La veglia d’arte

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La poesia di Claudia Azzola

SILVIA PIO (a cura)

Poesia disseminata di suoni dove la parola è a volte sentita inadeguata, le parole non stanno dietro, a volte ancella della storia illudendosi che non muore la parola di un poeta, ma anche indelebile segno che narra e imprime pagine di storia, come la magna carta di re Giovanni.

Noi teniamo trascrizioni in noi
fonemi della lingua interiore
e sulla bocca lacerti di parole

Poesia fatta di parole più interne: oltre la storia e le piccole storie. Ma non sono per nulla piccole le sere di lucciole d’estate, le case dense di accoglienza, le voci nei telefoni, perché il mondo è tutto ciò che accade… (frase ispirata al trattato di Ludwing Wittgenstein, 1921) noi accadiamo, in un letto disfatto. Seppure incomprensibile, la realtà sovrasta; il presente e la storia attuale si insinuano nella poesia: l’erosione sociale, la fabbrica, le morti sul lavoro, banche, cibo e aspettative.

Grandi senz’altro sono i temi della malattia (l’abisso in cui sei stato) e della morte, dove viene rigettata quella d’ospedale:

Chiedo trapasso che sia nel mistero,
chiedo rispetto per gli ultimi passi,
come di bestia che si acquatta tra i sassi.

Diventare un po’ animali è forse un compito umano, meglio un poco disumanizzarsi… confondere mani e gambe con l’istinto stellare, trovare nell’originaria foresta divinità di sangue che non ceda all’affanno, richiamare vicino rapaci e formiche. D’altra parte noi siamo

bestie profetiche nate,
poco inclini all’evoluzione,
la schiena faticosamente eretta.

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Tutte le cose vorticano se notte e il senso, i sensi si perdono, s’ispessisce la minestra della memoria. Ma nel contesto profondo tutto torna al suo posto, «la memoria pacificata, seppure talvolta drammatica ma viva di pietas, di storie personali e insieme collettive» (dalla Presentazione di Gio Ferri), e le generazioni si passano di mano un patto (anche se stanno morendo i padri dell’occidente)

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Poesia epifanica, scarna e scarnificata, dove il corpo e la materia – finanche i corpi celesti, vicini quasi a toccarli – pesano e paiono insignificanti e insensati. Un corpo imperfetto, una specie di carni dove il futuro è il volto della Gorgone. Ma anche una specie di cuore appartenuto a quelli che non son vivi con noi, che avere vicino è nostra naturale propensione.

… mi sono liberata dei nervi
della bestia della giungla,
e venni alla sembianza lieve,
al volto e, cogliendo fiori di neve,
alla cosmologia, alla visione.

Poesia incarnata, atto di vita, voce originaria, germinale, che deriva da introspezione e sguardo nati da una preparazione, una veglia d’arte, che come la veglia d’arme è un rito che avviene di notte e conduce ad una visione più comprensiva del reale.

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Claudia Azzola è poeta e prosatrice ed ha pubblicato numerose raccolte poetiche. Cura il quaderno plurilingue Traduzionetradizione dedicato alla traduzione poetica di autori contemporanei e storici europei.

Per Margutte ha riservato le seguenti poesie inedite:

INGANNO

L’inganno oscura fasi vitali
ma siamo donne rimaste donne
uomini che si sono causati uomini,
pur nello sprofondo trascendiamo
in atto del cuore. La storia,
a dire, passione, pur nel vedere
come tutto decada, e noi appoggiati
alla porta oscura, sentiamo
nel sacro antropologico
rinascere puro il sentire.

Corri e scorri il tuo tempo tra Ottocento
e Novecento ancora vivo e operante,
e ancora nutre lo spirito del Duemila,
tra fantasmi di una preistoria e coscienza,
macine ruote ingranaggi bestioni.

***

IL PASSAGGIO DELLE DIOMEDEIDI

Se qualcuno è reso folle dalle parole
ogni spiegazione, non lo calma:
non forzate al navigante
dolcemente disadattato
la rotta in miglia marine
se nell’ora infuocata
del passaggio delle Diomedeidi
basta fare un nome, il sacro nome,
e monta l’aspetto di colei che crea
un campo magnetico,
Afrodite sa sedare affanno in petto.

E immagine, e sapore di alghe,
la limpidezza del divino Egeo,
dell’eu oè, il grido orgiastico delle baccanti.

Biblioteca del Vigentino - Poeti vari - 19.10.2009 001