Animalmente e poeticamente abitiamo sulla Terra…

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GABRIELLA MONGARDI

Il recentissimo libro di Valeria Bianchi Mian, Martina Campi, Ksenja Laginja, Teodora Mastrototaro, Silvia Rosa, Bestie. Femminile animale (Trieste, Vita Activa Nuova 2023) è profondamente originale, per non dire shoccante, per due ordini di ragioni.

In primo luogo, perché la scrittura è per definizione un’attività solitaria: ogni scrittore è solo davanti alla pagina bianca (o allo schermo bianco) e cerca dentro di sé l’ispirazione, le parole per riempire quel vuoto, e il libro che comporrà sarà tutto e solo suo – invece in questo caso è l’opposto. Questo libro è frutto di un progetto collettivo, comunitario, condiviso – e perciò è assimilabile a un concerto brandeburghese, un concerto per vari strumenti (le voci delle cinque poetesse) e basso continuo (le illustrazioni in cianotipia che affiancano ogni lirica). Non è un’antologia poetica in senso stretto, perché non è suddiviso in sezioni dedicate alle singole autrici: è ripartito sì in cinque parti, intitolate rispettivamente a fuoco, terra, acqua, aria ed etere, ma queste parti sono l’equivalente dei “tempi” di un concerto, in ognuno dei quali gli strumenti intrecciano variamente le loro voci, ciascuna con il suo inconfondibile timbro, ma ben “temperate” e fuse tutte insieme in un’unica armonia.

La prima voce che sentiamo è quella di Alexandra Zambà, che introduce il lavoro con una prefazione illuminante, mettendone subito in risalto la specificità: «Bestie […] contraddice e supera la tradizionale contrapposizione di esseri divisi e incomunicanti». E ancora: «Nelle 25 poesie si esprime il legame della bestia con la natura, perduto dall’essere umano». E veniamo così alla seconda radice dell’originalità di questo libro, il tema o meglio il punto di vista “oltreumano” , davvero rivoluzionario, con cui lo affronta, spazzando via l’antropocentrismo tuttora imperante. È una prospettiva allo stesso tempo antispecista e femminista (non per niente il sottotitolo è “femminile animale”), potenziata dalla parola poetica, dal fatto che queste autrici non hanno scritto dei saggi in prosa, ma appunto delle poesie. E la parola poetica, per citare ancora la prefazione: «entra nei meandri bui dell’anima, si avvicina all’inesprimibile e all’incomprensibile. […] Le poete insistono all’indagine del mistero con lo strumento della poesia, tumultuoso ma radioso, usano materiali e sensazioni, dimostrazioni, intuizioni che vengono da lontano come le immagini del telescopio spaziale “James Webb” che fotografa il passato rimasto impigliato in universi lontani milioni di anni. […]. Si parte dalla poesia, dall’uso delle parole e dalla loro geometria musicale, si cerca un senso alla composizione del Mondo. […] Si cerca disperatamente di conoscere la bestia che vigila in noi.»

La seconda voce è quella di Valeria Bianchi Mian che, oltre a mescolare le sue poesie a quelle delle altre, scrive una breve ouverture in prosa, Bestie, che occupa la prima sezione, Fuoco, in cui precisa il metodo seguito dalle autrici: «il lavorare a partire dall’istinto, lasciandosi guidare dai propri animali interiori, dai pesci, dagli uccelli, dai mammiferi, dagli insetti che spontaneamente si sarebbero presentati alla coscienza».

Troviamo così la lumaca, la cagna, l’orsa bianca, la canarina e la mantide religiosa di Silvia Rosa, attraverso cui vengono scandagliate la devozione, l’autosufficienza, il desiderio, la dipendenza, la morte; la gatta, la volpe, la scimpanzé, il polpo e il ragno di Valeria Bianchi Mian, a denunciare un mondo di reclusione, odio, intolleranza di cui la poesia vorrebbe essere risarcimento; la tartaruga, la lepre, il cinghiale, la nutria e la corva di Martina Campi, emblemi di una convivenza impossibile; la lupa, la cerva, la megattera, la civetta e l’ape di Ksenja Laginja, che ci insegnano ad “artigliare l’essenza”; la mucca, la leonessa, la serpe, la gallina e la farfalla di Teodora Mastrototaro, in violenta, irriducibile opposizione. Le sezioni contenenti le poesie sono Terra, Acqua e Aria; l’ultima, Etere, comprende di nuovo due prose, due postfazioni, rispettivamente di Valeria Bianchi Mian sulla “filosofia” del progetto, e di Ksenja Laginja sulle immagini che accompagnano i testi, dilatandone la dimensione onirica e la portata simbolica.

Di fronte a un libro come questo viene da pensare, più che a un Bestiario medievale, alla celeberrima classificazione dei poeti enunciata da Friedrich Schiller: «Il poeta, o è natura, o la cerca. Quello è il poeta ingenuo, questo fa il poeta sentimentale». Dal suo tempo (seconda metà del Settecento) non poteva prevedere che un giorno ci sarebbero stati poeti-donne, sicuramente più vicine alla natura del maschio; poete come queste, non ingenue né sentimentali, portatrici di un nuovo atteggiamento nei confronti dei fratelli animali.

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Il libro è stato presentato online a cura di Margutte e della Società Dante Alighieri, comitato di Mondovì, il 3 maggio 2023. Questa è la registrazione: