Ricreare il mondo

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Anna Maria Bonfiglio e la poesia

Brevi note biobibliografiche
Anna Maria Bonfiglio, poetessa, scrittrice e giornalista. Nata a Siculiana,  in provincia di Agrigento, risiede a Palermo dove svolge attività culturale nell’ambito letterario. Ha collaborato con i settimanali “Bella” del gruppo Rizzoli e “Vera” di GVE , con i mensili “Sicilia Tempo” e “Insicilia” ,con la rivista “Silarus” e con molti altri periodici per i quali ha redatto recensioni e articoli.  Ha curato un corso di analisi ed interpretazione del testo poetico presso l’Istituto Professionale CEP di Palermo ed un laboratorio di scrittura creativa presso la sede regionale ENDAS Sicilia. È stata per alcuni anni presidente dell’Associazione Scrittori e Artisti e ha diretto il periodico “Insieme nell’Arte” e il giornale online “Quattrocanti”. Ha ricoperto per un anno la carica di presidente del gruppo Ottagono Letterario di cui attualmente è membro del consiglio direttivo e componente permanente della giuria del Premio Nazionale Pietro Mignosi che il gruppo bandisce con scadenza biennale. Ha pubblicato parecchie raccolte di poesia, i romanzi brevi La verità nel cuore  e Scelta d’amore e i saggi: A cuore scalzo-La vita negata di Antonia Pozzi (CFR Edizioni), La vicenda di gioia e di dolore nell’opera di Camillo Sbarbaro (CFR edizioni)  e Maria Messina in Figure femminili del Novecento (Edizioni Ulite). Sue poesie e articoli di letteratura sono reperibili in vari siti web. Fra i premi e i riconoscimenti che le sono stati assegnati: Premio di Cultura “Città di Monreale”; Premio “Giacomo Giardina” alla carriera; Premio “Salvator Gotta” per trent’anni di attività letteraria; Premio Telamone 2014 “Per l’impegno nel campo letterario e culturale”.

Quando e come si è avvicinata alla poesia?
Posso serenamente affermare che alla poesia non mi sono “avvicinata” ma l’ho sempre sentita dentro di me non solo esprimendola ma anche, e in alcuni periodi soprattutto, leggendola. Adolescente, avevo una sola certezza: “essere” scrittrice. La difficoltà era costituita dal fatto che non avevo nessuna idea di quali strumenti fossero necessari per arrivare ad esserlo. Ma la scrittura mi seduceva come una sirena e la lettura mi ammaliava. Leggevo ciò che capitava: libri, riviste, il vocabolario, persino i giornali con i quali il verduraio avvolgeva gli ortaggi. Lettura compulsiva e disordinata, in cui era assente ogni concetto di metodologia. Dalla biografia di Hemingway al Dottor Živago, da L’amante di Lady Chatterley alla Certosa di Parma. E tanta poesia: Neruda, Pavese, Lorca, i libri erano come le matrioske, da ognuno ne veniva fuori un altro. I primi scritti li pubblicai su una rivista che ne L’angolo dei lettori raccoglieva brevi racconti di vita. Quando mi arrivarono i soldi del compenso mi sembrò di essere stata accolta in paradiso. Di questi scritti ne pubblicai anche in altre riviste, erano giornali cosiddetti “femminili” ma a grande tiratura nazionale. In seguito divenni collaboratrice di un settimanale Rizzoli e pubblicai lì i miei racconti fino a quando il giornale non cambiò editore e smise di pubblicare narrativa. Dopo poco tempo ripresi la collaborazione con altre due riviste, durò ancora un paio di anni, poi s’impose la poesia. Negli anni Ottanta seguii un corso di scrittura creativa che si tenne all’Università di Palermo; due anni dopo fui io stessa ad organizzare un laboratorio di poesia alla sede regionale dell’Endas Sicilia e fu una magnifica esperienza. Ho amato e amo la poesia al di là di ogni estrinsecazione pubblica, la conservo dentro di me come un dono che ho ricevuto dalla vita e so che anche se non dovessi scriverne più essa continuerebbe a nutrirmi con le parole dei poeti di tutto il mondo.

