7 piccole storie + una. Ultima

Storia Ottava

CYBIL PRINNE

La sera, quando andava a letto, le venivano in mente storie astruse di uomini che si ritiravano dal mondo per leggere libri, di donne che ripercorrevano a ritroso la loro esistenza e di uccellini ricamati. Pensava ad amori che si consumavano e si riducevano a niente, a incontri tra padri ubriaconi e figli mai nati.

Le storie si attorcigliavano alle lenzuola, le stringevano la gola, le davano un gran mal di testa e soltanto all’alba finivano di tormentarla. Allora lei si alzava e ­prepa­rava la colazione ai bambini.

La faccenda andava avanti da mesi. Sulle prime, aveva accolto con piacere l’arrivo delle fantasie notturne, quasi fossero un compenso agli avvenimenti noiosi delle sue giornate sempre uguali. Ma le notti insonni le pesavano sugli occhi e al lavoro faticava a concentrarsi. Una sera stramazzò davanti all’arrosto di maiale che aveva cucinato per cena e si ferì la fronte contro lo sportello del forno; allora capì che la mancanza di riposo l’avrebbe portata, prima o poi, a farsi male sul serio.

Si coricò e cercò di eliminare tutti i pensieri, ma dopo un attimo di silenzio, da un angolo lontano del suo cervello, arrivò un tipo che iniziò a raccontare di come aveva spettato per anni la donna che amava, inutilmente. Finì che era mattina inoltrata; lei si buttò giù dal letto con le ossa rotte e si accorse che i bambini erano andati a scuola senza colazione.

Provò ad andare a letto più tardi, provò ad andare a letto più presto. Prese le pastiglie che le consigliò la vicina di casa e gli infusi di erbe come faceva la nonna. Una sera ingurgitò uno sciroppo che aveva comprato in farmacia (una dose forse troppo massiccia) e durante la notte immaginò un corpo che si ­decompo­neva in una casa gotica.

Spostò il letto in cucina, nel corridoio, sul tetto. Andò a dormire nella vasca da bagno, nella cuccia del cane, ­sull’auto­mobile del marito, in una stalla in disuso.

Si mise una camicia da notte lunga fino ai piedi e orlata di pizzi antichi. Indossò un berretto di lana fatto a mano, dei guanti azzurri, delle calze di cotone fino. Si vestì da ­Bianca­neve e da Bella Addormentata.

Nessuno degli espedienti funzionò ed era ormai stufa del via vai di gente che veniva a darle consigli sempre più strambi e inutili.

Un pomeriggio vide sua figlia, la piccola, con la testa china sul quaderno e le chiese cosa stesse facendo. La bambina rispose: la maestra ci ha detto di preparare un racconto entro la fine del mese. Ne ho inventato uno bello, oggi lo scrivo così non ci penso più.

Quella sera si sdraiò sul letto in attesa e quando sentì arrivare la storia prese il taccuino della spesa e la penna che aveva lasciato sul comodino e iniziò a scrivere.

(Illustrazione di Franco Blandino)

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