Imer: “una storia da film”

 

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PATRIZIA GHIGLIONE (a cura)
Questa storia io me l’immagino così: una vita che parte dalla Macedonia e arriva in Italia. Arriva in Italia a 15 anni, questo ragazzo che è partito per trovare un lavoro, perché lì c’era tanta povertà, non c’era nessuna possibilità di andare avanti. Per trovare la fortuna, è uscito, come tanti, andati all’estero. Con un pullman che faceva contrabbando di esseri umani. Quando lo hanno beccato i carabinieri, lui non sapeva niente, lingua zero. Così lo portavano in una casa, come si chiama, dove tengono tutti quelli che arrivano. Una specie di carcere. Di lì non si poteva uscire ma in Italia c’era suo fratello, era a posto con i documenti e lo veniva a prendere. E poi di lì è finita la storia dell’emigrazione. E ne comincia un’altra.
E, insieme a suo fratello, se ne andava in un posto che si chiama l’Aquila, in Abruzzo. In quella terra sono uno che lavora con le pecore, lingua zero. Ero lì, accolto da loro come fossi un figlio e quello a me mi faceva tanto piacere.
Lì il compleanno glielo hanno fatto loro, a questo ragazzo. Quindici anni senza sapere cosa vuole dire un compleanno, loro gli hanno comprato la torta. E avevano due figli e una figlia, e poi sono entrato anch’io nella loro famiglia. E quando andavano in giro dicevano che avevano un altro figlio e dove eravamo invitati, sempre c’ero anch’io.
Io soprattutto nel film vorrei mettere questo: si parla di un ragazzo che poi si innamora di una ragazza di questo Paese e non ha la possibilità di essere sua fidanzata o sposa, essendo lui straniero, ci sono dei genitori contro. Io vengo maltrattato dai suoi amici e dai suoi parenti, senza sapere perché. E me ne vado.
Io sono contrario a queste cose, perché non c’entrano. Non c’entra nient’ altro, se uno è innamorato. Né la religione né altro, c’entrano. Soprattutto l’amore, esiste, non la religione. Anche al mio Paese, tanti che sono sposati con donne, all’estero, che hanno sposato una cristiana, nelle loro case in Macedonia non possono tornare mai più.
In questo film vorrei proprio dire di quando sono stato picchiato, da giovane, perché mi ero innamorato di una ragazza italiana. La ragazza è sparita e io non ho più saputo niente. Non c’entra se sei straniero o se non lo sei. Quello che vale è l’amore, questo voglio far capire nel film.
Così, voglio immaginare che questa ragazza io poi la ritrovo dopo otto anni. Lei è scappata da casa, ha mandato a quel paese tutti, i suoi genitori, ha avuto un figlio, mio figlio. Lui, intanto, nella sofferenza, si è dato da fare, è diventato ispettore di polizia, intorno aveva trovato un mondo che lo aveva aiutato. Si incontrano dopo otto anni, dunque, il loro amore è più forte di tutto e vince anche sulla sfortuna. Quando saprà quello che è successo, capirà che lo aveva aspettato per tutto quel tempo come io avevo aspettato lei.
E poi, da lì, parte la nostra storia, quella di noi due, finalmente insieme. Parte una storia di un uomo e di una donna che si sono rafforzati nel dolore e che ora sentono il desiderio di aiutare gli altri, i giovani in particolare. Giovani come erano loro quando si sono conosciuti, come tutti quelli che avevano incontrato sulla loro strada, gente che non ha nessuna possibilità se non quella di venire arrestata o di non vivere a lungo. Cercavano di tirarli via dalla strada, con le buone ma, se è il caso, perfino con le cattive. Perché più ne salviamo e meglio è. Qualunque sia la loro storia e la loro provenienza. Di questo parlo anche nel film.
Una storia in cui succede un po’ di tutto, vorrei raccontare, dove c’è amore, c’è odio. C’è povertà. Ma non si aiuta la violenza.
In quanto alla violenza, io l’ho incontrata spesso, nella mia vita vera. Tanti giovani ho visto, in Macedonia, andare in guerra. Pensavano di andare a giocare. Ma in guerra non si gioca, si spara. C’è sangue. Muori. Vedere morire i tuoi amici davanti ai tuoi occhi, sporcarsi le mani col sangue. Tutte le notti incubi che tante volte non voglio nemmeno più ricordare, né cos’è successo. Non ci sarà la guerra, nel mio film, di questo sono certo.
Tante immagini vorrei raccogliere per spiegare com’è stata la mia verità e la guerra è solo menzogna. Insieme a quello che ho fatto, a come sono riuscito ad andare avanti, però, voglio parlare anche di un lieto fine, quello della fantasia. Senza buttar via la mia realtà di oggi che comprende una moglie, due figli e un lavoro. Non potrei certo lamentarmi, dire che non va bene, perché in questo Paese sono cresciuto, ho trovato da mangiare e insieme tanta speranza.

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