Intervista ad Anne Desmet

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LORENZO BARBERIS (INTERVISTA) / SILVIA PIO (TRADUZIONE).

In occasione della 45ma Mostra dell’Artigianato, Mondovì Piazza ha ospitato “Wood Engraving From Beyond The Channel”, una importante mostra di incisione inglese, nella doppia cornice dell’Antico Palazzo di Città, il principale spazio civico per mostre, e del Museo della Stampa, che celebra la tradizione monregalese nel libro illustrato (primo libro edito in Piemonte, tra le prime tradizioni del libro a stampa illustrato in Italia). Ospiti della città sono stati Simon Brett e Anne Desmet,

Lorenzo Barberis ha intervistato per Margutte l’autrice. L’intervista è stata poi tradotta a cura di Silvia Pio.

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Margutte: Ha scelto come principale forma di espressione artistica l’incisione xilografica. Perché questa scelta?

Anne Desmet: Sono sempre stata molto interessata al disegno in bianco e nero e a scuola disegnavo con l’inchiostro nero. Quando sono andata all’università ho conosciuto la stampa. La xilografia mi ha attratta particolarmente perché tu incidi la luce dall’ombra.

Prendi un blocco prima di inciderlo, se lo inchiostri e stampi hai un quadrato nero stampato sul tuo pezzo di carta. I segni che incidi costituiscono le aree bianche dell’immagine. Mi sembra molto bella, dal punto di vista psicologico, questa idea di creare un’immagine di luce dall’ombra e portare un’immagine alla luce, alla vita in questo modo.

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M.: Nel suo lavoro c’è un importante riferimento all’arte del Rinascimento. Che rapporto ha con la tradizione rinascimentale della stampa e dell’incisione, di cui Mondovì ha ospitato esempi importanti?

A.D.: Mi sono sempre piaciuti i dipinti del Rinascimento, soprattutto quelli della pittura italiana e belga. Io sono belga per metà, mio padre era belga e ho passato molto tempo in Belgio nella mia infanzia durante le vacanze. Là mi sono appassionata ai lavori di Van Eyck, Memling e altri. Più tardi sono andata a Roma per un anno con una borsa di studio, sono ormai ventiquattro anni. Avevo già visto sui libri le opere di Giotto, Masaccio, Piero della Francesca e molti altri.

C’è qualcosa nell’intensità della visione a proposito delle opere di questi artisti che mi piace, un senso di fare arte che forse non è su larga scala ma suggerisce una enorme vista sullo spazio e un intero mondo racchiuso in se stesso.

La Torre di Babele di Bruegel suggerisce qualcosa di assolutamente immenso anche se i suoi dipinti non sono molto grandi. Il senso del dettaglio e dello spazio in questi dipinti è … fantastico. Lo stesso vale per i piccoli Van Eyck, per esempio. Nella National Gallery di Londra abbiamo “Il ritratto dei coniugi Arnolfini” di Van Eyck, in piccolo e intimo quadro che suggerisce un intero senso di spazio al di là della stanza che stai guardando, il che sotto un certo punto di vista è quello che mi piacerebbe fare con la xilografia. Spesso le xilografie sono in scala molto piccola ma spero che riescano a suggerire mondi più ampi e visuali che vadano oltre a ciò che stai guardando.

Lo stesso vale per Giotto e Piero della Francesca e alcuni dei loro affreschi. Non sono opere grandi eppure danno adito ad un senso di assenza di tempo e di spazio. Ed è la quiete che trovo attraente, li guardo molto.

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M.: Le sue opere mostrano un’attenzione particolare all’architettura, classica e moderna. Quali le ragioni di questa scelta?

A.D.: L’architettura non mi interessava molto quando ero a scuola, o persino all’università, il che è stato un po’ limitante perché mi sono laureata in Belle Arti a Oxford, una splendida città con splendidi edifici universitari. Penso sia certamente stata la borsa di studio a Roma nel 1989 a farmi interessare all’architettura. In parte per l’enorme senso della storia, migliaia di anni di storia umana negli strati architettonici romani costruiti uno sull’altro. Ed anche perché la luce in Italia è così diversa da quella in Gran Bretagna, e il modo in cui la luce rende un edificio totalmente tridimensionale. Naturalmente l’edificio è tridimensionale, ma in Gran Bretagna la luce è più piatta e le strutture degli edifici non sono così pronunciate. Per me come xilografa, che lavora con la luce e le ombre, questi forti contrasti piuttosto teatrali sono diventati molto importanti ed è stato vivere a Roma che mi ha dato questo tipo di ispirazione.

