Sintesi di tempi e di luoghi nella poesia di Daniele Beghè

L’immagine ispirata ai testi è dell’illustratore Giorgio Giacomo Mariani.

L’immagine ispirata ai testi è dell’illustratore Giorgio Giacomo Mariani.

DANIELE BEGHÈ

IL BOOM

All’alba del quartiere il giovane
turnista,

- che ora al tramonto scende
le scale al braccio della badante
ucraina –

scaldava, sul fondo privo
d’erba e rovente di bitume del cortile,
l’acqua nel mastello di lamiera

(alla moda dell’aia).

Tra le mani una scaglia
di sapone giallo e duro per la figlia.
Era il tempo dell’avvento

della cucina componibile e divino
tremava di tensione il frigorifero.

*

VETRI ROTTI

Il piazzale dove stazionava il nove
adesso è il capolinea del ventidue.
Null’altro all’apparenza è mutato.
Le case anni settanta sono sempre lì,
solo quella della materassaia,
che bucava, con lo spillone, i palloni,
è stata ritinteggiata dagli eredi.
Mancano solo i ragazzi e i pali
improvvisati con gli zaini. Nulla
all’apparenza colma il pneuma vuoto.
Non si registra un vetro rotto da trent’anni.
*

VIA LAZIO

La sola compagnia nel parcheggio
assolato di via Lazio, sovrastato
dalla nube bianca di vapore acqueo
della centrale del teleriscaldamento,
e da un camuffato ripetitore,
sono un frigo arrugginito in agosto
e un ragazzo nero in infradito.
Attendono insieme accoccolati
all’ombra, fraterna e magra, del salice
piangente, il lento farsi della sera.
A settembre riapriranno le scuole.

*

DELMO

Con la dentiera malferma difende,
scarne le braccia coeve alle spalle,
il toscano perenne, dall’assedio
delle strade e dalla fame dei nipoti
quella scaglia d’orto e il cortile,
dove si trascina senza un residuo
di catena il vecchio Bill. Una sedia
impagliata e la foto di un bacio
sotto la portamorta. A sera arriva
Annibale con l’apecar, in compagnia
della sua ruggine, per una malvasia.

*

NATURA ACQUARTIERATA

È uno sfogatoio il campo
intercluso
fra i condomini, ma è parte del pianeta
che dalla luna è azzurro
prato.

È la ricchezza non censita
del quartiere
non messa a frutto.

È un centro sociale
raccoglie una diversità bio
logica
che non vuole possedere
ma resiste alla sottomissione.

Un luogo che non è nulla
perché lì non opera il capitale
ma che aspira nel disordine
totale
a diventare qualcosa
anche solo per una talpa ipovedente.

Daniele Beghè, Boomerang, silloge pubblicata in “IV Repertorio di poesia italiana contemporanea”, ed. Arcipelago Itaca 2019.

beghe

Nota critica di Renata Morresi

La piccola silloge di Daniele Beghè si apre con un testo di Giovanni Raboni in epigrafe, omaggio alla sua verve struggente e auspicio a condividere il passo empatico del poeta milanese, che nella grazia riflessa dalle superfici della domesticità parla di un limite impossibile, dell’inscalfibile muro dell’alterità che ci costringe sempre ad aspirare verso la sintonia, ma a poterla afferrare solo per un attimo tra le maglie della metrica. E in questo gesto sembra essere racchiusa la poesia di Beghè, che per brevi e compiuti quadri disegna sintesi di tempi e di luoghi, tra oggetti, sentimenti e figure umane che per un istante tengono in equilibrio illusione e disillusione, attesa vibratile e disincanto. Così nel primo testo che incontriamo, dove il «giovane / turnista» si alterna col vecchio che diventerà, la speranza del boom economico è a un passo dal mercato globale, e a scendere le scale dando il braccio non è più il saggio poeta, ma la «badante / ucraina». In chiusa sta il «frigorifero» che «tremava di tensione», correlativo oggettivo di una aspettativa riposta nel benessere e trasformata in mestizia diffusa, in uno svuotamento – almeno in apparenza – adespoto. Nello scarto tra ciò che era e ciò che è, tra ciò che si è desiderato e il suo compimento storto, quando non distorto, tra descrizione oggettiva e le molte scosse cognitive scatenate dal curato tessuto armonico delle figure di suono, si tende questa poesia del quartiere decentrato, prosciugato dal «progresso capestro» ed emblema di una periferia più profonda. Lì la troviamo, tra la «sedia / impagliata» e «la foto di un bacio» di Delmo, tra la ruggine e la malvasia di Annibale, tra «un frigo arrugginito in agosto», in un brutto angolo di una città che si crede moderna, e «un ragazzo nero in infradito», con il suo desiderare umile e irriducibile, volto a un avvenire meno torbido. Anche questo spazio negletto, «uno sfogatoio il campo / intercluso / fra i condomini», visto da un’altra, più ampia, prospettiva «è parte del pianeta»; potrebbe persino aggregare una forma di resistenza, o almeno il boicottaggio nei confronti di una civiltà rivelatasi parassitaria e distruttiva. Se la sua strategia di devastazione si è fatta soft, non quella di Guernica eppure comparabile, senza scenari di guerra ma in una frammentazione che tutto sembra paralizzare, è proprio nel paesaggio abusato, a partire dal suo «nulla» non produttivo e quindi indomabile, che potrebbe attivarsi, suggerisce il soggetto poetico, una nuova facoltà di speranza: «Un luogo che non è nulla / perché lì non opera il capitale / ma che aspira nel disordine / totale / a diventare qualcosa».

Daniele Beghè, è nato e vive a Parma, laureato in Economia e commercio, si occupa prevalentemente di formazione professionale in ambito economico e giuridico

Pubblicazioni:

“Galateo dell’abbandono” ed. Tapirulan 2016 (Bologna in lettere 2017 – Vincitore del premio speciale del Presidente della Giuria);

“Quindici quadri di quartiere ed altri versi” ed Consulta/libri e progetti 2018 (Premio Letterario Nazionale Raffaele Crovi 2018 – Vincitore premio speciale della Giuria);

“Boomerang” breve silloge tra i vincitori della selezione del Premio Editoriale Arcipelago Itaca 2019 – Pubblicata In “IV Repertorio di poesia italiana contemporanea 2019” ed. Arcipelago Itaca;

“ROSETTE (quartiere cosmico)” ed. Arcipelago Itaca 2021;

“CHICANE” raccolta di testi inediti pubblicata sul numero 62 di Kamen’ Rivista di Poesia e Filosofia, con un saggio critico di Daniela Marcheschi.

In Margutte: Voci di Parma: Daniele Beghè

(A cura di Silvia Pio)