Un mercoledì che ha accompagnato la vita

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SILVIA PIO

«Siamo un gruppo di “sopravvissute”, che per trent’anni si è ritrovato quindicinalmente ogni mercoledì », così si presentano le donne del Gruppo Volontarie del Consultorio di Alba nel libretto di memorie che celebra i trent’anni di attività, dal 1978 al 2008, e che esce ora dopo una lunga gestazione.

I Consultori Familiari vengono istituiti dalla legge nazionale del 28 settembre 1975 n. 405 come «strutture organizzative dei distretti [che] si possono considerare come servizi sociosanitari integrati di base, con competenze multidisciplinari, determinanti per la promozione e la prevenzione nell’ambito della salute della donna e dell’età evolutiva. Tali strutture sono sorte con tempi e modalità diversi, in seguito all’approvazione delle relative leggi regionali». (Da una pubblicazione del Ministero della Salute del 2008)[1].

Circa un anno dopo, la legislazione della Regione Piemonte (legge n. 9 del 9 luglio 1976) stabilisce le norme e i criteri per la gestione dei servizi consultoriali;  il Consiglio municipale di Alba ratifica la delibera della Giunta che istituisce in città il Consultorio Familiare. Il 7 febbraio 1977 viene nominato il comitato di gestione che comprende rappresentanti  dei Servizi Sociali, dei gruppi politici consiliari, dei sindacati, dei comitati di quartiere e delle organizzazioni femminili. Il 12 dicembre 1977 apre ufficialmente il Consultorio e il 19 aprile 1978 un gruppo spontaneo di volontarie si riunisce per definire il proprio ruolo all’interno del servizio, ruolo previsto dalla legge regionale.

È una schiera molto eterogenea per età, ceto sociale e appartenenza politica, dove non manca il confronto vivace, e a volte anche lo scontro. Le donne provengono soprattutto dall’area cattolica e dall’esperienza del femminismo, il loro è un esempio di collaborazione e dialogo per uno scopo comune e di costruzione di rapporti schietti e profondi, alcuni dei quali dureranno fino a oggi.

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A quei tempi anche in provincia si respira ancora l’aria del ’68, col suo desiderio di partecipazione e uscita dal privato. Le volontarie (alcune delle quali hanno continuato l’attività per trent’anni!) hanno iniziato ad affiancare l’équipe che lavora nella struttura: ginecologi, assistente sociale e sessuologo, portando in luce le più diverse richieste in seguito ad una presenza vicino alle donne, non solo le utenti del Consultorio ma il maggior numero delle abitanti in città e dintorni, invitandole a partecipare ai cosiddetti gruppi aperti ma anche incontrandole dove queste si potevano trovare, soprattutto nelle scuole e nei quartieri.

I primi anni sono ricchi di aspettative e grandi entusiasmi. L’idea è che il Consultorio sia un luogo di aggregazione prima che un ambulatorio, di crescita per le donne, dove sia possibile acquisire una identità di genere di cui a quei tempi non si ha piena consapevolezza.

Le prime attività sono costituite da gruppi di studio su tematiche quali la sessualità, la comunicazione, la condizione femminile. Non si opera una netta distinzione tra attività sanitarie e sociali perché i due aspetti sono strettamente correlati: affrontare sessualità, contraccezione, aborto significa essere di fronte a nodi e contraddizioni sociali in cui si muovono le fasce più deboli della popolazione, fra cui ovviamente quella femminile, a problemi culturali delle famiglie, in cui si intrecciano sofferenze individuali e problematiche legate ai modelli di consumo, al sistema dei valori e alle condizioni di lavoro.

Questa visione globale va a scontrarsi con quella settoriale dei tecnici, dovuta anche ad una organizzazione frammentaria del loro lavoro. Il rapporto tra il Gruppo e la struttura non è sempre facile; se le volontarie hanno all’interno del servizio uno spazio per la propria crescita personale, esercitano anche una funzione di controllo e di pungolo.

