Diario di una giovinezza, decima puntata

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FELICE BACCHIARELLO

Natale 1942

Nella settimana del Natale del 1942, approfittando dell’intenso freddo che aveva raggiunto in certi momenti i -40 gradi, i Russi sferrarono un violento attacco sulla nostra destra, favorito dal ghiaccio resistente formatosi sul Don, rendendo così facile il passaggio dei carri armati; allora per parecchi giorni si incrociarono senza posa i colpi delle artiglierie pesanti dei due fronti in un urto cruento senza precedenti.
Un continuo bagliore illuminava nottetempo, allorché il fuoco veniva ancora intensificato su tutto il fronte per decine e decine di chilometri, la immensa steppa gelida.
I Russi, con un poderoso urto di forze corazzate, avevano infranto la resistenza sul fronte degli Ungheresi, appoggiando con innumerevoli forze di Fanteria, ed avevano oltrepassato il Don.
Momenti di indescrivibile orgasmo.
Furono inviati reparti italiani in rinforzo, fra i quali la Divisione Julia che compì prodigi di valore, tanto da meritare di essere citata sul bollettino del comando del Quartier Generale tedesco, ma a nulla più valse tanto valore; i Russi ripiegarono alquanto, la falla fu tamponata, ma l’inevitabile doveva avvenire. Da quel momento il più grande caos regnava su tutto il fronte. Fu un susseguirsi di ordini e contrordini, dimodoché per parecchi giorni fummo sempre in moto, sempre pronti a tutto, in attesa di quale avesse ad essere il nostro compito nella immane lotta che si svolgeva tutto intorno, atomi semoventi senza più uno scopo ben definito, con il triste presentimento della sciagura che ci sovrastava.
Dopo qualche giorno, la lotta divenne furibonda più che mai ai nostri lati, mentre il nostro compito era di resistere ad eventuali tentativi i nemici di sfondamento al centro. Artiglierie pesanti vomitavano fuoco fino a fondersi, artiglierie divisionali, Katiuscia con il loro lugubre e impressionante tan, tan, tan non desistevano un solo attimo dalla lotta; la steppa pareva diventata un inferno, sembrava che il mondo dovesse fondersi sotto l’imperversare di tanto fuoco, sotto un simile diabolico furore, come se una cosa simile non dovessi mai più avere fine. Pareva proprio che Dio avesse ritirato la sua mano da quel lembo di terra.

Un fuoco simile, dicevano i vecchi ufficiali che avevano partecipato alle operazioni di Caporetto, mai era stato visto ed immaginato, Caporetto in confronto era stato come un gioco da bimbi.
Col succedersi dei giorni il furore delle artiglierie, tanto nostri che nemiche, era andato scemando, segnale che un esercito o l’altro batteva in ritirata. Un triste presentimento unito allo scoraggiamento subentrava e noi; che sarà questa calma? Radio naja trasmetteva le più strane congetture, ma la paura di essere accerchiati prevaleva in tutti ed il dubbio non tardò a trasformarsi in realtà.

Vi sono dei momenti in cui non si riesce più a pensare a nessuno, nemmeno agli affetti più cari, dimenticando persino noi stessi, comandati, spinti da una forza sconosciuta; un senso indefinibile ci pervade facendoci arrivare ad una meta alla quale non si sa né come né per quale via si sia giunti.
L’inevitabile per noi era venuto: l’esercito russo aveva raggiunto il suo scopo, la sacca era fatta. Oltre mezzo milione di uomini, sfiniti dalla lotta, dal freddo, si dibattevano come forsennati per uscire dal cerchio che sempre più si stringeva loro attorno. Forse mai avvenne in precedenza un urto simile, così selvaggio, mai una operazione bellica in così grande stile venne condotta a compimento da esercito alcuno. E questo avvenne ad opera di quel popolo che la stupidamente insulsa e denigratrice propaganda, spinta all’eccesso, aveva classificato come un popolo inferiore, buono a nulla.
Quale lezione! Con questo si poté dire segnata la fine di tutti gli eserciti alleati, poiché i tentativi successivi furono inutili, come quelli per prolungare ancora la vita di un ammalato, ormai dichiarato inguaribile dalla scienza, condannato ad una certa e non lontana morte.

Ebbe allora inizio e luogo la non mai abbastanza funesta ritirata, causa di tanto lutto in tutte le nazioni europee (tutti gli eserciti vi erano rappresentati), le cui vicende mai nessuno potrà degnamente descrivere, neanche avendole vissute, poiché tanto orrore sulla carta non è possibile riprodurre.

(Continua)

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