Il Sanremo degli Anni Dieci

LORENZO BARBERIS

L’anno scorso avevo recensito Sanremo, forse sull’entusiasmo per la mia recente visita alla città.

Quest’anno magari scrivo anche due righe, ma prima facciamo il riassunto delle puntate precedenti. Non tutte, ovviamente, diciamo solo il Sanremo degli anni ’10 (che a dirlo suona deliziosamente passatista, come il festival, appunto).

Anche perché il festival che inizia la decade, il Sanremo 2010, è proprio un Festival da viaggio nel tempo. Teoricamente vince Valerio Scanu con “Per tutte le volte che…”, ma come ben sa ogni sanremologo esperto (o da bar) chi vince a Sanremo è solitamente irrilevante.

Il vero evento è il neo-nazionalismo sabaudo di “Italia Amore Mio” al secondo posto (Sanremo manca di coraggio perfino nel trash) con Emanuele Filiberto e Pupo – fece una comparsata anche l’allenatore Lippi, reduce ancora dai successi del 2006 e prima della debacle totale di quella estate – che cavalcavano una misteriosa onda neomonarchica.

Siamo agli ultimi sgoccioli del ventennio berlusconiano che si va spegnendo malamente tra processi e burlesques; da buon complottista mi domando se per caso il cavalier B. pensava a un piano B. vagamente monarchico o è tutto casuale. Comunque, da buon piemontese, il principe danzerino di “Ballando sotto le stelle”, uscito da un tarocco a basso costo di film Disney, mi ha sempre fatto simpatia.
Il testo è insalvabile, però, scritto dallo stesso principe (e si vede). Interessante solo come spaccato politologico di un revanscismo monarchico passivo-aggressivo, che la prende tra le righe e molto alla lontana.

“Io credo nella mia cultura e nella mia religione, 
per questo io non ho paura, di esprimere la mia opinione.”

Precisa il principe, con un blandissimo spirito crociato che contraddistingue il simbolo dinastico.

“Io sento battere più forte, il cuore di un’Italia sola,
che oggi più serenamente, si specchia in tutta la sua storia.”

In tutta la sua storia: appare evidente l’allusione alla storia dinastica dei Savoia, che dovrebbero presumibilmente essere reintegrati al trono (o più che altro alle enormi ricchezze che rivorrebbero indietro dallo stato italiano, con cui hanno un contenzioso).

Il controcanto di Pupo chiarisce il concetto:

“Tu non potevi ritornare pur non avendo fatto niente,
ma chi si può paragonare, a chi ha sofferto veramente”

Insomma, un peana ai poveri Savoia, i quali senza colpa alcuna (!) sono stati cacciati da un blasfemo referendum (manca un doveroso accenno al fatto che un paio di milioni di schede le abbiano falsificate gli americani, cavallo di battaglia dei monarchici da sempre).

Ma lasciando i monarchici ai loro sogni di gloria, finora inevasi, passiamo al Sanremo 2011.

Dopo due sanremi all’insegna della polemica, tra i Gay convertiti di Povia e Savoia alla riscossa, un sanremo più soft. La vittoria va a Vecchioni con “Chiamami ancora amore”, ma di questo festival voglio ricordare invece una canzone a fondo classifica, “Il mio secondo tempo” di Max Pezzali, che però in realtà consiglio più che altro per il video dei Manetti Bros (che sono la ragione che mi fa salvare qualcosa di Pezzali).

“Il mio secondo tempo” è sostanzialmente un piatto d’argento per servire ai Manetti tutte le citazioni cinematografiche dai poliziotteschi anni ’70 che costituiscono il video: una tarantinata ipermanierista dai film con Tomas Milian che non posso non amare. Abbastanza appiccicato, tra l’altro: l’unico spunto è il ritornello

“perché è il mio secondo tempo
e io voglio godermelo
perché io lo spero tanto che sia splendido”

Per il resto Pezzali abbandona la metafora cinematografica ed è puramente descrittivo della situazione di transizione che riguarda lui (e, più che altro, i suoi fan, che dovrebbero essere circa miei coetanei).

