Distenditi

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JOHN I. CLARKE

“Restiamo a casa e ce ne rimaniamo tranquilli. Evitiamo la folla delle vacanze di Pasqua. Stacchiamo un po’ la spina. Puoi distenderti e rilassarti.”

Dunque era stato deciso: non più gite da trascorrere ai laghi. Ma entrambi sapevano che lui era più interessato a non perdere una partita di calcio piuttosto che perdere la folla che c’era durante le vacanze. Appena inizia a rovistare nel suo borsone la chiama subito in soccorso e le chiede, “Tra l’altro, cos’ha in più Ullswater che il lago di Pugney non ha?”

La risposta arriva dal soggiorno: “Sì, e perché godersi il panorama dal Langdale Pikes quando puoi ammirare il ripetitore della tv di Emley Moor sullo sfondo?

Smette di frugare, infastidito dal tono sarcastico, prima di decidere di non rispondere, rinizia a cercare mentre ritrova le sue scarpe da calcio, ancora infangate dallo scorso sabato. In tutti i suoi anni di allenamento non ha mai preso l’abitudine di svuotare la sua borsa subito dopo la partita. I suoi compagni di squadra più giovani vedrebbero quelle scarpe infangate come una crepa nella sua armatura meticolosa, mentre sua moglie lo minaccia spesso di voler citare quelle scarpe da calcio nella causa di divorzio. Eppure erano le scarpe da tennis che cercava, non le scarpe da calcio. Spinge un paio di sacchetti da un lato, apre l’anta della credenza e la sbatte per chiuderla di nuovo.

“Che cosa stai cercando?” Di nuovo, la chiamata che arriva dal soggiorno.

“Le mie scarpe da ginnastica. Dove sono? Ce le avevo fino a ieri.”

“Dove le hai lasciate.”

Inizia a lamentarsi di cose che vengono messe a posto dove non possono essere trovate, mentre spostando una maglia di una vecchia tuta da ginnastica da un lato, trova le scarpe sotto – dove infatti le aveva lasciate. Così l’indignazione si placa, si inginocchia per indossarle e le allaccia.

Quelle scarpe da ginnastica sono il concedersi un capo di marca, per il resto la sua uniforme è estremamente funzionale: calzini di cotone, un vecchio pantalone di una tuta, ampio o allentato che sia dipende da come lo si vede, e una vecchia maglietta da rugby. Ah, in questo periodo dell’anno indossa sempre delle fasce luminose, per calmare la voce che arriva dal soggiorno.

“Vado via allora,” dice urlandole.

Non arriva una risposta immediata ma la porta della cucina si apre appena e sua moglie dice prima di lui:

“Pronto per andare in azione?”

“Si, non dovrei metterci molto; una corsa di livello intermedio stasera. Non molto lontano. Due collinette da superare, su fino al castello e il nuovo sentiero al ritorno.

“Bene” lei sorride.“Non consumare tutte le energie, okay? C’è una grossa pila di panni da stirare.” Faceva esercizi di riscaldamento infastidito dal tono di lei; non voleva continuare la conversazione. “Perché io non posso stirare, no?” Era all’attacco, con il coltello dalla parte del manico, “Così me ne resto tranquilla, stacco un po’ la spina e mi distendo. ”Diceva lei ridendo sotto i baffi mentre lui tossiva nervosamente, volendo svignarsela. “Hai preso tutto?”

“Sì.”

“Orologio?” Lui controlla il quadrante dell’orologio che indica cinque zeri – pronto per andare in azione. “E hai preso i tuoi steroidi?” chiede.

“Molto divertente; mente sana in corpore sano e dedizione per arrivare al successo. È questo ciò di cui ho bisogno.”

Ripete la massima come pensando di essere d’esempio per gli altri. In cuor suo, lei dubita della sua parola per via del relitto ondeggiante e con il respiro affannoso che torna da quelle corse, che non le sembra la prova di un corpo sano. Spesso dubita anche di quanto la sua mente sia sana. Che bel modo di trascorrere le vacanze.

“Comunque se vai,“ dice,“Mi troverai con la bombola d’ossigeno pronta al tuo ritorno.

“Fai pure, ma non sarà necessario. No, una doccia e un massaggino dopo una corsa sono la mia ricetta per una buona salute per anni.”

Di nuovo, lei lo ascolta e sorride. Sa che di sabato in sabato i membri della squadra, compresi gli avversari, diventano sempre più giovani e scattanti, e lei stessa glielo aveva fatto notare. Ma, come sempre, lui smentiva la cosa.

“Non diciamo stupidaggini; la velocità non è paragonabile a tecnica ed esperienza. Gli anni passati all’oscuro dagli arbitri si sono rivelati utili”. E le fa l’occhiolino. Per fare il saccente una volta li ha chiamati “i ragazzi della stagione estiva”. Ma lei non aveva capito, allora lui dandole un indizio le aveva detto: “Sono i ragazzi della stagione estiva; Dylan Thomas: vedo i ragazzi della stagione estiva in rovina. Bere pinte di birra, come fanno loro la notte prima di una partita, rovina la salute.”

