Il filo che ci lega

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SILVIA PIO (a cura di)

“Stamattina si è posata sul mio davanzale una ballerina. La ballerina è un piccolo uccellino il cui nome scientifico è mocellina alba, ha le dimensioni di un passerotto, è bianca e grigia e muove incessantemente la lunga coda come in una danza perpetua. Vola via quando apro la finestra per lasciarle un po’ di mangime ma torna subito appena richiudo… Non ho mai creduto a queste cose ma, se esiste un aldilà, se esiste un’anima, quale migliore creatura per rappresentarla di un fragile uccellino che danza in questa fresca mattina di inizio primavera? … Siamo rimaste a guardarla per più di un’ora, immobili per non spaventarla, finché non se n’è andata. Prima di spiccare il volo si è girata verso di noi. Mi piace pensare che fosse un arrivederci.” (da Il filo che ci Lega di Graziella Dotta)

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Il filo che ci lega è quel sentimento sottile che rende i rapporti speciali, fatto di intesa e affinità che spesso sembrano derivare da chissà cosa, originare da chissà dove. Le due protagoniste del romanzo di Graziella Dotta, legate da un’inaspettata amicizia, sono Clara e Marina, le quali coinvolgono nella rete tessuta dal filo del loro rapporto altri personaggi appartenenti al passato di una e al presente dell’altra.

Clara è stata una dirigente rampante che non aveva tempo neppure per il padre che stava morendo e che si è fatta il vuoto intorno. Arrivata al capolinea della folle esperienza lavorativa, si licenzia e, dopo il corso per operatrice socio-sanitaria, trova lavoro in una casa di riposo. Qui scopre un’altra se stessa, una persona che ama profondamente alcuni degli ospiti e soffre per la loro morte più dei parenti stessi. Se prima non aveva una vita privata per via degli impegni di ufficio, ora la sua esistenza è incentrata solo sul suo lavoro nella struttura.

Marina è una elegante donna anziana che da giovane ha fatto la ballerina e ha girato il mondo. Tutta la sua vita è stata ed è tuttora incentrata sulla danza. I nipoti, suoi unici parenti, per appropriarsi della sua casa e delle sue cose la mettono in struttura, dove lei ricrea il suo mondo di ricordi e musica nella stanza che occupa. Vive questo trasferimento come una sconfitta, una perdita di tutto quello che ha costituito la sua vita.

Le protagoniste fanno affiorare il discorso sulla vecchiaia, come viene vissuta in prima persona e dalla società, ma anche sulla giovinezza inutile, sulle energie spese per progetti che portano lontano dal quello che rende la vita meritevole di essere vissuta.

Nella prefazione Bruno Vallepiano scrive che la storia ci appare come su un palcoscenico di cui siamo gli spettatori: “una sorta di danza dei sentimenti delle due donne… È quasi un romanzo epistolare quello che Graziella Dotta ha sviluppato, attraverso pensieri messi lì come lettere mai spedite, come pagine di un diario. A leggerle queste pagine, si trova quasi il disagio della profanazione di qualcosa di intimo, di segreto.”

Infatti il romanzo scava nell’intimità della storia e dei sentimenti delle due donne, che nel volgersi di un anno (il libro è diviso in capitoli che portano i nomi delle stagioni) si incontrano, si aiutano e si lasciano. Le due donne sono nate nello stesso giorno a quarant’anni esatti di distanza, ma ci sono anche altri dettagli che le accumunano e che si manifestano nel corso della loro conoscenza.

È una storia d’amore nelle sue tante sfaccettature. “È inevitabile che una grande passione si concluda con un grande dolore. Mi chiedo se sia meglio vivere nell’apatia un’esistenza piatta e costante o consumarsi nel fuoco dei sentimenti più profondi. Certo nel primo caso non si rischia nulla ma io sono sempre più convinta che valga la pena morire se si è vissuto intensamente.”

È una storia d’amicizia: “l’amicizia fa miracoli, soprattutto quando è vera”, quindi è anche una storia di miracoli. Si intreccia con i fatti italiani degli anni 70, gli anni di piombo, che vengono portati a galla da un epistolario che si introduce nella storia e che ne risulta una parte importante.

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Molti sono i libri che hanno trattato il rapporto tra una donna più giovane e senza obiettivi e una anziana, che alla fine trasforma la vita di entrambe, ma soprattutto quella della più giovane che si protrarrà più a lungo e avrà il tempo di cambiare la sua rotta. Mi viene in mente il grandioso “Il diario di Jane Somers” di Doris Lessing e “Pomodori verdi fritti al caffè di Whistle Stop” di Fannie Flag (di cui è forse più conosciuta la versione cinematografica). Queste storie trattano per forza i tempi della vecchiaia, della morte e del senso della vita.

Numerosi anche i libri che contengono l’intrecciarsi di storie che per caso, se non vogliamo credere al destino, si ritrovano legate e aiutano a dipanare il grumo fitto di dolore, rimpianto e desideri inespressi che si trova in ognuno di noi. Li leggiamo volentieri, perché in qualche modo parlano anche di noi oltre che a noi, ci danno speranza che si possa fare pace col passato per affrontare “il tempo che rimane con leggerezza”, asciugare le lacrime e vivere la propria vita.

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Graziella Dotta è nata nel 1964 a Carrù, dove vive tuttora con la sua famiglia umana e animale. Presidente del Circolo dei lettori “Il Filo”, organizza serate ed eventi culturali in collaborazione con biblioteche ed associazioni dei paesi vicini. Da sempre impegnata nella tutela degli animali collabora con diverse associazioni animaliste.
Ha pubblicato nel 2012 il suo primo romanzo Nessuno cambia mai, seguito nel 2014 da Il filo che ci lega. Il suo terzo romanzo Baci, Giulia. è nelle librerie dal mese di marzo 2016.