Il dolce rumore del paesaggio sonoro

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(BRUNA BONINO, a cura)

Storie di trentenni crossmediali

«Maud aprì la finestra ed il rumore della valle riempì la camera. Il sole tramontava. Lasciava al suo posto grandi nuvole che si agglomeravano e si precipitavano come ciechi verso una voragine di luce. Il “Settimo” dove abitavano sembrava stare ad una altezza vertiginosa. Vi si scopriva un paesaggio sonoro e profondo che si prolungava fino alla striscia cupa delle colline di Sévres. Tra quest’orizzonte lontano, pieno di fabbriche, di sobborghi e l’appartamento aperto in pieno cielo, l’aria carica di una sottile foschia ricordava, glauca e densa, l’acqua. Maud resta un momento alla finestra, le braccia tese sulla ringhiera del balcone, la testa china con una posa simile a quella di un bambino ozioso. Ma il suo viso era pallido e urtato dalla noia. Quando ritorna verso la camera e chiude la finestra il rumore della valle cessa bruscamente come se avesse chiuso le cateratte di un fiume».

Il brano, tratto dal romanzo di Marguerite Duras “Les impudents”, pubblicato nel 1943, ci parla di  paesaggio sonoro, un insieme  di suoni che ci circondano percepiti come sinfonia quotidiana della nostra vita. Il paesaggio sonoro è una traduzione del neologismo inglese Soundscape (da sound, suono e sul modello di landscape, paesaggio).

Una definizione della terminologia si deve al musicista e studioso canadese Ray Murray Schäfer, che con essa intendeva «tutto ciò che ci circonda a livello sonoro, ma con un’attenzione specifica, antropologica, che include gli interventi dell’uomo sulla natura e l’ambiente e implica un rapporto di coerenza tra gli elementi».

Un paesaggio sonoro è quindi  l’insieme degli eventi acustici che ci circondano. Secondo Schäfer «un paesaggio sonoro possiede tre elementi fondamentali: toniche, segnali e impronte sonore. La tonica di un paesaggio sonoro è costituita dai suoni creati dalla geografia e dal clima: acqua, vento, foreste, animali, uccelli ecc. Alcuni di questi suoni possono avere un valore archetipo, cioè essere impressi così profondamente nell’animo umano che la loro scomparsa potrebbe essere avvertita come un impoverimento culturale. Per segnali s’intendono i suoni in primo piano, ascoltati consapevolmente, «suoni-segnale» che, all’interno di una dimensione collettiva comunitaria, svolgono una funzione di avvertimento acustico: campane, fischi, clacson, sirene, ecc. L’impronta sonora, infine, è un suono caratteristico di una data comunità. In quanto unico, o dotato di particolare considerazione, contribuisce a determinarne l’identità culturale: esso deve essere protetto, poiché la sua presenza conferisce un carattere di unicità alla vita di una comunità».

È la tecnica Soundscape che ha unito artisticamente Federico Carle, Marco Berrone e Piero Adamo. Il trio attraverso il paesaggio sonoro propone composizioni originali, e narrazioni musicali comunicando allo spettatore una forma d’arte che unisce suoni, immagini e poesia. Regalando profonde sensazioni emotive in una sfera suggestiva.

