La bacchetta di Selina

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GABRIELLA VERGARI.
Tanto tempo fa, in un paese lontano lontano viveva una giovane, bellissima fata, con i capelli a boccoli e gli occhi lucenti.
Abitava in uno splendido palazzo tutto d’oro, con tante pietre preziose incastonate così che il sole le colpisse colorandole ora di rosa all’alba, ora di ocra a mezzogiorno, ora di rosso al tramonto e di violetto la sera.
Selina, questo era il suo nome, amava correre per i verdissimi prati della sua reggia, giocava tutto il tempo con le sorelline e i fratellini, cantava a gara con gli uccellini, si tuffava nel laghetto dalle acque cristalline per nuotare con i mille pesciolini che le guizzavano accanto e, insomma, conduceva proprio una vita allegra e spensierata.
Ma un bel giorno, non si sa come, si svegliò tutta imbronciata e si disse: «Uffa, che noia!»
Gli amici la invitavano ad andare con loro, ma all’improvviso lei non ne aveva più voglia. I pesciolini guizzavano sperando che li raggiungesse per la nuotatina abituale, ma lei niente, era come se non li vedesse. Gli uccellini cinguettavano a più non posso, ma Selina pareva aver perso la voce.
«Che mi sta succedendo?» si chiese, un po’perplessa anche lei, per questa nuova situazione.
«Mi sa che devo cambiare aria», pensò alla fine. «Se non lascerò questo mondo che conosco, non saprò quello che c’è altrove e non potrò nemmeno conoscere me stessa e le mie doti, né saprò mai quel che valgo.»
Detto fatto, prese una valigia, la più grande che ci fosse, e la riempì dei vestiti che le piacevano di più, dei ricordi più cari, di un paio di pigiami e del suo inseparabile bikini.
Poi aprì il cassetto dove teneva le bacchette magiche (ne aveva un’intera collezione) e restò a guardarle per un po’, indecisa. Se avesse portato con sé anche solo una bacchetta magica, non si sarebbe mai messa veramente alla prova. Ma se non l’avesse portata, non sapeva come se la sarebbe potuta cavare in un mondo che non conosceva affatto. Che fare? Non era certo una decisione facile, soprattutto per una fata. Alla fine optò per un piccolo compromesso. Prese la bacchetta magica preferita ma la ripose in fondo in fondo al suo bagaglio. «Così la potrò usare, ma solo in casi estremi.» si ripromise. Poi, salutati parenti, amici e animaletti, uscì dalla reggia per mettersi in viaggio.
«Mi raccomando… » la abbracciarono i fratellini, trattenendo qualche lacrima.
«Devi proprio andar via?» le cinguettarono, dispiaciutissimi, gli uccellini. E anche i pesciolini, che non potevano parlare, si affollarono ai bordi del laghetto per dimostrarle il loro affetto.
«State tranquilli.» li rassicurò Selina, mostrando in realtà più coraggio di quel che provasse. Ma la decisione era stata ormai presa e non sarebbe certo tornata indietro.
Cammina cammina, si accorse a un certo punto che la valigia cominciava a pesare. Questo non l’aveva messo in conto. «E ora che faccio?» si chiese. «Semplicissimo, ordinerò alla mia bacchetta magica che la valigia si porti da sola…» Aprì perciò la valigia, cercò affannosamente la bacchetta che aveva messo veramente in fondo, la impugnò tutta contenta, ma proprio mentre stava per agitarla pronunciando la formula magica, le venne il sospetto che forse quello non era un vero caso estremo. «Magari posso provare a proseguire un altro pochino», si esortò, con scarso entusiasmo ma con onestà verso se stessa, e riprese ad andare. Passo dopo passo, incontrò un villaggio, poi una città e poi ancora una campagna. Si guardò intorno. Era tutto diverso da quello che conosceva, però sentiva di dover continuare a cercare.
Intanto la valigia si era fatta di piombo.
