Nella poesia di Marino Antonucci il fulgore delle piccole cose

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REMIGIO BERTOLINO.

Il libro L’albero trapiantato segna l’esordio folgorante di Marino Antonucci, dopo la ‘plaquette’ Amore solo amore del 1984, un titolo altamente connotativo ed emblematico. Esce nel 1987 nella prestigiosa collana di versi de L’Arciere: è una raccolta fondamentale per i futuri nodi e snodi tematici del poeta di Monastero. Già dal titolo appariva evidente, in analogia con l’albero della poesia eponima,  la condizione di emigrato, felicemente “trapiantato” nel monregalese, senza mai dimenticare le radici, il paese natio, Barrea in Abruzzo.

Nel 1994 vede la luce la raccolta A forti braccia, con una calorosa e intensa presentazione di Meco Boetti, amico e poeta lui stesso che scriveva: «La sua poesia è intimista, con reminiscenze dell’ultimo Montale, il Montale sentenzioso… I versi di Antonucci sono fatti di evocazioni, frammenti di memorie, dilatazioni di stati d’animo…»

Nel 2010 Marino Antonucci per i tipi delle Edizioni AdG dà alle stampe Unico desiderio amore, una scelta antologica dai libri precedenti, con una nutrita sezione di inediti. Ed ora questa nuova raccolta Piccola notizia, a sei anni di distanza dall’ultima pubblicazione, mi pare possa inserirsi nel solco delle precedenti  sia per la tematica sviluppata, sia per lo stile, ancor più conciso e scorciato.

Anche in questa ‘plaquette’ il titolo  già delinea la cifra poetica di Antonucci: quel suo indagare con una lente d’ingrandimento gli eventi minimi,  i fatti quotidiani,  quel suo soffermarsi incantato sugli oggetti di tutti i giorni, quel suo chinarsi sull’animo umano e captarne le sottili sfumature dei sentimenti. La “piccola notizia” non è altro che un fatto trascurabile, un nonnulla nel calderone di notizie che ci sommerge quotidianamente: nella vigna del paese è sbocciata una rosa, augurio di un buon raccolto.
Antonucci ci svela  microcosmi fatti di semplicità, di francescano amore per la vita, una intima e raccolta  dimensione di corrispondenze di affetti e di amorosi sensi. Tramite la parola poetica anche la realtà più banale levita a visione, a incantamento. Talvolta servendosi di una impalpabile punta di humour, d’un sottile gioco verbale riesce a scandagliare con un sorriso sensazioni, sentimenti, vissuti…

Il libro è scandito per sezioni tematiche: Piccola notizia, Il mio paese sono due, Versi dedicati e Versi per S.
La prima parte (quella che dà il titolo all’intera raccolta) è composta di poesie brevissime, a volte di soli due versi, che nella loro essenzialità, nella loro sintetica struttura, hanno una particolare intonazione ritmica, quasi un fraseggio musicale: la levità come leitmotiv.

   Saliremo la collina
   tra fiori di campo
   due parolette
   anche il suo vestito
   si gonfierà di vento.

La poesia sopraccitata è emblematica dello stile di Antonucci. L’argomento è semplice, terra terra,  un evento fatto di nulla: una passeggiata con l’amata. Ma nel finale, per forza di poesia, tutto viene trasfigurato, la realtà sfuma in un sogno delicato e misterioso.

Il nucleo centrale ruota attorno alla sequenza de Il mio paese sono due, dedicata ai due paesi dell’anima: Monastero e Barrea.  Cesare Pavese,  nel suo capolavoro «La luna e i falò», ha espresso in modo poetico e profondo la necessità di un legame ancestrale, il bisogno di sentirsi radicati in un luogo: «Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti.» Pure in questa sezione vi sono poesie di soli due versi che hanno talora l’intensità dell’haiku giapponese come accade in questa immagine:

   Sono i balconi fioriti
   gli occhi del mio paese!

Nella sezione Versi dedicati i testi si fanno più lunghi e il poeta riflette sul valore, sulla potenza delle parole, sulla creazione poetica:

   Da noi quando alla sera
   il cortile si fa una piazza
   e le parole stanno bene
   come in un libro,
   un poco ci si attarda
   come fa la luna tra i tetti.

La sezione finale Versi per S.  è una sorta di amorosa passeggiata tra bar, sale di conferenze, ristoranti, giardini, sagrati di chiese. Qui, come in altre occasioni,  il poeta ci dice che la poesia non è solo quella scritta dai poeti, ma pure quella vissuta da ogni uomo sulla terra,  istante per istante, lo svelarsi improvviso di un sentimento segreto,  di una bellezza nascosta tra le pieghe del quotidiano…

(MARINO ANTONUCCI, Piccola notizia, edizioni “Gli Spigolatori” 2017. La prefazione di Remigio Bertolino qui riprodotta è stata letta alla presentazione del volume  tenutasi a Mondovì il 21 aprile 2017)