Cos’è la poesia per lei?
La poesia è per me un modo “altro” di sentire la vita. È oltrepassare le barriere del vivere quotidiano e ri-creare un mondo. È mettere al servizio del lettore tutto ciò che può essere utile ad una riflessione, ad una presa di coscienza e/o alla possibilità di ritrovare una parte del proprio sé nascosto nella profondità dell’anima. La poesia è manifestazione dello spirito, dialogo con interlocutori ignoti attraverso il quale la pena del poeta si fa dolore del mondo e il suo solipsismo si fonde con l’umana solitudine, allargando un cerchio in cui sono racchiusi i valori dell’esistenza. Il poeta e il lettore vivono un rapporto consustanziale che trascende la fisicità: insieme esplorano le regioni dell’idealità, insieme indagano le ragioni metafisiche, insieme vivono la cosiddetta  “finzione poetica”, ossia una realtà immaginaria che fa riferimento alla polivalenza del mondo reale. Infine penso che la poesia sia anche fatto sociale, atto in qualche modo eversivo nei confronti della società imperante, cieca e ottusa nei confronti delle esigenze spirituali e morali del popolo.

http://annamariabonfiglio.jimdo.com/

foto di Bruna Bonino

foto di Bruna Bonino

L’APPARENZA

Non guardare di me l’occhio che ride
la voce fresca
o l’ilare bocca che adesca.
Nell’atlante che sfiori con le dita
non cercare le alture ardimentose
o le pianure erbose.
Esplora invece i fiumi azzurri
sotterranei che adornano
le mani, le logorate valli
i merletti dei tarli.
Quello che non appare
è l’ago che segna la scissione
fra il viaggio dell’andata e l’inversione.

***

MATTUTINO

Sei tornato nel sonno
dell’ora mattutina
-piccolo dono estorto a mani avare
e avevi sulla bocca
l’oro del tuo silenzio risolino.
Ti frugavo nel cuore con le mani
per trovare di me qualche frammento
una scaglia rimasta conficcata
nella tua carne d’uomo.

Poi ti oscurò la luce
e fu di nuovo giorno.

***

NAUFRAGIO

(Palermo, 4 ottobre 2013 – Strage di Lampedusa)

La notte che il mare mi sputò
sulla roccia di marna
non c’era luna al balcone del cielo.
Il vento mi frustava le ossa
l’acqua danzava dentro ai miei polmoni
ed una voce che non riconoscevo
-forse la voce ch’era stata mia
ed ora era di un morto-
chiamava disperata il mio Kaleb.
Ma nessun Dio Allah o Maometto
rispose al mio richiamo.
Come potete immaginare
il morso che azzanna la carne
inaridita dal sale degli scafi,
voi che conoscete il mare
soltanto per diletto?
La notte eterna discendeva lenta
a invadermi le membra,
ad abbuiarmi il cuore
quando un’ombra s’avvicinò al mio corpo
e mi spogliò del freddo degli stracci.
Si stese col suo peso sul mio petto
e mi alitò sul viso
fin quando giunse l’alba.

(dalla raccolta Il miele amaro, CFR Edizioni)

***

PER UN DISTACCO

Qualche volta si muore
-di silenzio
o di parole che non vuoi sentire
e non ti basta
sapere che nell’ombra del distacco
s’annida ancora un rantolo di vita.
Si può morire
per una foglia secca e calpestata
per l’anòdino unguento di un ricordo
si può morire cento e cento volte
nelle frasi banali di un saluto.

Altra cosa
saperti per i viali di Mondello
o in un bar del centro di Palermo
(una canzone ruffiana e caffè freddo
aspettando le brume).
Fra due c’è sempre uno
che resta appeso al gioco degli abbracci
(non sai s’è meglio andare o rimanere).

La nave ha già mandato i tre segnali:
ci salutiamo con occhi di sale
e ricami d’amore sulla pelle.
Quelli che noi non siamo
vivranno in episodi ricorrenti
(la cena fuori o la partita a carte)
la realtà dicibile
l’altra è un sussurro
che sfiata dalla mia alla tua bocca.

Non ti chiedo neppure cosa sono
nella tua vita di ferite e rughe.
Ti leggo sulle mani
i segni dei ritorni ripetuti
e so che sei per me pianto e carezza
stazione provvisoria ove si torna
mosca impazzita
nel dedalo dei sogni capovolti.

(dalla raccolta Le voci e la memoria, Gabrieli Editore, 2000)

castello Chiaramonte