SARA RUSSELL
La Catena d’oro (volume pubblicato in inglese dall’autore in edizione privata a Venezia nel 1970, seguito da edizione italiana con testo inglese a fronte: Firenze: Paideia, 1998, ristampa 2001) è una selezione di poesie scritte tra il 1963 e il 1969. Io ho aiutato mio padre a preparare la pubblicazione della prima edizione bilingue nel 1998, e sono lieta di avere l’opportunità di rileggere attentamente alcune di queste poesie in questo saggio. Colgo l’occasione di ringraziare mio marito, Marco Prina, per il suo prezioso aiuto con l’interpretazione delle poesie.
Tra queste poesie, ne ho selezionate tre che rappresentano la relazione tra poesia e creazione in modo particolarmente evidente: “Il cieco Omero”, “La catena d’oro” e “Ragazza che dipinge” – mantenendo l’ordine in cui appaiono, notando che mio padre non ha rigidamente pubblicato le poesie secondo l’ordine cronologico della loro composizione. Per questo saggio, ho rielaborato le traduzioni italiane (originariamente di Pier Franco Donovan e di mio fratello, Peter George Russell) quando l’ho ritenuto necessario per una migliore comprensione e interpretazione delle poesie.
Il cieco Omero
Il cieco Omero, schernito dalla truppa ignorante,
Sorretto tra i muli, inventò l’Olimpo;
E l’Ellade esplose in fiamme dorate, e l’Europa
Crebbe lenta dai suoi lunghi esametri.
Berlino,
9 agosto 1964
Questa poesia non celebra, naturalmente, solo Omero, ma tutta la tradizione letteraria occidentale. Si tratta di una riscrittura dell’incipit del Vangelo secondo Giovanni, ma in questa versione laica al posto del Logos divino appaiono le parole, i versi e la musicalità prodotti dal poeta per illuminare il mondo e far scaturire la civiltà. Russell implicitamente include se stesso, come poeta sincretista e modernista, all’interno della tradizione che è iniziata con Omero ed enfatizza il proprio ruolo nel ri-raccontare questa tradizione in forma poetica.
La catena d’oro
Giacevo in ceppi con catene di bronzo,
Supplicai un dono alla Bianca Colomba:
Le catene d’argento che legano i cigni,
La catena d’oro che lega il mio Amore.
La Colomba disse: «Va’ al Lago,
E prendi una verga in mano.
Contempla il cielo e l’aria, e traccia
Un cerchio magico nella sabbia.
Dentro il cerchio pianta un seme;
Aspetta che l’Albero cresca.
Contempla il sole e la luna, e non badare
A parola di amico o di nemico.
Vedrai innalzarsi le vette dei monti;
Vedrai la terra trasformarsi in pesci –
Il profondo lago sembrerà una coppa di cristallo
In cui sognerai il tuo logorante desiderio.
I pesci salteranno come uccelli d’argento
fuori dalla tazza di cristallo:
Germineranno zampe e danzeranno, emetteranno parole –
Parole che saranno la tua anima.
Prendi tutte le parole e trascrivile
Sulle foglie dell’albero che cresce;
E lascia che la luce delle stelle, come corona,
Illumini la calligrafia delle foglie.
E leggi ancora, e leggi ancora
Le parole pronunciate dalle verdi foglie!
Ed esse saranno la catena d’argento
E anche la catena d’oro.»
Venezia,
11 aprile 1965
In questa poesia si intersecano poesia, profezia, creazione, trasformazione e metamorfosi. Inoltre, è esplicita l’immagine della catena, che rinforza la catena di poeti implicita nella tradizione occidentale nella poesia “Il cieco Omero”. Mentre la poesia “Il cieco Omero” si focalizza sull’impatto della figura del poeta sulla tradizione, “La catena d’oro”, invece, si focalizza sul viaggio metafisico del poeta stesso, viaggio simboleggiato dalla catena d’oro, una potente immagine neoplatonica.
Come noteranno i lettori, le catene sono tre, e vengono introdotte nella prima strofa. Il primo esempio di catena sono i ceppi di bronzo che rappresentano la visione limitata del poeta all’interno del mondo di ombre della celebre caverna platonica. Nel secondo esempio la catena è d’argento e rappresenta la connessione con il mondo naturale. Nel terzo esempio, il più nobile, la catena è d’oro e rappresenta l’aspirazione del poeta all’unione con il mondo dell’Amore divino – infatti, il sostantivo comune viene enfatizzato con la maiuscola iniziale per ricordarci che questo Amore è l’ideale platonico, non una sua approssimazione terrestre.
La catena d’oro e quella d’argento sono collegate tra di loro, e le metamorfosi descritte nella profezia della colomba ci ricordano la possibilità di sublimazione dal mondo naturale a una dimensione divina, a cui la poetica di Russell aspira ad appartenere e che si propone di rappresentare.
