Fin-Negans Wakefield

LORENZO BARBERIS (TESTI). LAURA BLENGINO (FOTO E VIDEO).

Sabato 12 ottobre alle 21 Margutte ha celebrato il suo grande evento poetico autunnale (dopo quello artistico di settembre, con l’ausilio del pittore Capellino): l’incontro dei poeti della scuola monregalese (tra cui spiccano i nostri Silvia Pio, Gabriella Mongardi, Attilio Ianniello, assieme a Nicola Duberti e Alessandro Dattola) con i poeti della scuola inglese di Wakefield, i Red Shed Poets, che si riuniscono in questa struttura legata al partito laburista, e quindi rossa non solo per decorazione (un po’ come la Baracca Rossa dove, ad Alessandria d’Egitto, mosse i primi passi poetici e culturali Giuseppe Ungaretti, ancora lontano dalle prefazioni di Mussolini).

Wakefield, “Il campo della veglia”, se traduciamo letteralmente, è un capoluogo di provincia inglese (il Nord-Yorkshire, per essere precisi), circa 80.000 abitanti, ed è celebre nella storia d’Albione specialmente per essere stata il campo, appunto, di una risolutiva battaglia nella Guerra delle Due Rose, nel 1460.

Un tratto in comune con Mondovì, quindi, che allo sguardo superficiale del mondo è innanzitutto il luogo della decisiva battaglia di Napoleone, nella campagna d’Italia, nel 1796.

M(ondovì) e W(akefield): M. e W., il Monte e il Campo: due realtà perfettamente simmetriche fin dal nome.

Da Wakefield sono dunque giunti Jimmy Andrex (al primo impatto ho capito Jimi Hendrix), solo con le sue liriche, e John Irving Clarke, in carne e ossa e poesie, gradito ospite della città monregalese, a celebrare di persona questo incontro tra isola e continente propiziato dalla nostra Silvia Pio, da tempo in contatto email con gli autori del Red Shed. Non a caso Silvia è presente con alcune poesiE bilingui, scritte da lei stessa in inglese ed italiano, ed ha provveduto alla traduzione dei testi inglesi presenti nel volume edito per l’occasione.

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Altra presenza inglese di pregio si trova in “Da terre a terre”, l’elegante raccolta stampata per l’occasione dagli Amici di Piazza, maestri tra le altre cose dell’antica arte tipografica che custodiscono nel museo della stampa monregalese da loro gestito. Si tratta di Anne Desmet, membro della Royal Academy, della cui arte grafica ho scritto (per Margutte e Provincia Granda) in occasione della sua presenza alla Mostra di quest’estate.

In cover della raccolta, una delle sue meravigliose torri di Babele (altre incisioni in calce all’opera): un segno particolarmente idoneo alla raccolta, che nasce dalla (con)fusione delle lingue, per quanto limitate a due (tre, se contiamo che una lirica di Gabriella Mongardi ha titolo in provenzale. quattro, se contiamo il colophon, gustosamente in latino). E poi la torre di Babele, anzi la “torre di Nembrotto” (il mitico gigante costruttore) in “Bambillona” è l’obiettivo ultimo del vagabondare di Margutte, secondo una differente versione del mito avanzata dal suo stesso autore, il Pulci. Quindi è immagine perfetta per la prima opera cartacea che nasce, in qualche modo, dalla fucina di questa virtuale (e virtuosa) rivista. E in fondo lo skyline di questa Torre di derivazione bruegeliana è molto affine al profilo della collina di Mondovì.

Ma passiamo alla serata vera e propria. Ospite dell’evento è stato il Museo della Ceramica di Mondovì, che si conferma sempre più un polo culturale in grado di aggregare nuove occasioni di incontro, artistiche e letterarie, attorno alla tradizione ceramistica monregalese (fulcro propulsore dell’arte locale dal ’700 in poi).

Ha introdotto l’evento il saluto di Marco Tomatis, segretario degli Amici di Piazza, che ha ricordato la ricca scuola di poesia piemontese di Mondovì; è intervenuto l’assessore alla cultura di Mondovì, Mariangela Schellino, che ha raffrontato quest’incontro e le consuetudini inglesi dei reading con la tradizione delle vija piemontesi (curiosamente, “Wake” è veglia, come Vijà, “vigilia”).

John Clarke

Poi è toccato al sottoscritto Lorenzo Barberis fare gli onori di casa del Margutte, essendo mezza redazione già impegnata nell’evento. John Clarke ha quindi presentato la sua esperienza di un’Inghilterra dove si paga per accedere ai reading poetici, e ha quindi letto le liriche inglesi sue, dell’amico Andrex e in seguito di Silvia Pio (English version).

Marlen Pizzo

In seguito, è stata poi la bravissima Marlen Pizzo, assieme al magistrale accompagnamento di Marco Marenco, a proporre con viva e vibrante recitazione i testi poetici italiani di Dattola, Duberti, Ianniello, Mongardi e Pio, in rigoroso ordine alfabetico. Una poesia ciascuno, con un reading che ha così avuto dalla sua, indubbiamente, anche il pregio di una equilibrata snellezza (di Marlen Pizzo e Marco Marenco ha scritto anche la nostra Laura Blengino, qui).

Ovviamente ciascuno dei poeti e amici ha la sua ragione di ricerca poetica: personalmente, non ho potuto fare a meno di apprezzare in particolar modo VITRIOL di Attilio Ianniello, poesia alchemica quant’altre mai, dove la lettera iniziale di ogni strofa rimanda a una lettera del Visita Interiora Terrae, Rectificando Invenies Occultum Lapidem, il motto stesso dell’alchimia.

Se teniamo poi la prima parola di ogni strofa, cogliamo una possibile sotto-lirica interna, “Visitare, Indirizzare, Terra Ristrutturare. Illese Osserviamo: Libero.” Una riformulazione plausibile del motto alchemico, dove “indirizzare” e “ristrutturare” rimandano bene al “rettificare” alchemico, e il Lapis è sostituito dalla Libertà.

“Da terr(ae) a terr(ae)” quindi, come il titolo della raccolta: potrebbe essere un’ulteriore sintesi dell’invito alchemico a esaminare le profondità ctonie e dell’inconscio per tramite della poesia.

“Poesia senza confini”, recita infatti il sottotitolo del volumetto edito da El Pejlo, le edizioni degli Amici. “Senza con-fini” e, dunque, “senza fine.” Un campo di veglia (poetica) senza fine: un Fin-Negans Wakefield, appunto.

Da M. e W., per ora, è tutto.

(Un’intervista con John  I. Clarke su trova qui: https://www.margutte.com/?p=2356)