Un modo di abitare

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EVA MAIO

Piccoli paesi baschi scostati un poco dal fruscio dell’oceano ci sorprendono con un bel sodalizio di nitore, vitalità e vigorosi segni dei millenni. Anche le chiese, quasi fortezze all’esterno, ci accolgono sobrie e vivide con i loro retable coloratissimi dietro l’altare e il caldo legno delle balconate tutt’intorno.
Si respira una calda familiarità coi morti: i piccoli cimiteri accostati alla chiesa sono nel bel mezzo della via principale.
Lì si fa cosmica ogni croce con quel finale tondo (lauburu) con dentro sobrio cesello di foglie o petali inclinati che richiamano il quattro dei punti cardinali, degli atavici elementi del cosmo e delle classiche province basche.

Un modo di abitare
in connubio gentile
di morti e vivi
lì dove chiesa e cimitero
di stessa pietra austera
nel mezzo del borgo
son mischiati
a vie e case
orti giardini passi voci
quotidiani affanni
lavoro saluti risa
e i colori della festa.
Lievi le soglie
tra il vivere e il morire
sotto un cielo chiaro
tra suoni di una banda di paese
e i nostri passi ad incontrare
grigie croci
arrotondate in cima
a fare da specchio al sole.
Arrotondate
a farsi fiore
con quattro petali
a rincorrersi
come le stagioni
e stare in cerchio insieme
che la plurima energia
di acqua terra fuoco aria pura
sostanzia il cosmo.
Così le tracce
di bene
lasciate da ogni umano
si raccolgono
in quell’incrocio di pietra
arrotondata
in alto
a fare della memoria
una corona.
Nessun cancello chiuso
e il transitare
in compagnia del tutto
-i millenni e l’oggi -
diventa cosa normale.

(Foto di Zita Giraudo)