Lei inizia a pescare cianfrusaglie varie nella sua attrezzatura riposte in un angolo. Vede le scarpe da calcio infangate da un lato e la ispirano per la battuta successiva.

“Tesoro, non puoi combatterlo. Non puoi fermare il tempo. È come uccidere vespe. Anche se ne colpisci una o due con il colpo giusto, in pochissimo, vieni circondato da uno sciame incattivito che ronza attorno alla tua testa.”

A questo punto inizia a ronzargli intorno, le sue dita schioccanti sono rumorose come vespe fastidiose; un calzino sporco è la sua vespa più enorme. Lo segue verso la porta della cucina dove lui si gira e con un contrattacco improvviso la prende e la stringe a sé.

“E immagino tu abbia una brutta puntura?”

“Cattivo; vuoi pungermi di nuovo?”

“Meglio tu non corra il rischio.”E rideva “Mi stai distraendo. Dovrei percorrere cinque miglia stasera ma improvvisamente lì fuori sembra brutto e uggioso. Soprattutto se a casa ci sono comfort con i quali puoi coccolarti.”

Lei faceva fatica a liberarsi. “Credo sia meglio per te andartene e fare un po’ di attività fisica; libera l’energia in eccesso.” Finalmente si stacca, si ricompone, prende il suo peluche malmesso e raggruppa i mattoncini in costruzione.

“Okay,” dice lui, “Fai in modo che sia tutto pronto al mio ritorno: sali da bagno, sedia a rotelle e una coperta pesante per avvolgerci le gambe.”

“Ridi pure,” risponde lei, “ma sono seria:” Ed ecco uno dei suoi grandi momenti, “Il tempo ti ha messo in catene.”Ora tocca a lui essere perplesso.“Dylan Thomas, Fern Hill,” cita lei compiaciuta gustandosi la vendetta: “Il tempo mi trattenne, verde e morente.”

“Touché,” dice lui ridendo. Continuando a ridere chiude dietro di sé la porta della cucina.

“Benché cantassi nelle mie catene come il mare.” Conclude la citazione dicendosela da sola mentre inizia a riorganizzare i giocattoli in una scatola e il kit infangato nel cesto dei panni da lavare. “Relax!” dice sbuffando, “Rilassati. Distenditi.” E fa cadere con gesto teatrale un paio di shorts umidi. “Che bel modo di trascorrere le vacanze.”

È ben allenato nella corsa. Sa che è vitale iniziare ad una velocità costante. Esortando i giovani, durante l’allenamento, dice: “Non correte velocemente da subito. Non c’è motivo di distruggersi da appena partiti.”Quindi percorre il primo miglio con andamento piuttosto moderato. Trattiene quell’impulso da ragazzino di correre più veloce mentre passa davanti alle case di amici e vicini, in caso guardassero fuori. Sa di dover percorrere due lunghi tratti di strada in pendenza che richiedono un ritmo controllato e la corsa può diventare faticosa. Soltanto quando avrebbe superato l’entrata del deposito degli autobus, avrebbe potuto iniziare ad allungare il passo per sostituire l’andatura lenta a una più decisa nel tragitto successivo. In un intenso monologo interiore ricrea l’eccitazione rumorosa di un commentatore di corsa. Chissà, vista la quiete della sera, potrebbe migliorare il suo record di qualche secondo. Uno dei momenti più belli della sua vita! Anche se deve ignorare l’impulso di voler aumentare la velocità. Il tratto di strada che è in procinto di percorrere è poco illuminato; il pavimento è stretto e le pietre di lastricato irregolari, sa che possono essere letali. La sua corsa per lo meno è rilassata e il respiro comincia ad essere più regolare. Tieni duro, diceva a se stesso, trattenendo energie per la spinta finale.

Riconosce alcuni volti nella macchina con una facilità sorprendente seppure la concentrazione sulla corsa non gli permette di reagire; tre ragazzi le cui facce dimostrano il piacere della corsa. L’espressione passa dalla rumorosa spavalderia all’orrore in un movimento a rallentatore grottesco come quello di un ubriaco frastornato, vedendo un SUV che sta prendendo una curva troppo velocemente. Tocca il pavimento e si schianta contro la parete frontale in pietra di un negozio,con un fracasso assordante di carrozzeria distrutta e vetri rotti, seguito da un silenzio glaciale.

La scena viene illuminata dal lampeggiante blu dell’ambulanza. Il buco nella parete in pietra e la vernice della macchina nel muro rimarranno un’eterna testimonianza dell’incidente. E nel momento in cui il corridore viene caricato su una barella attraverso il portellone posteriore dell’ambulanza, il medico afferma con distacco professionale: “L’abbiamo già perso”.

(Traduzione di Mila Di Tullio)

English

Illustrazione di Franco Blandino

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