Un presepio giacobino piemontese

Il presepio giacobino 24 dicembre 1800

Il presepio giacobino 24 dicembre 1800

PAOLO LAMBERTI / FRANCESCO LA MORRA

Per Natale ecco una curiosa riscrittura della Natività in chiave filofrancese: neanche tanto entusiasta però dei francesi; comunque si nota che l’abitudine di rifare il presepio in chiave “sociale”, “attualizzata”, “ideologizzata” non è un vizio solo recente. L’autore, Francesco La Morra, lo scrive datandolo al 3 Nivoso anno 9 della Repubblica, ovvero al 24 dicembre del 1800. Il manifesto è stampato a Torino ed è conservato nella raccolta di manifesti di età napoleonica presso il Liceo Classico “G.B.Beccaria” di Mondovì con la segnatura E 48.
La grafia è quella del manifesto, abbondanza di virgole ed apostrofi dopo “un” maschile comprese.

LIBERTA’       EGUAGLIANZA

IL PRESEPIO

Nacque GESÙ Bambino sulla mezzanotte, e tosto lo seppi mi portai a vederlo, v’era a canto a lui un’ asino , e vi mancava il bue , perchè si trovano ancora degl’asini in Piemonte, ma non più de’bovi : la malattia, la guerra, e la fame ([1]) li distruggon tutti. Parlò il primo S. Giuseppe, e disse, che i pianti del Bambino Uom Dio esprimevano a non dubitarne il dolore che provava in vedere, che tanti poveri che forman la parte degli uomini la più accetta al Cielo, fosse sì negletta in terra, e mentre discesi gl’ Angeli con lini bianchi più della neve asciugavano le sacrosante lagrime del Divin Pargo­letto, a più voci, ed a più cori cantarono gl’ inni i più teneri tutti i Pastori; l’un offerse il ca­pretto, l’altro l’agnellino, ma il dono che riempì tutti gli astanti di meraviglia fu la co­lomba che presentò un de’ Pastori , essa era tutta nera con le ali bianche, un divoto Inter­prete spiegò che tal significato voleva senza dubbio esprimere che questa generazione non ha poi più niente di puro ad offrir alla Divi­nità , che l’apparenza; mesta, attonita , e soprafatta da tal rimprovero l’Udienza , mentre al solito alcuni birbanti se ne ridevano, e l’onesta gente ne piangeva, un’ Araldo annunziò l’arri­vo delle Loro Maestà ([2]).
Lodato il Cielo disse un astante, questi Re viaggiano almeno con buona unione: osservate, soggiunse unaltro come hanno sofferto il viag­gio , pajono ben meschini, rispose allora un Filosofo che taciturno in un’angolo se ne stava, che quello non doveva recar loro meraviglia,  perchè quando si vede un Re senza quel fasto di corte, ognun si persuade che un Re non è altro che un uomo, e cos’è un uomo ? Poca cosa, poca cosa d’una ben cattiva specie, ho creduto di doverlo scrivere per istruzione di quelli , che son capaci di dimenticarlo ([3]).
Fra tanto presentò la prima Maestà la mirra, ma il Popolo gridò siam amareggiati abbastanza, tienti Maestà tuo dono, l’osservò il Divin Pargoletto, e tosto ascose il suo volto nel sen della S. Vergine. La seconda Maestà offerse poi l’incenso, ma il fumo andò tutto all’asino che per esser incensato solfeggiò un y..o,y..o inudito, indi affabile volgendo con grazie tante le orecchie belle, che per solennità delia Festa avea incipriate, un bacio tenero a tutte le Maestà una dopo l’altra ei diè = SANTA FRATELLANZA, SANTA EGUAGLIANZA:

Doni in ver di Libertà ,

Un’ asino cangiar in maestà.

Perché i tre Re lo dichiararono ipso facto ancor lui Re di Cipro[4] , e cingendogli del prezioso diadema la fronte, ciascun suddito ammesso all’ onor del baciamano disse: ben merita chi tanto ottenne.
La terza Maestà presentò poi un bacile, che troppo stanca senza dubbio sarebbe stata di te­nerlo per sì lungo tempo fra le mani, se ripieno fosse stato d’oro, ma leggiero era qual canestro di fragole, perchè sol contenea un monte di cedole, assegnati, e pagherò , allor si  vidde la meraviglia, che il Popolo credule sempre aspetta un’Angelo per aria, che modestamente spiegando le ali sue sopra vi pisciò ([5]).
Cosa fai, tosto aspersa S. M., gridò ange­lico briconcello ? Bricconcello sei tu, Sire, d’offrir sì vil dono dono, rispose l’Angelo, ed al Ciel s’in­volò, e così si diè fine alla funzione.
N B II scritto intitolato Presepio est pour les liseurs, e le note pour les lecteurs.

Torino li 3 Nivoso an. 9 Repub. [24 dicembre 1800]

FRANCESCO LA MORRA


[1] [Il manifesto presenta una lunghissima nota circa la condizione economica del Piemonte, logorata dalle spese di guerra, dalla carenza di moneta e dalla fame causata dalle difficoltà di approvvigionamento del grano, seguite da una serie di provvedimenti suggeriti dall’autore per colpire quanti hanno approfittato della guerra, e istituire lotterie e capitazioni, ovvero imposte sul reddito dei benestanti.]

[2] Si sa che i tre Re Magi son Santi, ma da quell’epoca alla nostra consultando il calendario Gregoriano ne ho trovate pochissime delle Maestà che si sono santificate, e prevengo il Pubblico che questi tre Re che arrivano sono neppure beati.

[3] [segue un’altra lunga nota: inizia con «Parlando della specie umana in generale si può dire con ragione ( io credo ) che luom è poca cosa, ma è altresì vero che vi son stati, e vi sono degli uomini grandi, che comandano, direi il rispetto di tutti, per esempio si dice in Francia, che il Genio di Bonaparte par formato di tre genj , Alessandro, Scipione, Epaminonda, e come ne ho letto l’istorie , mi si permettano le brevi osservazioni, che espongo». Di seguito la narrazione di alcuni aneddoti riguardanti Alessandro, Epaminonda e Scipione e si chiude significativamente così: «la mia immaginazione mi rappresenta nel medesimo tempo Scipione, e Bonaparte al momento che si dispera della salvezza dello Stato, sguainando la spada, e gridando che chi ama la Repubblica mi seguiti! Le vittorie dell’uno e dell’altro son note; ma se si considera anche grande Scipione nel rendere all’amante l’ill. prigioniera, dimanderà a Bonaparte, se non la cede in grandezza d’animo a Scipione, la tanto amata mia che è in stato d’arresto a Parigi, voglio dire la Libertà Piemontese».

[4] [si ricordi che Re di Cipro era uno dei titoli dei Savoia.]

[5] Se la modestia di qualcheduno ne fosse offesa compatirà, spero, l’Angelo in favore del sprezzo che tutti devono avere per la carta moneta, altronde quest’era un Angelo come quelli che si vedevano alle processioni belli, ma pisciosi.