Poesie della quarantena di Edoardo Nicola Ghio

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EDOARDO NICOLA GHIO

Auto–aiutarsi

mi sono
auto-distrutto
auto-descritto
auto-inflitto
auto-discriminato
auto-assecondato
auto-rivoltato
auto-rivoluzionato
auto-reazionato
auto-azzerato
auto-definito
auto-indefinito
auto-ridefinito
auto-propulsionato
auto-ricordato
auto-appesantito
auto-destrutturalizzato
auto-colpito
auto-scontrato
auto-ascoltato
auto-automatizzato
auto-sopravvalutato
auto-sottovalutato
auto-valutato medio
e adesso se mi siedo
sono in auto
e comprendo
di aver dimenticato
sbagliavo la parola
chiedo scusa
principalmente
a me stesso
questa volta
all’ingresso
invece di processi automatici
ragiono a testa china
mi consapevolizzo
semplicemente
invece di auto-qualsiasi cosa
aggiungo una “i”
e mi aiuto

*

Quarantena Mansardata

Due mobili gemelli nero pastello
altrettante porte siamesi nel legno
un televisore piatto
monotono
un divano ad “L” sbagliato nel verso
Poi un tavolino basso
due macchinari allenanti ed alienanti
per fisici stressati
una stufa ricaricabile in trucioli pressati
scatole cartonate
ed una libreria convergente
nelle dimensioni
Ancora
un porta abiti da esterno
circa 2160 piastrelle bicolore
sostegno di piedi travagliati e di sudore
un terrazzo con panche ricavate
tende fatte a mano incapaci davanti al sole
ed un posacenere
che di cenere
ne assapora solamente l’espressione
Infine
una vista normale
mediocre
di tetti abbandonati
intarsiati
strutturati per non colpire
ma essere colpiti
dal cambio della stagione

*

Guardarsi rispettivamente

Io ti guardavo
e tu facevi lo stesso
ma eri strabica
maledizione
Io ti guardavo
e tu facevi lo stesso
ma eri cieca
maledizione
Io ti guardavo
e tu facevi lo stesso
ma eri di Praga
maledizione
Io ti guardavo
e tu facevi lo stesso
ma era lo stesso
senza intenzione
Tu mi guardavi
ed io ridevo
perché pensavo
che sbagliare direzione
fosse essenziale
per la rivoluzione

*

Senza Titolo

Fra le tue scatole
cercavo l’amore
nascosto succinto
in un abito a more
tra bianche dimore
in cui abito ad ore
perché pensare a colori
mi causa rossore
Non provo vergogna
a dirti che piango
davanti ad una foglia
che ha voglia di farlo
staccarsi dal cielo
e cadere dall’alto
perché come persone
hanno bisogno di spazio
Ho trovato l’amore
ma forse è obsoleto
sopra un piedistallo
in stato di veto
ti vedo
dipinta in acrilico
e naso di vetro
mi siedo
siamo derisi
recisi in un credo
incisi di ego
c’è crisi ti prego
Non ne siamo capaci
a mani sudate
ed occhi violacei
restiamo divisi
con occhi d’assalto
per guardarci
ancora una volta
di visi soltanto

*

Alterna interna

Ho immaginato ad occhi aperti cieli verdi
assaporato versi incerti, svariati accostamenti
concerti non coerenti di concetti ricorrenti
di bambini incontinenti in continenti differenti
preferisco i sentimenti veritieri e poco esperti
sento che tu mi senti, lontano dalle menti
ma se tu mi menti, tra tutti questi menti
finisci intrappolato come dentifricio sopra i denti
Seduto tra i banchi di scuola, come un’ola
è finita anche quest’ora
ma in questura per un colloquio prova
che non prova che io son sola e tu sola
nascosto dietro ad un dito, in un bosco di infinito
non è finito ma finito, riiniziato, rifinito e poi sparito
rifinito il bordo di un vestito
per il corpo di un becchino grigio in volto ma arricchito
morto per soffocamento durante l’esalazione dell’ultimo respiro
inspiro
Televisione, melevisione, esuberazione in collisione
solo per missione penso pensieri positivi pensati in pensatoi
per poter pensare di possedere pensioni per pensionabili a Riccione
un piccione ed una fava, una fava e due piccioni
tre, quattro, non importano le numerazioni
perché tanto tutte le nazioni formano coalizioni
siamo vicini, attaccabrighe
premettendo di essere privi
di inconfondibili nastri adesivi
arrivo ultimo ma son primo perché gli ultimi saranno i primi
ma se i primi sono gli ultimi e gli ultimi i primi
allora tifo per i secondi
che nel frattempo arrotondano facendo i secondini
Voglio una macchina da scrivere
voglio una macchina e scrivere
di un tizio stravagante che sta per scrivere
in macchina con una macchina da scrivere
che cazzo c’hai da ridere?
io da grande voglio scrivere per vivere
mica scrivere per “Vivere”
e se non fosse?
vorrei testare tipi tosti che testano testate giornalistiche
tra i testi di testamenti di testuali colpi di tosse
forse, non ho ancora deciso
sono un preciso permaloso riflessivo
rifletto lo stato d’animo in ciò che scrivo se lo scrivo in corsivo
come un corsaro con il sorriso per avere appena ucciso
Beh, ho finito, spero abbiate capito
perché io non ho capito perché le persone non comprendano il mio essere non capito
io ti ho capita e mi piace
perché in definitiva, anche se non trovo pace
quando mi guardi, capisci il mio casino

Edoardo Nicola Ghio su Margutte: Poesie assortite

Foto di Bruna Bonino