Il filo d’oro che unisce Piemonte e Giappone

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SILVIA PIO

Risulta insospettato per i contemporanei il rapporto tra Piemonte e Giappone nella seconda metà dell’Ottocento, tenuto insieme dai fili della seta. In quel periodo il Giappone si apriva al mondo esterno dopo oltre due secoli di totale chiusura in se stesso. Nel 1866 istituì le prime relazioni diplomatiche con l’Italia, regno unitario nato appena cinque anni prima, e il Piemonte fu tra i primi ad instaurare rapporti commerciali e personali.
La bachicoltura nacque in Cina e la lavorazione del filo era conosciuta già in tempi molto antichi. Non è sicuro quando il segreto di questa fibra, i cui abiti venivano indossati solo dalla famiglia reale, uscì dai confini cinesi e arrivò in Corea, Giappone e India. Le più antiche stoffe di seta giapponesi risalgono all’VIII secolo. Nel XIX secolo i bachi giapponesi, resistenti alle malattie che avevo colpito quelli europei, salvarono l’industria occidentale della seta. L’importazione in Europa e in Italia di bachi sani portò il Giappone ad entrare in contatto con la nostra tecnologia, che contribuì ad istituire un’industria moderna e all’avanguardia nel paese del sol levante. Davvero una notizia sorprendente: i Piemontesi che insegnano ai Giapponesi i fondamenti dell’industria serica europea!
Questa storia, intrigante e poco conosciuta, viene raccontata nella mostra “Seta: il filo d’oro che unì il Piemonte al Giappone” inaugurata il 14 settembre al Castello di Racconigi, dimora dei Savoia ed ora facente parte del circuito delle Residenze sabaude del Piemonte, compreso nella lista dei Patrimoni dell’Umanità Unesco.
Racconigi è un centro minore, ma ha ospitato nella seconda metà del Settecento almeno trenta setifici dando lavoro a quattromila persone. Per ricordare i legami della cittadina con l’industria serica, e con il Giappione, è stato istituito il Museo-Giardino della Civiltà della Seta (nel secentesco Chiostro dell’ex Convento delle Clarisse).
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La mostra è stata progettata e curata dalla dottoressa Giulia Ciammaichella, fondatrice dell’ agenzia Link Japan 4 Events srl, in collaborazione con la dottoressa Yuko Fujimoto dell’Associazione Interculturale Italia Giappone Sakura e con l’Istituto Italiano per il Medio e l’Estremo Oriente (ISMEO). È ospitata nella parte est del castello, in alcune stanze che ne suddividono il percorso tematico.
La prima sezione ripercorre l’epopea dei commerci della seta tra Piemonte e Giappone attraverso manufatti, opere pittoriche, ma soprattutto diari, lettere e foto di navigatori. Qui si trovano anche le testimonianze dell’arrivo a Torino e in Piemonte di studenti e commercianti giapponesi, che studiarono i sistemi all’avanguardia di trattura e torcitura piemontesi e li portarono in Giappone.
Nella seconda sezione vengono descritti i parallelismi fra la Casa Reale Savoia e la Casa Imperiale giapponese attraverso libri, foto, stampe rare e manufatti di seta imperiale giapponese.
A Casa Savoia si deve la creazione in Piemonte, a metà del Seicento, del “sistema fabbrica” per la produzione della seta.
La Casa Imperiale giapponese imparò la lavorazione moderna della seta dai Piemontesi e dal 1871 ininterrottamente ha coltivato gelsi e allevato bachi da seta all’interno del Palazzo Imperiale di Tokyo. Ancora oggi è compito dell’imperatrice allevare i bachi con sistemi tradizionali.
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La terza sezione è dedicata all’ approfondimento e alla comparazione fra filande e setifici piemontesi e giapponesi. Protagonista è il Filatoio Rosso di Caraglio, in provincia di Cuneo (1678-1930), il più antico esemplare esistente in Italia di setificio, ora recuperato con finalità museali. Undici rare stampe ottocentesche, provenienti da questa fabbrica e da una collezione privata, illustrano il ciclo della seta. Parallelamente, nella seconda metà dell’Ottocento, nascevano in Giappone le prime fabbriche; la mostra contiene testimonianze del setificio industriale di Tomioka, il più importante dell’epoca, oggi Patrimonio dell’ Unesco.
La rassegna non si limita ad esaminare il passato, ma nella quarta e ultima sezione presenta alcuni esempi delle più avveniristiche ricerche e applicazioni di una fibra che, parafrasando il titolo della mostra, sta vivendo una nuova età dell’ oro. Alcuni dei campi dove viene usata la seta sono quello musicale, alimentare, farmaceutico e nutraceutico, oltre ai più tradizionali tessile e tecnologico.
«Si tratta di un’esposizione esaustiva» – scrive il Console Generale del Giappone a Milano Yuji Amamiya nel suo intervento sul catalogo – «che permetterà a tutti noi di ammirare le relazioni intercorse tra Italia e Giappone lungo il filo della seta srotolatosi fino a raggiungerci in questo bellissimo luogo.»
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Anche Mondovì è presente in questa mostra, con alcune foto ricavate da vetrini del 1915, raffiguranti momenti dell’allevamento dei bachi e facenti parte dell’archivio del Comizio Agrario.
Forse non tutti sanno che anche Mondovì fu protagonista di quella pagina storica. Il Comizio Agrario infatti promuoveva nel 1869 una Società bacologica a Mutuo beneficio che aveva come scopo quello di assicurare ai propri associati la massima qualità dei cartoni di seme bachi al miglior prezzo attraverso l’acquisto collettivo degli stessi, effettuato da un mandatario inviato a Yokohama in Giappone. Come mandatario fu scelto Giovanni Bertone, il quale era tenuto a trovare una merce di qualità sul mercato giapponese e a spedirla a Mondovì, assicurandola contro i danni di eventuali incendi od altri incidenti ed avarie durante il tragitto in nave.
Il Giappone potrà trovarsi «alla fine del mondo» (Seta di Alessandro Baricco, citato nel catalogo) ma in quegli anni tra Piemonte e Giappone si faceva la spola. Speriamo che questo filo che ora si riannoda possa rilanciare l’industria della seta italiana in modo innovativo e creativo, come successe più di 150 anni fa.
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La mostra è visitabile fino al 20 novembre con ingresso libero dalle 10.00 alle 18.00 , escluso il lunedì.
Sulla pagina FB https://www.facebook.com/MostraSeta/ si trovano tutte le informazioni, insieme ad alcuni video presenti nella mostra.

Foto Archivio Comizio Agrario

Foto Archivio Comizio Agrario