«Ahi, ahi, ahi», si lamentò «Sono troppo stanca.» E tornò a cercare la sua bacchetta magica. Quando stava però per agitarla in aria, pronunciando la formula magica, si arrestò di nuovo. «Se non fosse nemmeno questo un caso estremo?» E proseguì.
Cominciava a sentire molta sete e anche un po’di fame. C’era un gran caldo. Che le era passato per la testa di lasciare il suo magnifico palazzo? A quest’ora i pesciolini la stavano aspettando per nuotare insieme e chissà quanto si stavano divertendo i fratellini. Era stata proprio una stupida a cominciare quel viaggio e quasi le venne da piangere. Si ricordò tuttavia che non conosceva niente del mondo e riprese il cammino.
Dopo dieci passi, la valigia divenne però insopportabile.
Delle due una, si disse, «O mi arrendo e torno da dove sono venuta o ricorro alla mia bacchetta. Dopotutto sono pur sempre una fata, e cos’è una fata, senza la sua magia?»
Pronunciò dunque la formula appropriata e si sentì subito bene. La valigia prese ad andare da sola e lei smise di colpo di provare quegli orribili fastidi che l’avevano quasi indotta a rinunciare.
«Potrò avere un’altra occasione per dimostrare quel che valgo», si sforzò di incoraggiarsi, per lottare con il senso di sconfitta che si sentiva crescere dentro. Fata o non fata, non ce l’aveva fatta da sola, questo Selina non riusciva a nasconderselo e le ispirava una sottile tristezza e tanta sfiducia in se stessa.
Ma la bacchetta, che era non a caso la preferita di Selina, sapeva far bene il suo mestiere e ben presto la condusse su una bellissima spiaggia, piena di vita e animazione.
C’erano bimbi di ogni età, musica, uomini, donne, persino cani, e tutti sembravano godersela un mondo. «Che bello!» esclamò Selina, chiedendosi se quel luogo potesse fare al caso suo.
Indossò perciò il suo bikini e si sdraiò sulla sabbia calda e dorata, cercando di abbronzarsi perbene e dimenticare per un po’ le sue vicende. Ma proprio mentre stava per rilassarsi a dovere, sentì un acutissimo grido. «Aiuto, aiuto!»
Aperti gli occhi e drizzatasi, Selina ebbe appena il tempo di notare l’accorrere di un gran flusso di persone verso la battigia. Una bambina stava annegando e sembrava troppo lontana. Senza por tempo in mezzo né pensarci due volte, Selina si slanciò in mezzo alle onde, nuotando velocissima come era solita fare. Riuscì in breve a raggiungere la piccina, cingendola saldamente con le braccia e la portò a riva in men che non si dica. Sembrava comunque troppo tardi. La bambina non dava segni di vita. Selina allora le si inginocchiò accanto e cominciò a massaggiarla e accarezzarla come meglio poteva, sussurrandole:« Non mollare, piccola, non mollare.»
Dopo quella che sembrò un’eternità la bambina aprì faticosamente gli occhi.
«Chi sei?» chiese. «Una fata», rispose Selina, troppo sollevata per riflettere sull’opportunità di dare quella risposta. «Una fata?» ripetè la bambina, sgranando gli occhi per lo stupore. «Ma che dici, non ti credo. E dov’è la tua bacchetta magica?»
Già, dov’era? Nell’emergenza Selina l’aveva completamente dimenticata. Non riusciva a crederlo. Non solo aveva salvato una bambina, ma l’aveva fatto basandosi sulle sue semplici forze.
Era sbalorditivo, né avrebbe mai immaginato di esserne capace. Si sentì pervadere da una grande gioia.
E aveva pure imparato una splendida lezione: non sono le bacchette magiche a fare una fata, ma il suo coraggio e la volontà di compiere il bene.
Abbracciò con slancio la bambina.
Poi riprese la valigia con la sua roba.
Era tempo di tornare a casa. Non si sarebbe più sentita annoiata: aveva trovato la sua strada.

 

(immagine di Franco Blandino)