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«Nel 2012 – racconta Federico – ho vinto il Premio nazionale di poesia ‘Palazzo Grosso’ che aveva come tema la ‘Sinfonia del mondo’, elaborato con  Domenico Torta, musicista, autore e ideatore del Museo del Paesaggio Sonoro di Riva presso Chieri (www.museopaesaggiosonoro.org). Domenico da anni si dedica alla raccolta dell’importante patrimonio della musica popolare del Piemonte.  In quell’occasione confrontandomi con Andrea Gastaldi, segretario dell’associazione culturale “Il Carro” di Riva presso Chieri che organizza il Premio e che col Museo – ovviamente – ha uno stretto legame, è nata l’idea di creare un micro-festival dal titolo ‘Passaggi sonori’. Subito ho voluto coinvolgere il mio amico Marco, musicista, esperto nel campo dell’arte visiva e della realizzazione di suoni ambientali. Il Festival è stato ospitato nell’atrio dello storico Palazzo Grosso (residenza marchionale del Seicento che ospita il Museo del Paesaggio Sonoro, ndr), un vero e proprio  passaggio fisico e mentale nelle ‘tre cornici’ del Palazzo: passato (il Museo), presente (il Premio di poesia) e futuro (il microfestival Passaggi Sonori). Lo spettacolo si è svolto unendo una serie di  suoni registrati nell’ambiente di Riva, rielaborati elettronicamente con lo scopo di proporre idealmente il soundscape del futuro, o forse solo futuribile, del territorio. Ai suoni sono state affiancate immagini e video trasmessi in loop che, in uscita dagli spazi di un corridoio laterale (un po’ come una caverna di Platone), creavano una  suggestione visiva coinvolgendo lo spettatore e invogliandolo al movimento. Ecco quindi il passaggio fisico e mentale del titolo. Entrando dal portone principale, nell’atrio, ci si imbatteva in queste suggestioni sonoro-visive che accompagnavano e straniavano il fruitore. Molti di loro erano lì per la cerimonia di premiazione del concorso di poesia (che si svolgeva nella Sala delle grottesche, al piano nobile, accessibile dallo scalone a sinistra della nostra postazione); molti erano lì per visitare il Museo (raggiungibile grazie dall’ascensore, verso destra). In quest’ottica lo spettatore si trovava in un ambiente nuovo e inaspettato. Venuto lì per altro, forse, si sentiva improvvisamente immerso in un microcosmo nuovo, esattamente come quando ci si trova dentro a un ambiente naturale sconosciuto. Ci si può fermare incuriositi o proseguire, riflettere o dimenticare. Ecco i nostri Passaggi sonori, messi in scena il 17 maggio 2015».

Natale dell’arte

«Proprio in quella occasione – continua Marco – abbiamo avuto modo di conoscere lo scultore Giovanni Borgarello, presente con la sua mostra  ‘Le forme della materia’: una serie di opere modellate nel legno e nel marmo di Carrara. Borgarello è scultore di fama internazionale che vanta esposizioni personali in location prestigiose: Torino, Milano, Roma, Venezia e Bologna, per citarne alcune in territorio nazionale, ma anche Basilea e New York. Dall’incontro è nata un’amicizia e di seguito una collaborazione. Durante le scorse festività natalizie lo scultore ha  allestito nella chiesetta dello Spirito Santo di Cambiano (sua città natale dove vive e lavora tutt’ora), un presepe futurista con decine di figure alte anche più di due metri, realizzate principalmente in pietra e in legno. Oltre al suggestivo gioco di luci e colori l’opera è stata completata con musiche e suoni che abbiamo registrato durante la lavorazione delle sculture stesse, nel laboratorio dell’artista. Abbiamo voluto chiamare quella mostra ‘Natale dell’arte, dono di bellezza’ per legarci al concetto di nascita. La nascita del Salvatore, ma soprattutto la nascita dell’opera d’arte. Il processo, campionato attraverso l’audio, che l’ha portata alla sua creazione. Erano inoltre i mesi dei terribili attentati terroristici in Francia  e in Belgio, ci sembrava giusto quindi ribadire la speranza che vince sulla paura. E il dono che l’arte ci fa ogni giorno dell’anno, per tentare di superare le difficoltà e capire noi stessi in rapporto al prossimo, e alle culture».

