Margutte, Gargantua, Interstellar. Convergenze letterarie nell’iperspazio.

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LORENZO BARBERIS.

Margutte raggiunge in questi giorni due piccoli obiettivi: centomila complessive pageviews italiane, e mille follower su facebook. Risultati modesti rispetto ai numeri che si totalizzano in rete, ma una soddisfazione per una rivista online come la nostra, incentrata su argomenti certo non facili come la poesia, la letteratura, le arti in genere.

Come sempre mi piace celebrare ironicamente questi piccoli traguardi aggiungendo due righe alla mitologia del nostro eroe eponimo, il gigante quattrocentesco Margutte inventato dal genio di Luigi Pulci, uno dei padri nobili – tra i più dimenticati – del nostro Rinascimento.

Alla nascita della rivista avevo presentato il nostro eroe qui; accennando poi in altri scritti come da lui fosse derivato nel ’500 il gigante della letteratura rinascimentale francese, il Gargantua di quel Francois Rabelais amante della cabalistica come il nostro Marco Roascio (anagrammava il proprio nome in Alfricobas Nasier) che soggiornò anche a Torino che fu la città che più mediò in modo diretto le esperienze del rinascimento italiano nella sua scrittura.

Nel ’600 (ma questo è forse un certo nazionalismo d’antan a sostenerlo) dal Margutte deriverebbe quel Falstaff shakespeariano che tanto piaceva alla regina Elisabetta, che costrinse il bardo a farne il suo unico personaggio ricorrente.

Nel ’700 è Voltaire a riprendere il Margutte per i suoi caustici ragionamenti anticlericali, come ho scritto qui; e se Margutte ha influenzato Shakespeare, c’è spazio anche per un Margutte gotico-romantico nell’800, certo presente ad esempio nella storia letteraria del De Sanctis che forgia la nostra letteratura, e che però lo relega ai margini del suo nascente canone italiano (vedi qui).

Nel ’900 sarà nom de plume per vari autori che si riconoscono nella sua perfida malizia, nella satira o nella letteratura per l’infanzia (vedi qui), e nel nuovo millennio, forse, questa rivista ne è una celebrazione minore ma sentita, anche se a volte lontana dalla sua poesia burlesca e divertita, toccando com’è giusto tutte le corde della lira.

Nel 2015 però abbiamo avuto un nuovo cenno importante dell’influenza indiretta del meme culturale creato da Margutte. Influenza davvero notevole, e davvero indiretta: “Interstellar”, l’ultimo film del maggiore regista emergente sulla scena internazionale, Christopher Nolan, ha al suo centro un buco nero che prende il nome di Gargantua.

Non intendo svelare troppo della trama, perché il film è davvero notevole e rivaleggia – con una certa innegabile hybris – con i temi del 2001 di Kubrick (1968). La pretesa sembra quella di fare un film che funzioni sia sotto il profilo simbolico, come quello kubrickiano, sia quello dell’intrattenimento per il grande pubblico, sia sotto il profilo dell’hard science fiction. Il buco nero protagonista deve il suo nome alla caratteristica divoratrice dei buchi neri, stelle collassate su sé stesse a certe condizioni che attraggono perfino la luce, deformando il continuum spazio-temporale. Gargantua ne è una perfetta espressione: voracissimo gigante rinascimentale come Margutte, come questi eleva un canto in onore del Deus Gaster, il Dio Ventre opposto agli inutili valori religiosi. L’influsso di questa scelta singolare per il nome magari deriva anche dal concetto di Stelle Giganti, da cui per affinità si è ricavato il nome di un gigante per una stella collassata in blackhole; ma il parallelo è azzeccatissimo.

Verso i protagonisti il Gargantua stellare non è vorace quindi tanto di materia, ma – in molti sensi – di tempo; fino a produrre inevitabili paradossi (fin dall’inizio, il dubbio non è se si produrranno tali paradossi, dato il genere; è il come, che lasciamo aperto).

Insomma con Interstellar il regista pare aver realizzato il suo capolavoro. Non tanto perché non possa creare altre opere magari ancora più riuscite artisticamente, ma perché questo film si lega, direi consapevolmente, al suo autore anche sotto un profilo simbolico.

Christopher Nolan è un nome indubbiamente significativo, il Nolano portatore di Cristo, termine che non può non rimandare a Giordano Bruno, l’eretico domenicano di Nola arso sul rogo per aver sostenuto non solo l’eliocentrismo, ma l’infinito universo e mondi. “Portatore di Cristo” in quanto portatore di una nuova messianica verità a venire, da lui conciliata col cristianesimo e col platonismo; ma anche nel nome, Giordano, che rimanda al fiume che battezzò Cristo stesso, e anticipatore di un altro Galileo, che completerà la rivelazione eliocentrica.

Nel film il parallelo è voluto: i protagonisti, padre e figlia, sono eroi della conoscenza scientifica che predicano le possibilità della relatività ultra-einsteniana a una NASA costretta alla clandestinità, di fronte al montante antiscientismo che si accompagna alla definitiva crisi ecologica, in una profezia che si rivela inquietante perché credibile: la contrapposizione tra una ristretta élite (nel senso meritocratico del termine) che si avvicina a una singolarità di conoscenza scientifica mai toccata prima, circondata da una massa che, proprio grazie a una tecnologia che non capisce e con cui ha un rapporto magico, ripiomba sempre più nelle tenebre della superstizione, tra creazionismo e complottismi assortiti.

Nel film, i protagonisti riusciranno ad essere dei messianici salvatori scientifici della Terra, naturalmente (siamo pur sempre in un kolossal hollywoodiano), proprio sfruttando la voracità temporale di Gargantua stesso. Ma certo sulle colonie spaziali non si salvano tutti: solo i proverbiali pochi eletti, scelti tra il meglio della civiltà scientifica.

Questi in sintesi i punti di rilevanza del film, nella produzione di Nolan e non solo. Ma molti altri hanno analizzato meglio Interstellar: qui mi premeva solo sottolinearne l’importanza, e la connessione con quel potente meme culturale del gigante irridente e colto, creato da Margutte, eternato da Gargantua; e anche la sua connessione col tema della rivoluzione scientifica e dell’illuminismo non è forse così casuale. Funzionava anche con Margutte, sotto questo profilo: magari, in una realtà parallela molto, molto simile alla nostra, il buco nero del film ha questo nome.

Perché se Interstellar ci ricorda che la nostra libreria ci invia messaggi da un tempo lontano, i Margutte e Gargantua classici ci ricordano che noi siamo nani sulle spalle di giganti: dobbiamo tutto ai grandissimi del passato, ma ergendoci su di loro, possiamo scrutare ancor più lontano sull’orizzonte.