Una sedia in mezzo al bosco (e non sapere qual è quella di Paul)

 

MICHELE GHIBAUDO

Toh, una sedia in mezzo al bosco, non viene da chiederti se è lei che è in mezzo al bosco o se è il bosco intorno a lei? È una questione di proporzioni o di classe sociale o di posizione all‘interno del direttivo d’identità universale? Per molti una sedia in mezzo al bosco vuol dire saltare sulle foglie secche dall’alto, ma non troppo, sentire lo scrr delle foglie sotto i palmi. Per alcuni è salire verso l’alto, ma non troppo, e guardare oltre la prima collina, per altri è un esperimento, per altri ancora è un rifugio per le biglie, per qualche altro stretching per allungare il bicipite femorale e il deltoide, sollievo. C’è chi la userebbe come tetto, chi come pavimento. Alcuni brutti ceffi so per certo che la utilizzerebbero come refurtiva, altri come ritrovamento fortunato in mezzo al bosco, altri ancora come immondizia lasciata da qualche maleducato. Alcuni individui, con visioni del contorno di se stesse geometriche, la vedrebbero come innovazione, altri come genialità che mai si era vista, ma soltanto se vista come la vedono loro. Certamente taluni penserebbero al bosco come a un salotto ma senza tavolo né sedie tranne una, tal altri ancora vedrebbero un corridoio, di una casa da ultimare, con una sedia comoda per i vestiti o ancora un pianerottolo con una sedia di troppo. Certi vi vedrebbero un abuso edilizio mancato ma comunque spudorato, altri un’opportunità. Conosco persone che la considererebbero come un posto comodo dove fumare, finalmente, altri ancora un insulto a chi vuole solo camminare. Sai che certa gente la vedrebbe come un furto? Non mi stupirei se qualcuno vedesse una sedia in mezzo al bosco come legna da ardere e nemmeno mi meraviglierei se la pensassero come legna sprecata o ben utilizzata: cosa c’è di meglio o di peggio di una bella sedia in legno? Per qualcuno sarebbe una sedia in mezzo al bosco, per qualcuno una persona. Per altri può rappresentare parole su carta o per sentito dire, al vento, per altri una leggenda. A certuno potrebbe ricordare chissà perché il setticlavio, a un altro una pausa. Per alcuni potrebbe rappresentare ciò che mancava loro, ne avevano soltanto tre o la trasformazione con vernici e sverniciatore, per cert’altri una spesa, per altri ancora shabby chic, per alcune déco, per altri rustico, tradizionale, découpage, per certe persone, ancora, desueto o della nonna, da riportare in fondo alla cantina. Qualcuno potrebbe appoggiarci i gomiti, altri le ginocchia, per immaginare di essere seduti, altri per pensare di poter, di grazia, stare seduti. Per qualcuno sarebbe un bersaglio, per qualcun altro non sapere come finire. Per uno magari è – come quella su cui bevevo il caffèllatte con quei biscottini che inzuppavo, non troppo dolci ma così dolci, dolci nel modo giusto -. Per certa gente è scriverlo sempre più piccolo o il pretesto per tergiversare. Per alcuni può essere la sedia dimenticata qualche anno prima o potreiprenderlamacomefaccioaportarlafinoallamacchina. Per qualcheduno potrebbe essere uno sgabello, per altri perfino una mela. Ci sarà qualcuno che non sa cosa sia e per certi le sedie di Vincent, di cui una per Paul; può rappresentare un posto dove appoggiare le chiappe. Per altri una comodità eccessiva, per alcuni una comodità, per alcuni altri deturpare il paesaggio o un in più che rende especial e per te una roba inutile o una questione universale. Per qualcuno una ripetizione unica o un’unica orripilante ripetizione. Per alcuni pensare- ecco dove l’avevo vista -, per altri – l’ha trovata – … Per uno può essere un albero. Per pochi può essere un bosco, per un altro un intralcio, per un dolorante una frattura del mignolo, per altri solo il male tremendo al mignolo ma senza frattura e per un tale una topia lasciata eccessivamente inselvatichire o toglietemi tutto ma non la mia sedia in mezzo al bosco. Per alcuni rappresenta la futura barchetta di Nicolò e per qualcheduno scrivere, per qualchedun altro un modo come un altro per scrivere all’infinito. Per molti una sedia in mezzo al bosco vuol dire saltare sulle foglie secche dall’alto ma non troppo, sentire lo scrr delle foglie sotto i palmi. Per alcuni è salire verso l’alto ma non troppo e guardare oltre la prima collina, per altri è un esperimento, per altri ancora è un rifugio per le biglie, per qualche altro stretching per allungare il bicipite femorale e deltoide, sollievo. C’è chi la userebbe come tetto, chi come pavimento. Alcuni brutti ceffi so per certo che la utilizzerebbero come refurtiva, altri come ritrovamento fortunato in mezzo al bosco, altri ancora come immondizia lasciata da qualche maleducato. Alcuni individui, con visioni del contorno di se stesse geometriche, la vedrebbero come innovazione, altri come genialità che mai si era vista, ma soltanto se vista come la vedono loro. Certamente taluni penserebbero al bosco come a un salotto ma senza tavolo né sedie tranne una …