Inoltre ho avuto per anni un interesse nella metamorfosi e nella trasformazione. Molti dei miei lavori ai tempi dell’università sono stati ispirati da ciò che leggevo, e leggevo molto in latino, le Metamorfosi di Ovidio e l’Eneide di Virgilio. Mi piacevano quelle storie di trasformazione e cambiamento nelle Metamorfosi e mi pareva che a Roma avessi chiaro davanti a me il senso della metamorfosi e del cambiamento avvenuti nella storia umana, che si svolgevano davanti ai miei occhi in forma di architettura. Tutto questo ha continuato ad ispirarmi da allora.

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M.: In particolare, sembra avere molta importanza il tema della Torre di Babele. Perché?

A.D.: Il mio interesse nella Torre di Babele deriva più dal mio interesse nell’architettura italiana che dalla Bibbia. Nella Bibbia uno o due versetti parlano della Torre di Babele, costruita e poi distrutta perché Dio confuse le lingue dei costruttori. È un’idea interessante, che molti artisti, come ho detto prima Bruegel e molti altri, hanno affrontato negli anni. Mi sono interessata al concetto attraverso il senso della stratificazione in architettura. È ciò che vedi a Roma, dove c’è un pezzo di architettura romana e sopra una chiesa medievale e sopra qualcosa di barocco e sopra magari ancora qualcos’altro. L’idea di costruire strato su strato e formare in effetti una torre. C’è un certo caos in tutto questo, un bellissimo caos e nello stesso tempo uno strano senso di ordine.

Per me l’idea della Torre di Babele è anche un’idea delle aspirazioni umane, forse sono aspirazioni errare, voler costruire qualcosa di magico che arriva al cielo, nello stesso modo in cui voi avete avuto torri in questo paese per anni. Vado in luoghi come Bologna e San Giminiano e vedo torri, alcune sono sopravvissute, altre sono parzialmente crollate. Famiglie rivali hanno voluto costruire una torre più alta di un’altra, e c’è aspirazione in questo; il desiderio di fare colpo non è sempre la più elevata delle aspirazioni, a volte il motivo può non essere buono ma altre volte senti che le persone hanno avuto un sogno quando hanno costruito torri, cosa che credo sia ancora vera oggi. L’architettura più moderna, come lo Shard a Londra, i nuovissimi edifici nel mondo arabo, hanno in comune questa aspirazione, il desiderio di costruire strutture meravigliose di cui nessuno ha mai visto l’eguale prima.

È un complicato insieme di pensieri, ma per me l’idea della Torre di Babele è una sorta di simbolo delle ambizioni umane, spero le ambizioni migliori anche se non sempre funzionano come uno spererebbe.

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M.: Oggi la tecnologia sta trasformando profondamente la tradizione della stampa, forse sta ponendo fine alla stampa come la conosciamo. Cosa comporta questo per l’arte xilografica?

A.D.: In Gran Bretagna oggi ci sono pochi xilografi, forse un centinaio, e c’è soltanto un uomo che prepara i blocchi usati da tutti gli xilografi, mentre un secolo fa c’erano centinaia e centinaia di xilografi e di ditte che davano loro lavoro. Quindi sotto questo punto di vista si potrebbe dire: è un’arte fuori moda? sta morendo? c’è qualcuno che la pratica?

Credo però ci sia un altro segno: artisti come me e Simon (Brett) hanno portato l’incisione su legno nel mondo delle belle arti e l’hanno usata come mezzo per esprimere idee che possono venire esposte sui muri delle gallerie d’arte e allo stesso tempo essere splendide illustrazioni, ed anche esistere come forme d’arte indipendenti.

Il mondo dell’arte tende a manifestarsi in cicli, le cose diventano fuori moda e poi ritornano di moda. Penso ci sia stato un lungo periodo in cui la xilografia e le arti figurative in generale, di sicuro in Gran Bretagna, sono state fuori moda ma credo anche che questo stia cambiando e che ci sia una rinascita di interesse in tali espressioni d’arte manuale. E forse con mostre come questa e altre questo genere di interesse è stato rigenerato nei visitatori. Ci sono sempre persone che vogliono imparare la tecnica associata ad un’arte, quindi sono ottimista sul futuro delle incisioni su legno.

Per quanto riguarda la nuova tecnologia, penso sia un peccato quando questa sembra sorpassare la vecchia e la vecchia non è più usata. Penso che la nuova tecnologia può semplicemente aggiungere un mezzo più ampio che gli artisti hanno a disposizione, penso che tutta la tecnologia esistente possa espandere il repertorio di ciò che un artista può fare in quanto tale.

 Intervista a cura di Lorenzo Barberis
Trascrizione e traduzione in italiano a cura di Silvia Pio
Fotografie di Roxy Columbus.

http://www.annedesmet.com/

http://www.simonbrett-woodengraver.co.uk/