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Mi manca un amore

Veniamo ora al progetto più recente, dello scorso febbraio, “Mi manca un amore”. Un reading poetico electro-ambient in cui al centro ci sono  state poesie d’amore e musica elettronica accompagnata da basso, chitarra e video. Federico e Marco raccontano la genesi del titolo: «Come battuta, proprio mentre andavamo (da Fossano, in provincia di Cuneo dove abitiamo) verso l’atelier di Borgarello a Cambiano. Percorrevamo le tangenziali della cintura torinese, e ci siamo detti: “Questi posti sono magnifici, ma è come se mi mancasse un amore” (l’ha detto Marco in verità, ndr). E ci siamo messi a ridere per l’espressione curiosa. Da lì il titolo è iniziato a circolare, anche perché da tempo era nata la voglia di cimentarsi in un reading sui generis. A questo progetto si è aggiunto l’amico musicista Piero Adamo. Lo abbiamo presentato per la prima volta ad Alba nei locali dell’associazione culturale Asso di Coppe – che ringraziamo sentitamente – in occasione di San Valentino. Proprio così, “Mi manca un Amore” inteso come la notte che precede la festa degli innamorati per antonomasia. Era il 13 febbraio, la veglia e la vigilia dell’“amore che viene, e che si celebra”. Non solo, “Mi manca un amore” anche come assenza – percepita a tratti nella società di oggi – dell’Amore maiuscolo, in qualche modo: l’impegno civile, il rispetto, la fratellanza, la pietas; come volontà di fare qualcosa per il nostro tempo e la nostra la storia. Una critica ai tempi moderni, in cui sembra mancare quell’Amore che ha permesso al Paese di diventare grande, superando le difficoltà del Secolo breve».

Marco ha creato le musiche, rielaborate e campionate. Suoi personali e interessanti studi elettronici. Sul fondo era proiettato Pianosequenza, il surreale film di Louis Nero girato tutto in un unico pianosequenza, appunto, a Torino, di notte, nei primi anni Duemila, che narra di intrecci amorosi sofferti e magici all’ombra della Mole. Federico ha selezionato le poesie (Octavio Paz, Davide Rondoni, Andrea Zanzotto, Giuseppe Conte, Clemente Rebora, Anne Sexton, Wisława Szymborska, Silvia Avallone…). Piero alla chitarra ha dato il giusto tocco di colore alla scena, scaldando l’ambiente, e arrivando al cuore.

Nei versi letti, ovviamente sempre lui, l’amore protagonista, declinato in varie “cornici”. L’amore classico suddiviso a sua volta nelle tre accezioni: eros (amore erotico), agape (amore di Dio) e philia (amore come amicizia). Amor di Patria e ancora verso il paesaggio e il mondo, con un focus – ahinoi – verso le sue deturpazioni.

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Federico Carle e la poesia

È di circa dieci anni fa l’incontro casuale con una “strana” poesia che ha portato Federico ad avvicinarsi alla scrittura. Era la “La Romanza alla notte”, di Georg Trakl.

Un solitario sotto la volta stellata
va per la silenziosa mezzanotte.
Il fanciullo da sogni confuso si sveglia,
il suo volto grigio nella luna si sfa.

La folle piange con sparsa chioma
alla finestra che irrigidisce inferriata.
Lungo lo stagno in dolce viaggio
passano amanti mirabilmente.

L’assassino pallido nel vino sorride,
orror della morte gli ammalati afferra.
La monaca prega ferita e nuda
dinnanzi al Salvatore crocefisso.

La madre sommessa nel sonno canta.
Quietamente a notte il bimbo
guarda con occhi che sono veraci.
Nel bordello risuonan risate.

Alla luce di sego giù in cantina
il morto traccia con bianca mano
un ghignante silenzio alla parete.
Il dormiente sussurra nel sonno.

