Il senso del fuoco

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SILVIA PIO

Le storie iniziano a volte senza intenzione. Per leggerezza e per noia. Sicuramente quell’estate era tediato dalla vita e, proprio per questo, la percorreva galleggiandone a pelo. E poi galleggiare era l’unica attività per un agosto infuocato al mare.
Stava sulla spiaggia per buona parte del giorno, dentro e fuori dall’acqua, in piedi all’aria calda che lo asciugava subito, sdraiato sulle stuoie che non si dava la pena di ritirare.
Dall’alba al tramonto sonnecchiava vicino al mare, dal tramonto all’alba se ne andava in giro nella città che pareva mai dormire. Nel passaggio dall’uno all’altro tempo, prendeva in mano un taccuino anacronistico e scribacchiava alcune idee che potevano diventare racconti da dare al suo editore insistente.
Non c’era locale dove non avesse bevuto o mangiato e in tutti si era annoiato. Il vino alla fine aveva sempre lo stesso gusto sciacquato, il pesce la stessa consistenza sfibrata. La compagnia, poi, sembrava prodotta in serie. Dopo un po’ sapeva già dove tutti volevano andare a parare.
Non sapeva cosa volesse, ma non quello che veniva offerto a profusione.

Non sono le storie che prendevano forma sul taccuino quelle che ci interessano ora, ma il caleidoscopio di piccoli eventi che lo portarono ad essere il protagonista di qualcosa di enorme.
La noia e la leggerezza, dicevamo, caratterizzavano quell’estate dove solo il gran caldo sembrava essere l’evento principale.

Con il corpo indolenzito dalla terra dura, ricade nell’ennesimo pisolino, al suono dello sciacquio dell’acqua, al ronzio dell’aria che oggi è particolarmente torrida.
Percepisce un movimento intorno e si accorge che la spiaggia si sta animando. Qualcuno urla e lo risveglia.
Tutti guardano nella stessa direzione. La collina a ridosso del mare ha preso fuoco, non ci sono che duecento, trecento metri in salita, e inizia la campagna.
Ancora in costume da bagno si dirige da quella parte; i vigili del fuoco sono stati avvertiti, ma la stazione più vicina è a chilometri. E con questo caldo, il pericolo degli incendi è dovunque.
L’uliveto ha preso fuoco e crepita secco, il vento vortica tra gli alberi come una mano di fiamme che designa i tronchi da sacrificare.
Le voci della spiaggia si attutiscono mentre un’altra, più acuta, lo accoglie alla radura, nel mezzo della quale c’è una piccola fattoria. Il vento ha fatto sbattere la porta di ingresso, che si è chiusa con un botto, e spinge il fuoco verso la finestra con le vecchie persiane di legno.
La donna è fuori e urla verso la casa, la porta. Il fuoco ha intaccato le persiane ed è riuscito ad entrare. La porta non si apre. Quando lo vede, non riesce a capire da dove arrivi l’uomo seminudo e senza scarpe, ma un secondo dopo gli corre incontro. “Mio figlio, è dentro”.
Il tedio e l’indolenza lasciano posto ad una lucidità animale. Non c’è che l’obiettivo della porta da sfondare, cosa che gli riesce concentrando la forza in un pesante vaso con un’agave rinsecchita. Lo scaglia con un ululato primordiale e la porta cede.
Il fuoco ha riempito una parte della casa, lo sente sulla pelle con l’odore di pelo bruciato. Avverte anche un dolore pungente ai piedi.
Fuoco, non ti temo!
Un istinto che non pensava di avere gli indica dove dirigersi, trova una camera da letto, e dentro la camera, una culla.
Nel rogo, il senso di quella estate si compone come un puzzle sconosciuto; di più: il senso della sua vita si srotola come un antico documento che diventa facile da decifrare.
Fuoco, brucia l’illusione di questa vita! L’illusione di me, di quel che penso di essere. Purifica i pensieri vani, elimina le sovrastrutture, arriva al cuore, al nucleo delle cose!
Il bimbo dorme, ha una copertina sui piedi. Può servire a proteggerlo dalle fiamme. Avvolge il piccolo corpo, e poi racchiude il fagotto tra le braccia, che ormai si spellano. Cerca l’uscita, che appena si intravede nel fumo, si piega su se stesso e attraversa l’inferno.
Fuoco, ti ringrazio! Per aver illuminato il senso di questa mia vita, averla portata a questa purificazione. Ora so che questa è la storia che cercavo.

Il suo ultimo pensiero, prima di posare il fagotto nel cortile della casa dove ancora risuonano le urla della donna, e di spegnersi a terra.

(Illustrazione di Franco Blandino. tempera, calce e matita su cartoncino)

Terra gelata
Volare nell’acqua
Di corsa verso l’aria