La sensibilità ai luoghi, Mappe Polesane di Alberto Rizzi

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LUCIA TRIOLO

“Una delle definizioni che mi piace dare della Poesia, dice Alberto Rizzi, è quella di uno strumento col quale esplorare la realtà: uno strumento che si basa sul suono delle parole, oltre che sulla ricerca di precisione che il loro significato permette” (Mappe polesane. Youcanprint 2021, p. 3). La sensibilità ai luoghi in un qualunque habitat, è una forma di presenza al mondo e di partecipazione attiva a quel che vi accade. In altre parole, è un essere contemporanei al proprio tempo e a se stessi, tenendo tra le mani la storia e la cronaca che ci riguardano. La poesia può rivelarsi un ottimo strumento anche in tal senso.

Mappe polesane di Alberto Rizzi è un bel testo, che si situa esattamente nel luogo in cui deve essere, in uno spazio cioè dell’anima. Di un’anima abitatrice del corpo dell’autore e dei luoghi che egli attraversa. Non lo troveremo mai a passare distrattamente e quasi per caso nel paesaggio che lo colpisce e che disegna con efficaci tratti di penna. Non vi è, in questo testo, un “altrove”, ma ogni punto è un “qui”, un punto della terra in cui viene messo un piede, viene lasciata un’impronta umana.

Sebbene Rizzi non ne parli, il percorso che disegna si può leggere, a mio parere, in linea di interiore ed intensa continuità con il senso specifico che nel suo Derive senza approdi (autopubblicato tramite una nota piattaforma di stampa online) attribuisce alla dimensione del “viaggio. “… se la vita é viaggio e l’arte riflette la vita, alla fine ogni opera d’arte può essere assimilata a un viaggio. Ed è fatto assodato che scopo del viaggio non è raggiungere la meta fissata, ma il viaggio in sé”.

Il viaggio quindi “…è prima di tutto uno stato mentale, che porta a vagare per un luogo senza una meta precisa: ma seguendo gli eventi e gli stimoli che lo spostarsi suggerisce di volta in volta alle nostre «parti sottili»” (da Derive senza approdi, cit.:“Due parole dall’autore”, p.3).

Certo, disegnare una mappa percorrendola è una forma un po’ angolata di viaggio: ciò non toglie però nulla al suo carattere di “stato mentale” vagante, anzi, in certo senso lo potenzia perché lo colloca in un suo continuo, non peregrino, peregrinare (mi si perdoni il gioco di parole). Così il “solo perché tu sai l’andare” di Derive senza approdi (cit. p.7) in Mappe polesane, diventa “Quando che qui ti fermi /le spalle alla pianura/ e il fronte a questo basso bassomare/ unisci anche l’aria che respiri /fredda/ al fuoco che hai didentro/ a surrogare il sole” (cit. p. 47).

Entrano ora in azione, vorrei dire, le “parti sottili” aperte a recepire i suggerimenti del territorio. E non si pensi che si tratti di grandi agglomerati urbani, delle reti intrappolanti di anonimi vissuti cittadini. Al contrario, come suggerito dallo stesso titolo, lo sguardo è volto ad accorgersi e entrare dentro ciò che di solito passa inosservato: la Campagna tra S. Pietro Polesine e  S. Maria in Valle”, il Mulino “del Pizzon” presso Fratta Polesine, il Grande albero solitario a Grompo di Lusia, la Ex fonderia tra la frazione di Cavanella Po (frazione di Adria) etc…

Come dicevo all’inizio, é il “qui”, lo spaccato del “luogo” a stagliarsi alla ribalta da protagonista. Il protagonismo dell’uomo non scompare mai dallo spaccato, ma si affianca, gareggia e talvolta cede il passo a quello del paesaggio e della natura. Vorrei dire: vive e si forma dentro i luoghi. Non li trascende anzi è come se da loro si lasciasse suggerire la parola.

[L'immagine seguente è una citazione da pag. 10 NdR]

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Rari i personaggi e sempre in relazione alla loro funzione nel paesaggio: il vecchietto, il barcaiolo, il pescatore, pochi altri; e si tratta di personaggi più suggeriti che reali. In questo è possibile anche tratteggiare la distanza tra la poesia di Mappe Polesane e la paeseologia, ad es. di un Franco Armini. A differenza da quest’ultimo, per Rizzi non si tratta di visitare il “paese”. Piccolo o grande che sia, abitato o disabitato il paese ha sempre per protagonista l’uomo. In Mappe polesane è il territorio, nudo o ancora vissuto, a far storia e storia umana. Protagonista ne è “…l’ambiente sia come paesaggio naturale che antropico” (Mappe…, cit. p.4).

Quel che così si snoda davanti alla nostra attenzione è un guardare i luoghi, per così dire con i loro occhi, così cioè come loro chiedono di essere guardati. Ma è anche il guardare degli occhi del territorio ad essere volto su di te. I luoghi, non consentono di passare inosservati, interpellano chi li osserva, pronti se del caso a farti sentire in colpa, quando e se l’agire dell’uomo ne ha cambiato l’armonia e da “mondo sacro” (Mappe…p. 17) in grado di renderti “finalmente immenso” (Mappe…p. 19) li ha magari trasformati in “fogna dove tutto si raggruma/ e frena la speranza” (Mappe…, p. 41).

Anche il linguaggio e la punteggiatura non scontati, tentano di forzare all’estremo, a mio avviso, i margini dell’esperimento narrativo, tesi come sono a dar vita e capacità espressiva al silenzio dell’ambiente che abbraccia sommessamente chi lo abita e a cantarne la passione. Non c’è passività, dunque, nei luoghi; c’è semmai sofferenza per tutte le volte che la loro capacità di accoglienza è stata tradita, una sofferenza che può anche irritualmente consentire al poeta amara ironia: “uomini/spesso scarsi di pensiero / (com’è normale per gente di Rovigo)” (Mappe… p. 21 e cfr, anche pp. 22, 23).

La terra ha sempre il volto di coloro che l’hanno abitata. Se tale, è terra di storie umane. È terra di amore. Questo il messaggio di Mappe Polesane. È il messaggio di un pensiero che tocca per la tangente, come si vede, il tema ecologico. Ma anche questo contatto, nel momento attuale di lotta per la salvaguardia dell’ambiente, credo possa essere portatore di frutto.

Tre poesie da Mappe Polesane

[Nel libro ci sono termini e nomi di luoghi in dialetto. La bova è quella sistemazione idraulica che da un corso d'acqua (naturale o no) ne fa uscire uno artificiale; un canale, un breve alveo artificiale, di solito regolato da una chiusa.

A Badia Polesine esce dall'Adige il "Naviglio Adigetto": canale navigabile (anche se corre entro vecchi alvei in epoca protostorica occupati dall'Adige stesso), che corre da Ovest a Est per buona parte della Provincia. E che come spiega il nome, fu un'arteria commerciale di una certa importanza fino alla II Guerra Mondiale. NdR]

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