I volti di Lucca

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GIANCARLO BARONI

Percorrere gli oltre quattro chilometri di viali alberati sulle intatte mura di Lucca, camminando oppure pedalando lentamente e intanto guardandosi attorno, è un’esperienza che  bisogna provare. Se giriamo lo sguardo verso l’esterno vediamo scorci di mura e di bastioni, prati e file di alberi, vialoni; se invece dirigiamo lo sguardo verso l’interno ammiriamo distintamente e a distanza ravvicinata chiese, campanili, piazze, palazzi, giardini; il centro storico è lì, quasi a portata di mano, facilmente raggiungibile e visitabile, custodito come in uno scrigno. Le mura hanno svolto una funzione deterrente e dissuasiva, hanno contribuito a evitare che l’immagine di Lucca venisse violata.

Colonia latina (dell’Anfiteatro romano resta traccia nella forma ellittica dell’omonima Piazza), Comune, Signoria prima con Castruccio Castracani e poi con Paolo Guinigi, per lungo tempo Repubblica e, con Elisa Bonaparte, Principato. Periodo d’oro della città fu quello medioevale; parte delle ricchezze lucchesi proveniva dalla lussuosa lavorazione serica (in “Lucca una città di seta”, Maria Ludovica Rosati scrive: “Già dal Medioevo un’intera città aveva plasmato buona parte della sua fortuna sulla seta”) e dai commerci anche internazionali (uno dei suoi mercanti, che abitava e lavorava a Bruges, fu immortalato da Jan van Eyck nel capolavoro “I coniugi Arnolfini”).

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Di residenze signorili a Lucca ce ne sono diverse (dal medioevale palazzo Guinigi, affiancato dalla caratteristica torre con la cima alberata, a Palazzo Mansi sede del Museo Nazionale, a quello Ducale affacciato su piazza Napoleone…) e maggiormente abbondano le ville (sia quelle urbane sia principalmente quelle del contado, disseminate nel verde delle colline, con boschetti, parchi, giardini, architetture arboree, fontane, grotte, statue). Sono però le chiese, gli edifici sacri, a primeggiare in numero e splendore.

La cattedrale di San Martino fu consacrata nel 1070, alla presenza di Matilde di Canossa; i lavori che maggiormente influirono sul suo aspetto furono quelli due-trecenteschi. La facciata, ornata e decorata con eleganza, benché asimmetrica risulta particolarmente armoniosa. Di fianco all’arcata più piccola, quella di destra, la copia del gruppo statuario dell’ “Elemosina di san Martino” (l’originale sta all’interno della chiesa) immortala il santo a cavallo mentre taglia con la spada il mantello per donarlo cristianamente al povero. Dentro altri tesori ci attendono e due visi in particolare si stampano nella nostra memoria: quello di Ilaria del Carretto e quello del Volto Santo. A inizi ‘400 Jacopo della Quercia scolpì il sarcofago dove Ilaria, moglie del Signore di Lucca Paolo Guinigi, deceduta ventiseienne nel 1405, oppone la sua serena bellezza alle aggressioni e alle ingiurie del tempo. Custodito in un tempietto ottagonale di fine Quattrocento, il grande crocifisso ligneo noto come il “Volto Santo” accoglie i pellegrini che da secoli vengono a visitarlo. Gli occhi spalancati, il corpo senza segni di martirio e di sofferenza: un Cristo che trionfa senza enfasi sulla morte. Una leggenda racconta che Nicodemo, presente alla Deposizione di Cristo, lo scolpì su ispirazione divina. Messo su una barca e affidato senza equipaggio al mare, il crocifisso arrivò finalmente a Luni e in seguito, trainato da una coppia di torelli, a Lucca. Prodigi e miracoli lo resero celebre e degno di preghiere, tanto che la sua fama si estese ben oltre i confini cittadini e contribuì a fare di Lucca una tappa fondamentale della via Francigena, luogo non di transito ma di sosta.

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La basilica di San Frediano, ricostruita nel XII secolo, mostra nella parte superiore della facciata un esteso mosaico bizantineggiante del Duecento. Si crede sia stato il vescovo Frediano, vissuto nel VI secolo, a fondare la chiesa primitiva. In una cappella interna, affrescata a inizi Cinquecento da Amico Aspertini, una scena raffigura la traslazione da Luni a Lucca del Volto Santo e un’altra illustra il miracolo di san Frediano mentre, con un semplice rastrello, devia il corso del fiume Serchio per arginarlo e incanalarlo. Sulla sommità della chiesa di San Michele, che sorge nella zona dove anticamente si trovava il Foro romano, svetta protettiva e vittoriosa la statua dell’Arcangelo, con le voluminose e imponenti ali spalancate, la lancia conficcata nelle fauci del drago simbolo del male.

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I volti di Lucca

Vesto di panni il mondo
di marmi queste cento chiese
come una Cina dell’occidente

i re si contendono la mia seta
ma contro le mura s’infrangono
le fiamme dei draghi e delle bombe.

Apro le porte soltanto ai pellegrini
- in cattedrale, davanti al Volto Santo,
si fermano a pregare.

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Le fotografie sono di Giancarlo Baroni.
Uscito su Pioggia Obliqua, Scritture d’arte.