madre, del figlio, l’abbandono dell’amato, poiché il suo canto sale sempre a livello del mito.
La tastiera poetica gioca su vocaboli ricorrenti: stella, azzurro, cuore, Dio, come una sinfonia che sa produrre suoni diversi su uno stesso spartito. La bohemiènne così come la poetessa esule a Gerusalemme, non hanno mai smesso di rapportarsi a una visione che supera i confini umani e sconfina in un ordine cosmico. Sottende la sua produzione la poetica concezione di una realtà terrena come ultima delle emanazioni o dei gradi della divinità. La filiera tipica del suo vocabolario si muove dall’amore carnale a quello spirituale e viceversa secondo lo schema biblico della caduta, talvolta con contaminazioni violente, ma sempre attraversata da vigorose ondate di passione. Tra tutte le stelle sceglie l’amato, allo splendore sacro del suo corpo è il cuore di lei ad accendere i suoi cieli: “ quando parli, / il mio cuore gaio si risveglia / la tua voce sparge sempre azzurro / sulla strada dove tu racconti, nasce il cielo./  Le tue parole sono fatte di canto,/ mi rattristo se tu taci…”.
E ancora “se tu mi guardi / si fa dolce il mio cuore. / Io giaccio sotto il tuo sorriso / e imparo a creare il giorno e la notte”.
L’erotismo sensuale impregna un lessico con riferimenti o connotazioni fisiche degli amanti, il decorativismo floreale adorna di elementi esotici  i suoi versi dove si accendono commistioni erotico- mistiche con reminiscenze bibliche.
Il cuore che canta quando l’amore è corrisposto diffonde una melodia che si irradia ai rami incontrati nel cammino, ritorna fanciullo e come in un rito incantatorio il palpito d’amore diviene discepolo del sole nel dipingere sui muri la bellezza dell’amato. “Sulle tue guance stanno colombe d’oro  /…Così tu mi prendi a te / che io vedo le stelle del tuo cuore…”
Assetato d’amore anche il sangue mormora come una fonte segreta, “sempre di te, sempre di me..”. Il gioco amoroso degli amanti si spinge fino ad innalzare castelli con dita d’oro, rocche con alte torri, nell’abbraccio i due divengono vibranti di luce e calore, il sorriso di lui una trafittura di tenerezza che la ricopre come una coltre amorosa. L’avvicendarsi di luci e ombre segue il ritmo della storia d’amore:se respirano all’unisono si creano il cielo, rendono d’oro la notte.
Scavando nelle risorse del linguaggio la Schüler lascia emergere una fitta trama di effetti  fonici, un raffinato tessuto metaforico nel quale irrompe una natura complice, animata, che bisbiglia, rumoreggia, canta così come un universo astrale fiorisce nella simbologia di una voce che non vuole circoscriversi in confini terrestri, anela all’assoluto, eterna il sentimento, ed è l’icona- falce della luna come mano dell’amato ad incarnare, nuovo grembo materno, il desiderio di riposo perpetuo.
Un amore “costeggiato” nel lume del mattino, un amore rifluito nel salmo di una melodia, conferisce finalmente alla donna la solidità di un’identità vagheggiata.  

tratto da G. BAGNASCO, Sulla porta del cielo, Gli Spigolatori, Mondovì 2009

QUI alcune poesie della Schüler