GABRIELLA MONGARDI
Chi ama la montagna, chi ne è pratico, non può non leggere questo racconto di montagna “archetipico”, che va all’essenziale. La lettura del racconto fa rivivere le varie fasi di una salita in montagna: i preparativi, la partenza, il cambiamento del paesaggio man mano che si sale, il cambiamento degli stati d’animo degli alpinisti, il cambiamento delle condizioni meteorologiche, gli imprevisti…
Tutto viene rappresentato in maniera estremamente accurata e precisa, con una lingua ricca e nitida, nervosa e attenta, ottimamente resa dal traduttore Umberto Gandini: nessun dettaglio viene lasciato al caso – tranne ciò che non viene narrato, perché non può essere descritto né narrato.
Come insegna il filosofo Wittgenstein, “di ciò di cui non si può parlare, si deve tacere”, ed è esattamente quanto fa qui Hohl. Parla di montagna, del suo fascino sublime e inquietante, con parole che solo un grande scrittore innamorato della montagna (e della scrittura) sa trovare; parla di montagna perché di montagna “si può parlare”: ma allo stesso tempo il lettore avverte che il discorso sulla montagna e su ciò che vi accade non è tutto, è solo una copertura, un modo per “tacere”, o meglio per alludere ad altro, all’indicibile.
Hohl, uno dei massimi scrittori svizzeri di lingua tedesca (1904-1980), lui stesso scalatore, ha lavorato tutta la vita a questo centinaio di pagine, per farne “una storia di amicizia, una lezione sulla formazione dei seracchi, un thriller […] una fiaba filosofica, un paradosso, un’allegoria dove la montagna potrebbe essere solo un pretesto […]”. Cito dalla prefazione di Davide Longo, che è obbligatorio leggere (prima o dopo il racconto non importa) perché è illuminante, acutissima e originalissima. Sarei però meno reticente di lui nel confessare una certa “cautela” riguardo al titolo: il tedesco Bergfahrt alla lettera vuol dire infatti “viaggio in montagna”, che non significa solo “salita” – e in effetti quella di Hohl non è affatto la relazione letteraria di una “salita” alpinistica, ma la narrazione artistica di un accidentato percorso in montagna, sulle orme dell’ascesa al Monte Ventoso di Francesco Petrarca, del Monte Analogo di René Daumal e della Montagna Magica di Thomas Mann.
Chi ama la montagna, chi ne è pratico, sa bene che la montagna non è un passatempo, una palestra all’aria aperta, ma ci mostra il volto “bello e terribile” della Natura e la fragilità, la piccolezza dell’uomo: la montagna si può considerare un “terreno di gioco” a patto di non dimenticare che in montagna ci si mette interamente in gioco, e che a volte la posta in gioco è la vita – come in questo piccolo, immenso libro, “un gioco di specchi ben giocato” da un autore che vi ha consacrato la vita.
Ludwig Hohl, La salita, Sellerio editore, Palermo 2024.