«Ho iniziato così a  buttar giù  i primi versi – dice -; un periodo molto creativo che mi ha spronato  a mettermi in gioco. Penso che la poesia sia una delle arti regine, una culla che unisce le varie realtà alle emozioni del mondo. Scrivere è per me una ‘mancanza’ che si tenta di colmare, ma che non si colmerà mai. Come la bellezza di un desiderio mai esaudito, e quindi sempre in ‘tensione’; sempre alla ricerca. Il poeta si può dire abbia delle antenne particolari, è una persona con una sensibilità speciale che deve mantenere un ruolo positivo nella società: deve saturare e suturare il dolore, aiutare, parlare della bellezza, trasmettere luce, trasformare le ferite in feritoie di speranza. Tutto questo per dire che non mi definisco poeta, non potrei! Lascio questa parola così importante ai giganti, che se la meritano per davvero. Tuttavia ‘faccio’ poesia, scrivo. Ci provo. E quando mi cimento non utilizzo (quasi mai; o per lo meno non la cerco) la metrica esatta perché penso che nella poesia sia più importante la sonorità delle parole, allo schema. Essa deve saper  raccontare la vita avvalendosi  soprattutto dell’armonia. Ma detto ciò, alla fine, quasi sempre capita che le poesie più belle godano di una metrica sostanzialmente perfetta, casuale, non voluta ma venuta come un dono.

Infine posso dire che la poesia è una forma d’arte che non dovrebbe essere riservata a  pochi illuminati (come spesso accade purtroppo) ma dovrebbe essere per tutti (come nelle sue origini, in fondo), perché è uno strumento molto efficace e capace di arrivare con immediatezza nel profondo delle persone. Dritta al cuore».

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Federico Carle nasce e vive questi suoi primi trent’anni nella provincia di Cuneo. Giornalista de La Fedeltà, testata locale di Fossano, conosce la poesia e ne viene rapito. Amante della settima arte ne cerca i contatti, le osmosi. Come Mija – protagonista del pluripremiato film Poetry del regista coreano Lee Changdong – vaga alla ricerca di risposte anche fra realtà apparentemente dimentiche del senso di bellezza o vie di poesia. Ha ottenuto riconoscimenti importanti, fra i quali le segnalazioni al Lerici Pea sezione “Lucia Roncareggi” e sezione “Poesia Inedita”. Non ha mai avuto occasione di pubblicare in modo organico i suoi scritti. Nel gennaio 2016 vince il premio giornalistico “Piemonte Mese” sezione Cultura e inizia a  collaborare con il mensile omonimo, organizzatore del premio.

Marco Berrone, è nato a Fossano, sperimentatore dalla tenera età, illustratore e grafico pubblicitario di professione, bassista per eredità paterna, incuriosito dalla forma sonora e da strumenti musicali obsoleti.
Visual artist come primo approccio alla materia sonora. Anni di disegno, illustrazioni su fanzine e riviste online sotto pseudonimi vari: iosonoMelma, Kloro1. La continua ricerca nel campo delle arti visive l’ha portato di conseguenza ad approcciarsi ai “disegni sonori”: panorami eterei costruiti e “disegnati” con pattern e campionamenti dal mondo reale.

Piero Adamo è nato a Cuneo, dal 1999  al  2002 ha frequentato studi di chitarra di base con il Prof. Fabrizio Buffa, nei due anni successivi ha frequentato  studi privatistici di chitarra moderna con l’insegnante Paolo Acchiardo.  Attualmente studia  presso Istituto Civico Musicale Dalmazzo Rosso di Borgo San Dalmazzo (corso di chitarra jazz e moderna). Dal 2003 milita in diverse formazioni di musica folk occitana, con all’attivo più di 200 concerti in Italia, Francia e Svizzera. I concerti più importanti della sua carriera musicale, tutti con i Raskas, sono:
Uvernada – Borgo San Dalmazzo 2012, Festejades de Gruissan – Gruissan, Francia 2013, Festival della Canzone di impegno – Castagnole Lanze 2013, Festi Baleti – Saorge, Francia 2014, Feufliazhe – Habere Poche, Francia 2015 REGISTRAZIONI, Raskas (demo studio) 2009, Raskas – Edizione Speciale (demo live) 2011, AAVV – Ensemo per ousitanio vivo (raccolta) 2013, Raskas – La Macha Niera (album) 2014.

Silloge poetica di Federico Carle

Per info: poetryclip@gmail.com, telefono: 377 6661298