In città questo gruppo di donne eterogeneo ed eterodosso, che a ogni piè sospinto scrive articoli sui giornali locali e richiede insistenti incontri con la dirigenza sanitaria, viene spesso mal tollerato. “Pollaio rosso”, qualcuno lo definisce e questa è la risposta: «Se essere di sinistra significa voler stare dalla parte delle donne, desiderare la loro crescita, aiutarle ed aiutarci a prendere consapevolezza del nostro essere donne e dei nostri diritti, ebbene sì, siamo rosse».

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Ci sono servizi che al giorno d’oggi vengono dati per scontati, ma a quei tempi ad Alba non erano che sogni, e il Gruppo Volontarie ha dato un contributo fondamentale per la loro realizzazione: preparazione al parto, sia fisica che psicologica, diminuzione della medicalizzazione della gravidanza, del parto e dei primi mesi di vita del bambino, conoscenza approfondita di tutti i metodi anticoncezionali e prevenzione dei tumori femminili.

Un’iniziativa singolare dei primi tempi è quella chiamata “previsita”. Negli ambulatori consultoriali non vengono dati appuntamenti e le donne passano in ordine di arrivo. Quindi in sala d’attesa c’è sempre un buon numero di utenti. Le volontarie si mescolano a loro, presentano il servizio, ascoltano le esigenze e i problemi; le utenti si sentono capite e aiutate, e l’attesa ambulatoriale diventa tempo di incontro e sostegno.

Vengono organizzate anche uscite sul territorio: nei quartieri popolari, un’esperienza che fallisce, e nelle scuole superiori (per essere precisi, nell’Istituto Magistrale, allora frequentato principalmente da ragazze), dove nonostante la iniziale diffidenza da parte dei docenti nei confronti di persone che non erano “tecnici della materia” e la paura dei genitori che le figlie affrontassero tematiche calde come l’educazione sessuale, la partecipazione è totale. Oggi in qualsiasi scuola elementare si inizia un percorso di informazione e conoscenza del corpo e delle emozioni, ma nella scuola di allora non si prevedevano attività extracurricolari che non fossero strettamente legate ai programmi scolastici: aprire le aule alle Volontarie del Consultorio rappresenta una prima, timida esperienza.
Vengono inoltre realizzati incontri cittadini sull’educazione sessuale, la prevenzione dei tumori femminili, la contraccezione, la menopausa e i primi anni di vita dei bambini.

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Molti sono stati i gruppi di studio e formazione delle volontarie, destinati sì ad una crescita personale ma anche ad imparare a condurre altri gruppi. Ecco che inizia una serie di incontri, chiamati “gruppi aperti” perché vi possono partecipare tutti coloro che sono interessati, ai quali compaiono i primi uomini. La spinta decisiva per formare i gruppi aperti viene dall’incontro con il sociologo-poeta Danilo Dolci, che visita il Consultorio il 27 novembre 1982.

L’esperienza va avanti per anni, trattando argomenti diversi: dall’identità personale al rapporto di coppia, dalle emozioni quali rabbia ed aggressività al rapporto tra genitori e figli. Non ci sono esperti né tecnici, ognuno diventa soggetto di ricerca portando la propria esperienza e la propria riflessione personale; ciascun gruppo è curato da una o più Volontarie. Per un certo periodo l’iniziativa va in crescendo, coinvolgendo in totale circa mille persone. È un modo straordinario di conoscere se stessi e gli altri e di comprendere i problemi e i fenomeni della realtà femminile e del mondo circostante. Dice una delle conduttrici: «Grande motivo di soddisfazione per noi è la gratuità, perché la nostra partecipazione è stata volontaria e anche entusiastica. Nessun finanziamento esterno, nessun sostegno da parte delle istituzioni ufficiali che, semmai, ci guardavano con diffidenza e perplessità».  La validità del metodo di lavoro nei gruppi aperti fa sì che diventino un esempio per altre iniziative in città, tuttora funzionanti: la Scuola genitori presso il Secondo Circolo scolastico, gli incontri nei vari istituti scolastici, l’associazione “In cerchio”, i gruppi di ascolto nelle parrocchie ed altre ancora. Per le Volontarie questi sono “semi gettati e germogliati”.

Nel 2004 il progetto Biblioteca in Consultorio si propone di offrire un servizio informativo e culturale con la raccolta di testi messi a disposizione degli utenti, insieme agli opuscoli informativi che fin dall’inizio le Volontarie preparano su argomenti quali tumori femminili, contraccezione ed altri temi non strettamente “consultoriali”.

