Pomona – I frutti della terra e del lavoro dell’uomo

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SILVIA PIO (a cura)

Il nostro illustratore e collaboratore Franco Blandino ha inaugurato una nuova mostra di pittura e disegni presso la splendida chiesa barocca di san Bernardino dei Disciplinanti Bianchi a Bene Vagienna.
Pomona, promossa dal comune di Bene Vagienna e dall’Associazione Amici di Bene, è dedicata, come dice il titolo, alla terra e ai suoi frutti, col nome della dea romana patrona dei frutti, ritratta da Blandino in due opere significative. Sono esposte opere a olio e diversi disegni a matita e a china sul tema della frutta, del vino e dei lavori dei campi. Chine e disegni sono tavole originali di libri illustrati dall’autore.

Inaugurata il 7 aprile alla presenza, insieme all’autore, del patron degli Amici di Bene Michelangelo Fessia, dell’assessore alla cultura del Comune Corrado, del Sindaco di Fossano Dario Tallone, del dott. Miglio e del dott. Grechi, e di diversi esponenti della cultura benese e fossanese, la mostra sarà aperta fino al 30 giugno, la domenica dalle 10,00 alle 12,00 e dalle 15,00 alle 18,00. L’ingresso è libero.

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Gli Etruschi consideravano Pomona dea della fertilità, i Romani la chiamavano “Patrona pomorum”, antica divinità protettrice dei frutti.
«Per questo nell’immagine-simbolo della mostra di Bene Vagienna» ci dice Franco Blandino, «Pomona è una bella donna dagli occhi (necessariamente) verdi che guardano di lato, un po’ allegri e maliziosi, con il volto illuminato da un lieve sorriso. Il viso è cinto da un tripudio di frutti: arance, uva, mirtilli, fragole, lamponi e limoni, persino una piccola anguria. La mano sinistra regge un pompelmo, che la mano destra inizia a sbucciare. La linea a sinistra sotto il seno e le spalle, un po’ retro poste, alludono a una gravidanza, perché Pomona è sempre gravida, porta nuovi frutti, nuove attese, nuove speranze. Attorno alla figura le linee e i colori sfumano in un naturalismo astratto e coloratissimo…  allegro, almeno nelle mie intenzioni.»

La chiesa barocca di San Bernardino dei Disciplinanti Bianchi nel cuore di Bene Vagienna, che ospita la mostra, nelle sue decorazioni lignee riflette e moltiplica i fasti di una natura prodiga. «Nella cornice, nei quadri e nel clima complessivo della mostra», continua l’artista, «compare il concetto di “dono”, di “ringraziamento” e di “responsabilità”. Il sottotitolo significativo recita, come tema, “I frutti della terra e del lavoro dell’uomo”, parafrasando la preghiera dell’Offertorio. Per questo i frutti dei quadri sono rutilanti di colori e di luce, opulenti e ricchi di riflessi, quasi ad indurre l’osservatore a coglierli, a saggiarne la superficie lucente, a pregustarne i succhi che tendono le superfici.
Il sole è, com’è giusto, il grande protagonista, come quando riveste i limoni “suoi figli”, o trafigge i grappoli d’uva, o brilla nei bicchieri e sul bricco orientale di Xenia.  Il vino poi, con le sue diverse sfumaturei ben si accorda con questa fantasmagoria di colori “naturali”. Vicino ad un Bacco malizioso c’è anche una seconda versione di Pomona, quasi l’apparizione di una fanciulla con un sorriso smagliante di denti come “mandorle acerbe” (D’Annunzio, cit.) dentro una mela su cui è posata un’ape, anch’essa simbolo di abbondanza, di ricchezza e di rinascita della natura, tema ripreso nel gregge dell’Estate di San Martino

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Il mondo rurale è direttamente collegato con il tema della mostra; ecco allora che, tra le matite e le chine esposte, compaiono pagine che parlano del lavoro dei campi, delle antiche e sempre nuove fatiche degli uomini e degli animali impegnati a “vincere” la terra, bassa e coì dura, a volte avara e troppe volte ingrata.
«La mano che accarezza le spighe del Grano Gentil Rosso Antico di Salmour», descrive Blandino, «il Pane Quotidiano fragrante, la panettiera sorridente che lo sporge, parlano di lavoro, produzione e fatica. Parlano di lavoro e fatica persino le bottiglie di “Alta Langa” esposte, con i disegni originali, in una teca di vetro, parlano di lavoro, fatica e cucina i due taglieri esposti in un’altra teca, su cui sono posati i frutti del mare.»

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Non potevano mancare in mostra una citazione dell’acqua, della pioggia in particolare, dono per eccellenza della natura, spesso madre e talvolta matrigna, e dell’aria, che irrompe in un quadro ad olio, facendo volare trasparenze, come un alito improvviso.
«La terra, l’acqua e l’aria sono doni che ci chiamano alla responsabilità, alla condivisione, alla solidarietà e all’innovazione: solo con questa attenzione e con questi valori si producono lavoro, nutrimento, sviluppo, pace.»
In questo modo l’artista conclude il suo racconto delle opere esposte. Margutte gli pone ancora una domanda: Quale importanza riveste la terra in tutte le sue declinazioni e insieme ai suoi frutti nella tua opera?
«Ho sempre trovato la terra, questa “cosa” grassa o polverosa, questa “cosa” odorosa e friabile tra le dita da cui veniamo e a cui infine tendiamo, un elemento meraviglioso: la terra è una promessa di vita, è l’elemento capace di far germogliare il seme, di nutrirlo, di farlo sviluppare secondo il codice genetico e di produrre così i frutti e la biodiversità, un campionario di natura a disposizione dei viventi, che si inserisce e si trasforma nel ciclo infinito della natura. Subisco il fascino di questa continua, ciclica metamorfosi: per questo ho sempre trovato insufficiente e sgradevole la definizione “natura morta” – così da Caravaggio in poi chiamiamo la raffigurazione di fiori e frutti – e preferisco di gran lunga l’inglese “still life”, vita ferma, vita immobile, ma comunque “vita”. Ed è vita quello che vedo nei miei soggetti e cerco di far “sentire” sempre nei miei quadri.»

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