Beauwindow, Dietro alle cassiere

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PATRIZIA GHIGLIONE

Dietro alle cassiere, ci sono donne, in particolare. Si va dall’ex-operaia, che ha fatto un salto di qualità e si è liberata della catena di montaggio, alle donne che hanno sempre fatto questo lavoro, cominciando in giovanissima età; una scelta o un obbligo, lì si sono trovate. Poi c’è chi ha dietro di sé esperienze di studio ed è approdato, chissà come, a questi lidi. Per necessità, magari, in vista di un miglioramento. C’è gente come S., che si è laureata in teatro classico; voleva fare l’attrice, poi si è ritrovata, incinta e sola, a dover accettare il primo lavoro utile. Oggi è stata promossa a tempo indeterminato ed è mamma di una bimba. Ci sono educatrici, a cui è capitata la… cassiera.

In effetti, è un lavoro immediato, disponibile; un lavoro presente e concreto, che relega tutte le aspirazioni al piano del sogno.

Cassiere si diventa così: porti il curriculum, ti convocano e ti chiedono se hai preferenze sul lavoro da svolgere. Puoi scegliere tra il magazzino, l’organizzazione degli scaffali, i banchi di vendita diretta. Se non le esprimi e sei una donna, ti destinano al ruolo di cassiera. Il colloquio è il classico colloquio, pieno di domande imbarazzanti; infine, si arriva al sodo: “Ti senti in grado di dare il resto?”. Con una risposta affermativa ti aggiudichi il posto.

In genere, ormai, ottieni contratti a tempo determinato della durata di un mese, due quando sei fortunata. Se l’opportunità si ripete e sei riconvocata, ci scappa la pizza di festeggiamento, con le colleghe più intime, per brindare insieme e festeggiare la buona sorte che ti è capitata. Oggi come oggi si onorano i traguardi minimi, un contratto garantito per sei mesi, un passaggio temporaneo di ruolo.

Poi parti, ti metti in azione e ti butti nella bolgia più totale. Nella pratica quotidiana, la sensazione è di sfruttamento: come se si volesse spremere, nel breve tempo di durata del contratto, tutta la possibile energia vitale dell’assunto. Le venti ore di assunzione diventano improvvisamente più di trenta, la loro distribuzione nella giornata è particolarmente irrazionale. L’orario viene comunicato nelle ventiquattrore precedenti e può variare dalle tre alle dieci ore consecutive, talvolta viene anche modificato in corso d’opera. La tua vita, in quel periodo, perde importanza: non ci sono esigenze o priorità che valgano, hai trovato un lavoro e te lo vuoi finalmente godere per quel poco che dura, al diavolo tutto il resto.

La cassiera, d’altra parte, è una figura importante, all’interno di un supermercato: è colei che, insieme a pochi altri, svolge una mansione che si potrebbe addirittura definire di concetto. E di questo, man mano, si diventa consapevoli; difendendo con le unghie e coi denti il proprio privilegio. Benché momentaneo.

Io, per esempio, credo che, dopo una simile esperienza, non riuscirei più a rinunciare ad un incarico tanto gratificante. Certo, preferirei accordarlo con i miei sogni: sto infatti accarezzando l’idea di trovare un posto da cassiera in una qualche sperduta isola dell’arcipelago toscano; un luogo dove possa dedicarmi, nel tempo libero, al mio hobby preferito, quello per cui ho studiato parecchi anni: l’ hobby di biologa e studiosa della fauna marina, intendo.