Alba, 14 maggio 2016

Alba, 14 maggio 2016

Negli anni il ricambio di Volontarie avviene a fatica, come se le giovani non volessero coinvolgersi  in compiti di responsabilità. Inoltre i nuovi locali dove Consultorio (che come istituzione è cambiata rispetto ai primi anni) si è trasferito non hanno più lo spazio per ospitare iniziative. Nel 2008, nonostante il successo dei gruppi aperti, il Gruppo Volontarie del Consultorio decide di interrompere l’attività pubblica per diventare un gruppo di amiche che continua ad incontrarsi a casa dell’una o dell’altra e che ha prodotto il libretto di memorie, presentato ad Alba il 14 maggio con la partecipazione di più di cento persone che negli anni hanno frequentato le Volontarie o i gruppi aperti. La pubblicazione inizia con una citazione di Orazio: «Non omnis moriar», «non morirò del tutto», ed è questo il suo scopo. «Non vogliamo che un patrimonio di idee e di sentimenti suscitatori di crescita, amicizie, collaborazioni vada perduto», si legge nella pagina di apertura, «Desideriamo che attraverso il nostro ricordare si possano rivivere quei momenti e magari rianimare qualche consapevolezza».

Tutte riconoscono che i mercoledì  in Consultorio hanno costituito una parte fondamentale della loro formazione personale, uno spazio proprio che a nessuno era permesso di toccare e di violare. Lo può confermare anche chi scrive questo articolo su Margutte, che ha fatto parte delle Volontarie della prima ora, tra le più giovani. Dopo il Movimento studentesco e un’incursione in quello femminista, unirmi al Gruppo del Consultorio era venuto quasi spontaneamente. Qui ho trovato amiche vere e compagne con le quali dare un senso alle idee libertarie che nel femminismo albese erano forse molto teoriche e poco consistenti. È stata una scuola di ascolto e rispetto reciproci, oltre che di crescita. Una possibilità concreta di agire nel sociale per cambiare le cose. Spero che tutti i semi sparsi continuino a germogliare ancora, soprattutto presso le nuove generazioni, che poco sanno di quei tempi e forse non si rendono conto di quanto il loro presente ne è stato influenzato.

Alba, 14 maggio 2016

Alba, 14 maggio 2016

… Quando lasci filtrare
le venture di tutti nelle tue,
la città nuova germina … e la terra
respira

Danilo Dolci, Il limone lunare

Chi volesse ulteriori informazioni si può rivolgere a Grazia grabrox3@fastwebnet.it

Copertina di Rosy Francone


[1] Qui si legge ancora: «Nel 1975 la legge 405 istituisce i Consultori Familiari con lo scopo di assicurare: a) l’assistenza psicologica e sociale per la preparazione alla maternità ed alla paternità responsabile e per i problemi della coppia e della famiglia, anche in ordine alla problematica minorile; b) la somministrazione dei mezzi necessari per conseguire le finalità liberamente scelte dalla coppia e dal singolo in ordine alla procreazione responsabile nel rispetto delle convinzioni etiche e dell’integrità fisica degli utenti; c) la tutela della salute della donna e del prodotto del concepimento; d) la divulgazione delle informazioni idonee a promuovere ovvero a prevenire la gravidanza, consigliando i metodi ed i farmaci adatti a ciascun caso; d-bis) l’informazione e l’assistenza riguardo ai problemi della sterilità e della infertilità umana, nonché alle tecniche di procreazione medicalmente assistita; d-ter) l’informazione sulle procedure per l’adozione e l’affidamento familiare. La multidisciplinarietà delle aree di intervento del consultorio familiare (definite da numerose leggi nazionali e regionali) ha la finalità di guardare alla persona in modo olistico al fine di promuovere la salute sessuale, riproduttiva e relazionale del singolo, della coppia e della famiglia, e di garantire l’applicazione della legge 194/78 (interruzione volontaria di gravidanza), attraverso interventi socio-sanitari realizzati anche in collaborazione con gli Enti e le Istituzioni locali, le Associazioni di volontariato, i coordinamenti aziendali di educazione alla salute»