E poi era l’anno in cui compivo 35 anni, dantescamente “nel mezzo del cammin di nostra vita”: non potevo non sentirmi toccato dalla metafora, per quanto abusata (il video è ambientato proprio nel 1976, anni d’oro del poliziottesco filmico “alla Scerbanenco”).
Ma bando alle tristezze e passiamo a Sanremo 2012, che vede la vittoria di Emma Marrone con “Non è l’inferno”; dato che la fanciulla proviene da “Saranno Famosi”, si profetizza l’avvento di un “Sanremo dei Talent”, confermato con la vittoria, l’anno dopo, di Mengoni, uscito dall’X-Factor della RAI.

E forse Sanremo 2013, con la nuova ”vittoria dei Talent” di Mengoni e della sua L’essenziale è lievemente più interessante.

A me l’autore non dice granché, comunque la canzone ha almeno un Occhio Illuminato nascosto, e il testo ha qualche passaggio accettabile (“mentre il mondo cade a pezzi / io compongo nuovi spazi” non mi dispiaceva)

Sostengono gli eroi:
Se il gioco si fa duro, è da giocare;
beati loro poi
se scambiano le offese con il bene.

Succede anche a noi
di far la guerra e ambire poi alla pace
e nel silenzio mio
annullo ogni tuo singolo dolore
per apprezzare quello che
non ho saputo scegliere.

Mentre il mondo cade a pezzi
io compongo nuovi spazi e desideri che
appartengono anche a te
che da sempre sei per me
l’essenziale.

Per quest’anno ho anche una segnalazione personale: “Dr Jekyll / Mr Hyde” di Simona Molinari (che dico sempre che farò vedere in classe quando affronto il capolavoro di Stevenson, ma poi mi dimentico sempre). Può sembrare il solito riferimento al classico amante anaffettivo, ma c’è qualche passaggio interessante, come “Ti ho visto piangere / durante la cattura di un serpente” ci fa capire che minimo il l’amante della canzone è iscritto ai Serpeverde di Harry Potter.

Ma tu chi sei?
Tu che questa notte tornerai
e sulla mia bocca giurerai
voglio restare con te.

Ma tu chi sei?
Tu che al primo sole svanirai
e tra un mese telefonerai
di nuovo pazzo di me.

Ti ho visto ridere
di fronte alle disgrazie della gente
ti ho visto piangere
durante la cattura di un serpente.

Ma tu chi sei?
Tu probabilmente non lo sai,
come non sappiamo pure noi
di esser tutti mezzi matti:
un poco Dottor Jekyll,
a little Mister Hyde.

Ti ho visto ridere
davanti a un auto dopo un incidente
ti ho visto piangere
precipitevolissimevolmente.

Di Sanremo 2014 ricordo che avevo condiviso la vincitrice, Arisa, con il suo “Controvento”. Non una rivelazione, devo dire, ma Arisa a me è sempre piaciuta, con quell’aria decisamente weird fin dall’esordio in “Sincerità” (2009) dove si percepiva che la patina di normalità strapaesana evocata dal titolo era piuttosto ingannevole.

Io non credo nei miracoli,
meglio che ti liberi
meglio che ti guardi dentro

Questa vita lascia i lividi
questa mette i brividi
certe volte è più un combattimento

C’è quel vuoto che non sai,
che poi non dici mai,
che brucia nelle vene come se
Il mondo è contro te e tu non sai il perché,
lo so me lo ricordo bene

Per il Sanremo 2015 ho già detto di aver apprezzato Malika Ayane, solo terza classificata davanti a un duo più anonimo: l’italo-marocchina è anche il volto dell’integrazione possibile, nell’anno dell’ISIS. Il video in cui è legata e bersagliata di coltelli subliminalmente allude anche alla difficoltà del suo ruolo di prima popstar italica sospesa tra due mondi. “Adesso è qui, nostalgico presente”, il titolo della canzone, sembra un monito meta-musicale all’eterno immobilismo sanremese. Qui comunque la recensione completa, per chi fosse interessato.

*

E questo è quanto.
A breve, a questo punto, vedrò anche di aggiungere una recensione minima di questo Sanremo 2016.
Ma temo che per me Sanremo resterà sempre la città di Antonio Rubino, fondatore del fumetto italiano.