Storie d’amore e di lotta alla mafia

Pippo Pollina, un cantautore siciliano sulle strade d’Europa.

Ti Vogghiu Beni
(Testo e Musica di Pippo Pollina – Voce: Pippo Pollina e Etta Scollo)

Ti vogghiu beni comu un ciuri u so jardinu
che quannu chiovi l’aria è tisa e frisca di ventu nn’arricria.
Ti vogghiu beni e lu cantu da sira o matinu
ca ti viju e mi chianci u cori amuri granni armuzza mia.
Ti vogghiu beni puru ca nun ti nn’adduni
troppi i figghi i nutricari u tempu nun t’abbasta mai.
U sacciu ca lu ciumi è siccu no vadduni
tarda l’autunnu tarda l’invernu vacanti a spiga dintra i granai.
Ti ricordi di quann’era picciriddu
e a nisciuta di la scola u ventu forti nn’ inncuntrava
e comu n’aceddu nni vulava lu cappeddu
e nuatri appressu chi risati e lu pitittu nni manciava.
Ti vogghiu beni comu a musica u spartitu
comu un quatru u so pitturi u tempu la fotografia
chi lu imprigiona comu u sbirru lu banditu
e come era nn’arricorda nu surrisu na malinconia.
Ti vogghiu beni puru ca semu luntani
puru ca nun ti ricordi li me occhi lu me nnomi.
Ti vogghiu beni comu un mutu li so mani
comu a terra la so zappa comu un ciecu lu so bastuni.
E ora chi ogni tantu vegnu d’ammucciuni
ti taliu e supra na petra iu m’assettu.
La to peddi un ciavuru di mandarini
chi ssi bedda tu lu sai ca mi strinci tuttu u pettu.
E ora chi ogni tantu vegnu d’ammucciuni
chi lu mari chiama e ragiuni nun senti.
Ti pirdunu terra mia nun t`abbandunu
ca lu coru t’apparteni ora e sempri.

Traduzione:
Ti voglio bene come un fiore il suo giardino
che quando piove l’aria è tesa e fresca di vento ci ristora.
Ti voglio bene e lo canto da sera al mattino
che ti vedo e mi piange il cuore
amore grande
piccola anima mia.

Ti voglio bene anche se non te ne accorgi
troppi i figli da accudire
il tempo non ti basta mai.
Lo so che il fiume è secco nel vallone
Tarda l’autunno, tarda l’inverno,
vuota la spiga dentro i granai.

Ti ricordi di quand’ero bambino
e all’uscita della scuola il vento forte ci incontrava
e come un uccello volava il cappello
e noi dietro, che risate e l’appetito ci mangiava.

Ti voglio bene come la musica lo spartito
come un quadro il suo pittore, il tempo la fotografia
che l’ imprigiona come la guardia, il bandito
e come era ci ricorda un sorriso, una malinconia.

Ti voglio bene anche se siamo lontani
anche se non ti ricordi i miei occhi, il mio nome.
Ti voglio bene come un muto le sue mani
come la terra la sua zappa
come un cieco il suo bastone.

E ora che ogni tanto vengo di nascosto
ti guardo e sopra una pietra mi siedo.
La tua pelle un profumo di mandarini
Che sei bella tu lo sai che mi si stringe tutto il petto.

E ora che ogni tanto vengo di nascosto
Che il mare chiama e non sente ragioni
Ti perdono terra mia, non ti abbandono
Che il cuore ti appartiene ora e sempre.

melograni

Laddove Crescevano I Melograni

Laddove crescevano i melograni c’era un profumo di erba bagnata
la primavera girava in carrozza e l’afa non era ancora arrivata.
E ci bastavano venti lire per rimediare un cono gelato
guadagnato nei pomeriggi a dissetare l’orto e il roseto.
Laddove crescevano i melograni ricordo ancora il posto segreto
dal quale spiavo gli operai cantare la pausa accanto a un roveto.
E deponevano oli e formaggi su una tovaglia fresca di lino
e la fragranza riempiva le mani fra le formiche e un bicchiere di vino.
E mi dicevo corri ragazzo che verrà giorno sarai come loro
e costruirci una casetta sarà in fondo come trovare un tesoro…
Laddove crescevano i melograni l’estate era una palla di fuoco
lo sguardo ingenuo delle ragazze stava cambiando poco a poco
e le osservavo senza capire il gioco suadente del sorriso
che ricamavano su quella bocca alito dolce di fiordaliso.
Laddove crescevano i melograni d’autunno con la tramontana
a portar da mangiare ai cani a digiuno da una settimana
che’ all’uscita di scuola le facce mai viste prima di certa gente
che ci parlavan di pane e giustizia di lotta di classe di rabbia crescente.
E mi dicevo corri ragazzo che verrà un giorno sarai come loro
la rivoluzione che ci aspetta sarà in fondo come trovare un tesoro.
Laddove crescevano i melograni cadeva la neve di tanto in tanto
mentre i coltelli sporchi di sangue volavano come frecce nel vento.
Crollavano tutti come birilli attori prima dell’abbandono
lo stato in cravatta al funerale e un attimo prima a firmare il condono.
Laddove crescevano i melograni di rado arrivava il carnevale
mentre il corteo sfilava grasso brindavan la morte di ogni ideale
ed un trionfo di ballerine e di energumeni tatuati
Milano da bere e Roma da amare felici contenti e addormentati.
E mi dicevo corri ragazzo prima che il germe della vergogna
possa vincere il tuo disprezzo possa ubriacarti come una spugna
e mi dicevo corri fai in fretta prima che uccidano la fantasia
con una scatola usa e getta con un controllo di polizia.
Laddove crescevano i melograni ci torno ogni tanto di nascosto
a piangere l’uomo che non sono stato ad assaporare l’odore del mosto.
E sulle orme della sconfitta trovo un ritratto che mi appartiene
io non vi ho mai lasciato davvero tra i libri di scuola ali e catene.
E mi dico corri ragazzo arriverà il tempo dove ogni cosa
avrà il posto che gli compete e una rosa è una rosa è una rosa
e mi dico non ti fermare che questo viaggio che ti consola
ti accarezza come una madre come la scia di una lacrima sola.

