L’azzardo della carezza

Lollo e TessaGABRIELLA VERGARI.

Tic, plof, tic, plof, tic …
Se si stava appena un attimo in silenzio, lo si sentiva quel continuo gocciolìo: la sottilissima, impercettibile sinfonia del ricamo della natura.
E malgrado fosse ormai al suo centesimo giro, Laura sapeva che non si sarebbe mai potuta abituare  alle fantastiche storie di acqua, tenacia e pazienza, narrate da quell’incredibile universo sotterraneo e segreto. Così come per esperienza ormai che, a quel punto del percorso, doveva fare in fretta a spostare il suo gruppo, se non voleva intralciare la collega del turno successivo.
- Ed ora, signori, se volete seguirmi … – fece perciò avviandosi con il passo cadenzato e dinamico che lo stage da guida turistica le aveva ormai impresso come un carattere naturale: non troppo veloce, per non disperdere i  ritardatari, né troppo lento, per non rallentare gli impazienti.
Una macchina perfetta, o quasi, quella delle visite alla grotta, un dono più che generoso della natura al territorio, sia in senso geologico che commerciale. Se gli speleologi che nell’ottocento si erano occasionalmente imbattuti nel recesso seminascosto tra le rocce avessero mai potuto lontanamente  prevedere quello che sarebbe poi seguito alle loro prime scoperte, forse le avrebbero tenute nascoste per sé. E sarebbe stato un vero peccato, data la straordinaria bellezza cui l’ambiente carsico aveva dato vita in poco più di cinquecentomila anni: una miriade di splendide formazioni tra stalattiti, stalagmiti, cortine e concrezioni.
Tic, plof, tic, plof, tic …
Non era comunque a misura d’uomo, quel fine lavorìo,  impossibile seguirne a fondo le evoluzioni. Si parlava di secoli e millenni, eppure la grotta dava lo stesso l’impressione di trasformarsi a vista d’occhio e di essere viva, come ogni autentico organismo in espansione. Laura aveva perfino l’impressione di sentire a volte crescere  le colonne di calcare, pian piano, pian piano, millimetro per millimetro, su, su, come in un’inesausta tensione spirituale, se stalagmiti, giù giù, come in una voluttà di terra e radici, se stalattiti.
Ma  il clou doveva ancora arrivare, sorrise tra sé.
Si aggiustò perciò meglio il microfono a cuffia, ne regolò il volume dalla borsettina  a tracolla così da raggiungere anche quell’ultimo visitatore che si stava ancora aggirando trasognato tra le composizioni calcaree che i primi avevano superato da un pezzo, e provò a distogliere i suoi turisti dagli ennesimi selfie con una presentazione dall’effetto studiato:
- Ed ecco a voi quello che il nostro poeta Gianmarco Marino ha battezzato L’Azzardo della Carezza!
- Uhaoo! – esclamò una ragazza stringendosi al compagno con un vistoso piercing al naso.
- Com’è romantico! – sussurrò al marito una signora anziana.
- Oh no, ridatemi la Tartaruga Sbilenca ed il Pappagallo Curioso! – ironizzò, in allusione alle fantasiose denominazioni di alcune formazioni precedenti, un tale con una felpa arancione ed il logo della sua squadra di calcio a rilievo, attirando le risatine dei vicini. Quando ci si metteva, la natura sapeva essere davvero immaginifica, pensò Laura di sfuggita.
- Non vedo niente! –  piagnucolò la bambina in seconda fila, tirando il padre per la manica.
- Et voilà, en fin degli Amanti, ma dov’è la carezza?- domandò, con forte accento, una Francese alla figlia – Io noto solo due blocchi bianchissimi  ma separati! -
Laura attese che il gruppo finisse i suoi commenti prima di spiegare:
- Gli scienziati affermano che ci vogliono in genere circa quarant’anni perché una stalattite o una stalagmite possano aumentare di un millimetro. Ma ancora non sanno spiegare perché, nel caso di queste due formazioni, perfettamente in asse e speculari tra loro, la crescita segua parametri assolutamente varî ed imprevedibili. C’è quando l’una procede perfino di un centimetro in un anno verso l’altra e quando invece si arresta per decenni. Se guardate bene, sembra addirittura che ci siano due propaggini, come se entrambe si tendessero la mano senza tuttavia arrivare ancora a toccarsi. Probabilmente lo faranno tra qualche secolo, ma non è detto. In questo momento la stalagmite si è ad esempio fermata eppure, fino ad un paio di anni fa, aveva avuto una sensibile accelerazione. Perciò il poeta ha pensato all’Azzardo della Carezza, questo continuo tendere alla  fusione dell’una nell’altra che però non si sa quando e se verrà mai raggiunta.
- Sembrano i miei zii Lollo e Tessa! – confidò una bionda allampanata in un elegante completo griffato all’amica accanto a sé. – Ci hanno fatto impazzire tutti, con i loro alti e bassi, ma sono ancora insieme, dopo cinquanta e passa anni, un paio di separazioni anche lunghe, tre figli, otto nipoti ed un’innumerevole serie di piatti rotti. Chi meglio di loro potrebbe simboleggiare l’Azzardo della Carezza? -
Laura sorrise di nuovo, pensando piuttosto ai suoi genitori e a quanto diversa fosse la loro peculiare interpretazione dell’Azzardo. Quanta pazienza e quanta tenacia nel costruire il loro legame per renderlo inattaccabile al tempo. Un’opera d’arte né più né meno di quelle che la natura aveva realizzato nella grotta tutt’intorno.
Lasciò che i turisti si godessero un altro po’ quell’indimenticabile spettacolo quindi, rivolto  un muto cenno d’intesa alle sue due sculture preferite, si schiarì la voce:
- Qui potete invece ammirare …

tratto da AA.VV,Quel che il mare non sa dire, Algra (Ct), 2016.

Illustrazione di Franco Blandino