Vorrei ora sviluppare due notevoli esempi di metamorfosi. Il primo è rivelato da diversi termini polisemici. Per esempio, al terzultimo verso sia la parola “leaves” («foglie») che la parola “spell”(«incantesimo») hanno più di un significato. Oltre al significato letterale di leaves come «foglie», questa parola può significare i fogli di un libro e, in modo forse meno significativo, “se ne va”. Inoltre, il doppio significato di “spell” è introdotto dal cerchio «magico» (v. 8). Infatti, spell significa sia la catena di lettere che formano una parola che un incantesimo. In entrambi questi esempi di polisemia, almeno uno dei significati si riferisce direttamente alla scrittura in generale e in particolare al potere trasformativo della poesia. Le metamorfosi evocate dalla profezia della colomba vanno di pari passo con la metamorfosi di un significato in un altro attraverso un processo magico, sempre utilizzando la stessa parola.
Il secondo esempio è una terza, e implicita, catena, di metamorfosi concentrate in due versi. Nella quinta strofa, il poeta costruisce una catena di metamorfosi che portano dal regno minerale («cristallo») a quello vegetale («germineranno») a quello animale («zampe») e poi alla forma umana («danzeranno ed emetteranno parole») ed infine alla dimensione spirituale («anima») nei vv. 19-20.
Ragazza che dipinge
Hai preso dello spazio vuoto, liquido, incolore
E hai messo del rosa e del blu per fare un fiore;
Un verde chiaro per lo stelo, e smeraldo alla base,
Per l’erba, nera terra – ma una MAGIA creò la tua pioggia;
Che riversa trasparenze di lucida rugiada
E raggi di sole carichi di polline invisibile;
Sembrava che tutto fosse lì – ma Tu,
Così femminile, aggiungi uno schizzo di marrone – un’ape.
Sapevo che quel tocco era giusto – la tua bianca mano incerta
Diretta da una qualche forza che non osammo nominare
Interruppe il suo corso per contemplare la terra
Di luce ch’avevi fatta – e si chiese da dove venisse;
Mi fermai e guardai, attonito – «È splendido!»
E corsi fuori di casa per scegliere una cornice.
Venezia,
4 giugno 1965
Ho scelto questa poesia in particolare per chiudere questo trittico di poesie sulla creazione perché rappresenta la creazione dal punto di vista sia della natura che della cultura, mediando tra i due, che si fondono per formare qualcosa di completamente nuovo.
Questa poesia riscrive la storia della creazione da Genesi 1, rappresentando come creatore una potente forza femminile, evocando non solo l’immagine biblica ma anche la mitologia greco-romana e la sua ri-rappresentazione rinascimentale (per esempio, la nascita di Venere di Botticelli). La struttura e i contenuti potrebbero sembrare semplici a prima vista. Eppure appena sotto la superficie dell’immagine nella cornice di una ragazza che dipinge mentre la persona accanto a lei guarda in ammirazione si intravede una complessa allegoriache intreccia riferimenti al Boccaccio (implicitamente attraverso la stessa struttura narrativa a cornice della poesia ed esplicitamente nella ricerca di una «cornice» per il quadro), la Difesa della Poesia di Sir Philip Sidney e i quattro livelli di significato descritti nell’Epistola a Can Grande della Scala attribuita a Dante. E forse le immagini in questa poesia alludono all’Autoritratto come Allegoria della Pittura di Artemisia Gentileschi, dal momento che l’entità femminile nella poesia di Russell, come quella nel dipinto della Gentileschi, è rappresentata come creatrice. Inoltre, la parola «MAGIA», enfatizzata dai caratteri maiuscoli, evoca il potere supernaturale, miracoloso, del cosmos, della pittura narrativa e della poesia stessa.
Si noti infine che la parola gauche al v. 9 nell’originale lascia aperta sia l’idea di «incerta»o goffa che l’uso della mano sinistra, contrapponendosi a una forza che la guida e che è innominabile (alludendo forse a una contrapposizione tra energia maschile e femminile universale), come si specifica al verso successivo. Parallelamente connesso a questo, la forza innominabile si riferisce implicitamente al Logos, che è per definizione il potere di nominare. Allo stesso modo, il concetto di Logos è implicitamente presente attraverso l’allusione al Vangelo di Giovanni nella poesia “Il cieco Omero”.
Sara Russell è la figlia secondogenita del poeta Peter Russell. Ha avuto la fortuna di girare il mondo da bambina e di crescere in una casa sempre piena di libri e di cultura, che ha sempre apprezzato come più preziosi dei beni materiali. Sara ha conseguito il dottorato di ricerca in letteratura rinascimentale all’Università della California a Berkeley, dove si è specializzata nei novellieri italiani dal Boccaccio al Bandello. Vive in Toscana con suo marito, Marco, e il figlio, Gregorio.
La foto pubblicata qui sopra appartiene all’archivio di famiglia.