Orfeo e Calais

Orfeo ucciso dalle baccanti, stamnos a figure rosse, V secolo a.C., Parigi, Louvre (Wikimedia Commons)

Orfeo ucciso dalle baccanti, stamnos a figure rosse, V secolo a.C., Parigi, Louvre (Wikimedia Commons)

FANOCLE

O come il figlio di Eagro, Orfeo dalla Tracia
amava profondamente Calais, il rampollo di Borea,
e quando poteva sedeva nelle selve cantando
la passione che non concedeva respiro al suo cuore,
ma gli bruciava l’animo togliendogli il sonno
e consumandolo quando posava gli occhi sul bel Calais.

Ed ecco che le crudeli Bistonidi gli si strinsero intorno
con le spade fatali che avevano affilato e l’uccisero,
perché per primo aveva rivelato ai Traci l’amore
fra maschi, mentre non apprezzava l’amore delle donne.

Con le lame di bronzo gli mozzarono il capo
che scagliarono nelle traci acque salmastre
inchiodato alla lira, perché l’uno e l’altra
si portasse via il mare, immersi nel chiarore delle onde.

Quindi il mare canuto li sospinse fino alla divina Lesbo
e musica simile a quella della lira incantevole
emanarono il mare, le isole e le spiagge, dove la testa
poetica di Orfeo gli uomini seppellirono.

E sulla tomba posero la virtuosa lira che inteneriva
anche i sassi insensibili e le spietate acque di Forco.

Da allora il canto e la meravigliosa arte lirica
regnano sull’isola, che è piena di armonia come nessun’altra
e quando ai bellicosi Traci giunse notizia dell’atrocità
commessa dalle loro donne, li afflisse un dolore enorme,
tanto che le marchiarono, affinché portassero un segno
nelle carni e non perdessero mai memoria del loro crimine.

E le donne pagano il prezzo del martirio di Orfeo
ancora adesso, a causa di quel delitto.

Traduzione inedita di Roberto Malini. Qui sotto si trova l’originale, da https://livingpoets.dur.ac.uk/w/Phanocles,_fragment_1_Powell

Ἢ ὡς Οἰάγροιο πάϊς Θρηΐκιος Ὀρφεὺς
ἐκ θυμοῦ Κάλαϊν στέρξε Βορηϊάδην,
πολλάκι δὲ σκιεροῖσιν ἐν ἄλσεσιν ἕζετ᾿ ἀείδων
ὃν πόθον, οὐδ᾿ ἦν οἱ θυμὸς ἐν ἡσυχίηι,
ἀλλ᾿ αἰεί μιν ἄγρυπνοι ὑπὸ ψυχῆι μελεδῶναι 5
ἔτρυχον, θαλερὸν δερκομένου Κάλαϊν.
Τὸν μὲν Βιστονίδες κακομήχανοι ἀμφιχυθεῖσαι
ἔκτανον, εὐήκη φάσγανα θηξάμεναι,
οὕνεκα πρῶτος ἔδειξεν ἐνὶ Θρῄκεσσιν ἔρωτας
ἄρρενας, οὐδὲ πόθους ἤινεσε θηλυτέρων. 10
Τοῦ δ᾿ ἀπὸ μὲν κεφαλὴν χαλκῶι τάμον, αὐτίκα δ᾿ αὐτὴν
εἰς ἅλα Θρηϊκίηι ῥῖψαν ὁμοῦ χέλυϊ
ἥλῳ καρτύνασαι, ἵν᾿ ἐμφορέοιντο θαλάσσηι
ἄμφω ἅμα, γλαυκοῖς τεγγόμεναι ῥοθίοις.
Τὰς δ᾿ ἱερῆι Λέσβωι πολιὴ ἐπέκελσε θάλασσα· 15
……………………………………………
ἠχὴ δ᾿ ὣς λιγυρῆς πόντον ἐπέσχε λύρης,
νήσους τ᾿ αἰγιαλούς θ᾿ ἁλιμυρέας, ἔνθα λίγειαν
ἀνέρες Ὀρφείην ἐκτέρισαν κεφαλήν,
ἐν δὲ χέλυν τύμβωι λιγυρὴν θέσαν, ἣ καὶ ἀναύδους
πέτρας καὶ Φόρκου στυγνὸν ἔπειθεν ὕδωρ. 20
Ἐκ κείνου μολπαί τε καὶ ἱμερτὴ κιθαριστὺς
νῆσον ἔχει, πασέων δ᾿ ἐστὶν ἀοιδοτάτη.
Θρῇκες δ᾿ ὡς ἐδάησαν ἀρήϊοι ἔργα γυναικῶν
ἄγρια, καὶ πάντας δεινὸν ἐσῆλθεν ἄχος,
ἃς ἀλόχους ἔστιζον, ἵν᾿ ἐν χροῒ σήματ᾿ ἔχουσαι 25
κυάνεα στυγεροῦ μὴ λελάθοιντο φόνου·
ποινὰς δ᾿ Ὀρφῆϊ κταμένῳ τίνουσι γυναῖκες
εἰσέτι νῦν κείνης εἵνεκεν ἀμπλακίης.

La mitologia greca racconta le molte qualità di Orfeo, che si distinse per eroismo quando prese parte alla spedizione degli Argonauti e per sapienza mistica, tanto che Dioniso ne fece il suo sacerdote, affidandogli i culti bacchici. Orfeo raggiunse inoltre l’eccellenza nell’arte poetica e accompagnandosi con la lira, che simboleggia l’anima, riusciva a commuovere non solo gli esseri umani, ma anche gli animali, le piante e la materia apparentemente inerte. Ebbe il privilegio di compiere la katàbasis (discesa agli inferi), per riportare al mondo la defunta sposa Euridice. La sua morte è drammatica e vede il sublime cantore sbranato dalle baccanti della Tracia, colpevole di aver rinunciato all’amore e alle sacre orge dopo la morte della sua compagna o – in altre versioni del mito – per aver preferito il culto di Apollo a quello dionisiaco. Nel misticismo orfico la morte di Orfeo rappresenta la purificazione dell’anima dalla materia, necessaria per un ritorno alla luce divina. Nel presente frammento di elegia (fr. 1 Powell), che faceva parte del Catalogo degli amori, il poeta ellenistico Fanocle (III secolo a.C.) riporta una diversa variante della leggenda e attribuisce al poeta la scoperta e la rivelazione agli uomini delle gioie degli amori omosessuali. L’elegia fa parte del genere poetico detto Áition, il cui fine è quello di spiegare un evento naturale, un mito o una tradizione religiosa. Nel nostro caso illustra il costume tracio di marchiare le donne e il grande amore per la musica che era universalmente riconosciuto agli abitanti dell’isola di Lesbo.

(A cura di Roberto Malini)

Roberto Malini su Margutte:
La poesia come canto di libertà
Fortunati coloro che possono vivere sulla terra