La provocazione di fare il ritratto a una provincia

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YVONNE FRACASSETTI BRONDINO.

Il  quarto libro di Gabriele Gallo  è quasi una provocazione.
A cominciare dal titolo: Ritratti di una provincia. Soltanto con il sottotitolo – tre pagine dopo –  capiamo che si tratta della provincia di  Cuneo:  girovagando tra le terre di Cuneo.
Come se il dove (le terre di Cuneo) fosse secondario rispetto allo scopo principale : fare il  ritratto, il ritratto che in genere si fa a una persona, per captarne i lineamenti certo, ma anche la personalità, il carattere, l’umore. Infatti Gabriele, come aveva fatto con i rifugi,  personifica la sua provincia, la prende sottobraccio, la scruta, la sgrida (come quando scrive, a proposito della Cuneo-Asti rimasta sospesa: una Salerno-Reggio Calabria che i nordici fingono di non conoscere), l’interroga, vuole arrivare alla sua anima . Come aveva fatto con i Rifugi insomma: Rifugiarsi nella descrizione di un attimo, era  il titolo. Dei rifugi, ci ha presentato i dati, la descrizione, tutto ciò che deve sapere un escursionista, ma lui voleva arrivare all’anima,  cioè alla sensazione che ti coglie lassù, quando sei di fronte a quell’esplosione di colori, di profumi, di sensazioni inebrianti che creano tra te  e il rifugio un dialogo polifonico.

Torniamo al volumetto. Una veste editoriale spartana: non una fotografia, una copertina quasi povera (o volutamente essenziale), come a dire: andate a vedere cosa c’è dentro, cosa c’è scritto, perché lì sta il messaggio, la sostanza.

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Mi è venuto istintivo: sono andata su internet a vedere cosa esiste sulla provincia di Cuneo…. Una valanga di pubblicazioni! Storiche, geografiche, etnografiche, linguistiche, turistiche … con tanto di carte, fotografie, grafici, tabelle, stampe, ….
Allora  a Gabriele cosa  è saltato in mente di presentare un libricino apparentemente così modesto ?

Lì sta la provocazione:  per andare all’essenza, ha fatto tabula rasa del superfluo. La provincia di Cuneo – dice Gabriele – io ve la faccio vedere da un’altra angolatura . E per questo, faccio un passo indietro (come il pittore davanti al ritratto,  si ri-trae)
Prima di iniziare il suo girovagare, ci invita a riflettere  sul  significato del termine ‘provincia’.  Quindi la riflessione precede la descrizione – è quasi una lezione di metodo: la provincia è un confine psicologico, forse culturale , ma non fisico. Comunque, non  sarà certamente una delimitazione geografica o amministrativa a fermarci : abbiamo i sensi – dice Gallo -  per captare il profumo di mare  in val Bormida, abbiamo la mente per leggere la storia che ci lega alle valli francesi, abbiamo l’udito per sentire i suoni delle parlate e dei dialetti che si incrociano… non facciamo i provinciali, voliamo più alto, alziamo lo sguardo.