E se ognuno fa qualcosa

Chi è lei che ha sfiorato il sagrato con pane e coraggio
con sguardo lontano?
Chi è lei che ha baciato il suo giuda lo ha guardato negli occhi, gli ha tenuto la mano?
Chi è lei senza spada e divisa a scortare la notte
spergiura e indifesa?
Chi è lei?
Ce lo dica Don Pino ché di eroi abbiam bisogno
per capire il mattino.
Chi è lei che ha raccolto speranze nell’oscuro confine
tra nascita e addio?
Chi è lei ostinato a cantare un inno alla vita
ai senza voce ai senza dio?
Chi è lei che ha saziato di gioia ogni fame ogni sete
ogni dolore ogni noia?
Chi è lei?
Ma ce lo dica Don Pino ché di eroi ci nutriamo
per riempire quel vuoto quel niente che siamo.
Chi è lei che ha sfidato i potenti col sorriso dei giusti
col coraggio dei matti?
Chi è lei che il suo tempo era un dono
e il suo corpo un ricordo stoffa di bandiera?
Chi è lei le parole di vento che spiravano forte
anche quando non c’era?
Chi è lei?
Ma chi e lei che ha capito il segreto che nasconde
lo sguardo innocente del mondo?
Chi è lei che ha sentito un afflato venire dal basso
dal fondo del fondo?
Chi è lei,quell’impavido gesto lo sberleffo alla morte
quello sguardo intravisto?
Chi è lei?
Ma ce lo dica Don Pino che di eroi abbiam bisogno…
Ma chi è lei?
Ce lo dica Don Pino che di eroi ci nutriamo
per riempire quel vuoto, quel niente che siamo.

Dedicata a Don Pino Puglisi (1937-1993)

19 Luglio 1992

Il vento si dileguava in un girotondo di foglie,
l’asfalto era una lama di sole, lucido come un presagio nero.
Era l’ora del riposo, invero…
La città si truccava allo specchio chi brindava alla gioventù,
chi senza saperlo era già vecchio era già vecchio, chi guardava alla tivù
la tavola di Ginevra e del Re Artù…
Io e la mia compagna più cara lisciavamo il pelo alla storia
giocandoci a dadi la memoria.
Io e la mia ammirevole amica
sul carro della nostalgia
trionfale come la vita
beffarda come la vita…
Tobia il canarino giallo sopravvissuto ai nubifragi,
come migliaia di disperati celebrava il ritorno dei re Magi,
sulla terrazza assolata
dormi Panormo amata.
Altri cercavano l’oro per nascondere la paura
chi sapeva attendeva in silenzio il botto dell’ultima congiura
e dell’ultima ora l’ultima avventura.
Poi d’improvviso una nube, come un lampo di finestrino,
esplose in un rombo di tuono e furono bucce di mattino.
Noi non conosciamo Italie e non vogliamo più vedere
la lunga coda di paglia gli schiavi del potere.
I messaggeri dell’indignazione arrivarono quasi subito
a cavallo delle cineprese per non sporcarsi i pantaloni,
invocando nomi e cognomi, cognomi e nomi
passò qualche cane a pisciare sui resti delle macerie
le signore della televisione andarono in fretta dal parrucchiere
ad aggiustarsi il grugno e le rughe del sedere.
E sbocciarono fiori tristi sui prati muti della speranza,
vennero frotte di turisti a cercare la morte in vacanza.
Quel giorno scomparvero in tanti sulle ali della rivolta
quel giorno volaron le rondini per l’ultima volta.
Io e la mia compagna più cara cercavamo nell’ombra il cammino
Che conduce dove regna il silenzio, il gioco della vita e del destino.

Tributo al Sacrificio di Paolo Borsellino e dei suoi Angeli

Biografia di Pippo Pollina

http://www.pippopollina.com/

Che guevara