Così si parte,  con l’invito implicito a lasciarci alle spalle le solite  pubblicazioni sulla provincia di Cuneo, dotte, illustrate, corredate… e a girovagare aguzzando i sensi, aprendo la mente alla scoperta di una provincia che è essenzialmente terra di frontiera tra mare e montagna, tra Piemonte e Liguria, tra l’Italia e la Francia.
Pazienza per i bogia nen, sono nati nel posto sbagliato! Questa non è una provincia dove chiudersi entro confini definiti, da poter dire “noi siamo così, voi siete diversi”… Non è possibile perché la caratteristica di questa terra di frontiera è la pluralità,  una pluralità che si declina a vari livelli.
Una pluralità fisica, morfologica certo, tra pianure e cerchia alpina, tra borghi arroccati  (lacrime umane cadute quasi per caso tra i capricci delle rocce e gli sputi dei torrenti ) e colline che lasciano senza fiato come le Langhe, terra che profuma di cura e meticolosità.
Una pluralità storica che Gabriele coglie oltre i capostipiti della storia regionale, oltre la dinastia dei Savoia. Anzi, prima dei Savoia, ai quali questa pluralità ha dato molto fastidio e che hanno cercato di spianarla come un rullo compressore. Basta pensare alla guerra del sale, basta pensare a Sampeyre che prima dei Savoia seppe sfruttare la sua posizione tra valli cuneesi, valli francesi e torinesi per meritarsi uno statuto e un ordinamento politico privilegiato, per ben quattro secoli. Sampeyre , che seppe diventare un piccolo gioiello burocratico e culturale incastonato ad alta quota una terra indipendente che univa le valli cuneesi e quelle francesi e torinesi per montagne che divenivano veicolo di scambio e non sinonimo di barriera.
Differenzeaggiungo io - che divenivano veicolo di scambio e non sinonimo di barriera: ecco quello che ci manca, eppure ce lo insegna la storia di Sampeyre, ecco quello che ci manca per diventare europei e vincere la battaglia della mondializzazione, fare delle differenze un  veicolo di scambio e non sinonimo di barriera, come seppero fare a Sampeyre secoli fa.

Adesso Gabriele ci invita a guardare al futuro partendo da questa pluralità, da questa flessibilità iscritte nel ritratto della provincia.
È quello che sta facendo Slow Food, dice Gabriele: una fiamma  che brucia saperi e sapori dal respiro mondiale . È quello che seppero fare i “raccoglitori di capelli” di Elva, diventati i più grandi fabbricanti di parrucche per la nobiltà europea.
Un mestiere particolare  – scrive Gallo – che odora ancora oggi di mobilità e di intraprendenza, con montanari apparentemente ignoranti, capaci tuttavia di rapportarsi con la nobiltà italiana, francese e inglese. Un’elasticità nei commerci e negli affari che nella difficile Valle Maira trovò sfogo anche negli acciughai, divenuti celebri in tutto il Nord Italia.
Ancora una volta una posizione di disagio che si tramuta in opportunità di scambio e di inventiva.
Ma cos’è il futuro di questa provincia, di questo paese, di questo mondo, se non l’arte di innestare l’innovazione sulla tradizione? Quest’arte è nel DNA della provincia di Cuneo, una  predestinazione  allo scambio e al guardare oltre   anziché una tendenza a chiudersi come si è soliti pensare. Questo è il messaggio, senza immagini, senza fronzoli, che sta nelle pagine di questo libricino.

Ovviamente, quest’arte – innestare l’innovazione sulla tradizione – è anche nel DNA dell’autore, che ne fa la sua bandiera, il suo lavoro.
Abbiamo bisogno di giovani con questa fede. Di giovani che propongano uno sviluppo diverso da quello, disastroso , della globalizzazione che tende a cancellare le realtà locali proseguendo la sua corsa sfrenata al profitto. Abbiamo bisogno di alternative, di proposte di sviluppo che valorizzino le tradizioni innestandovi quanto  la scienza e le tecnologie  hanno  fatto emergere negli ultimi decenni. Questo perché si continui a guardare come ultimo traguardo, non il profitto, ma l’uomo, la civiltà.
Per fare questo, ci vuole uno sguardo particolare sul mondo: uno sguardo olistico , un termine che piace molto a Gabriele – cioè uno sguardo a 360°,  capace di fare quel passo indietro che permette di cogliere la realtà in tutti i suoi aspetti, e ci vuole Amore, amore della tua terra e amore di un futuro fatto per gli uomini.  Questo credo, è il messaggio di questo volumetto.
Viene da un giovane che ha scelto di restare nella sua provincia – di non andare a far valere le sue competenze per il mondo – perché tutto è già qui, anche nella provincia dei bogia nen.  Gli auguriamo tutto il successo che merita perché abbiamo bisogno di uomini di fede.

(Testo dell’intervento tenuto alla presentazione, curata dagli Spigolatori, del libro di Gabriele Gallo Ritratti di una provincia, Leucotea, Sanremo 2016, che Margutte aveva già recensito QUI)