Poeti dal mondo, Tahar Bekri, Tunisia

Tahar Bekri- photo Mosa Bidaj

Poeta nato nel 1951 a Gabès, in Tunisia. Dopo un periodo di prigionia in Tunisia nel 1975, si stabilisce a Parigi, dove resta come esiliato politico fino al 1989. Scrive in francese ed in arabo. Ha pubblicato circa trenta opere (poesie, quaderni, saggi, libri d’arte). La sua poesia è tradotta in diverse lingue ed è oggetto di lavori universitari. E’ considerato oggi dalla critica una delle voci più importanti del Maghreb e dell’area francofona. E’ attualmente assistente all’Università di Parigi Ovest-Nanterre.
Ultime pubblicazioni:
In italiano: Il Rosario degli affetti, trad. Manuela Raccanello, Bulzoni Editore, 1997.
La nostalgie des rosiers sauvages, acryliques d’Annick Le Thoër (“La nostalgia dei rosai selvatici”, acrilici di Annick Le Thoër) , Ed. Al Manar, Parigi 2014 ; Poésie de Palestine, anthologie, (“Poesia di Palestina, antologia”) Ed. Al Manar, Parigi, 2013 ; Au souvenir de Yunus Emre, (« In ricordo di Yunus Emre »),Ed. bilingue (francese- araba), Elyzad, Tunisi, 2012 ; Je te nomme Tunisine (“Io ti chiamo Tunisina”), Ed. Al Manar, 2011.
http://tahar.bekri.free/fr (non aggiornato)
Tahar Bekri, (sotto la direzione) di Najib Redouane, Ed. L’Harmattan

Tahar Bekri  photo Luisa Goncalves

Come una jacaranda a Lisbona

Se io fossi una jacaranda a Lisbona
O un volo di colomba ad Alfama
Direi ai tetti tutto il fremito dei vicoli
I miei passi che portano con loro la tua voce
Nel timbro della luce
Questo muro che mi riporta ad un paese mio
Io non so se si ricorda dei panni stesi alle finestre
O del tuo sorriso tra le fontane

E se disperde l’eco del mio violino che si spegne
Può trattenere gli anni che passano

Se io fossi una palma sulla riva del fiume
La sua ombra imperlata come di sudore
E’ il tuo sale crosta sulle mie rughe
Che io raccoglierei dentro i raggi
Non è una nuvola che spunta
All’orizzonte dove serpeggia un aquilone
Ma un’oscillante aria di fisarmonica

Tanto imbrunire sopra la tua spalla
Scoperta è sufficiente a consolare l’oceano?

Se io fossi una porta aperta sul mare
Direi al Tago
Ripàrati dalla frescura inarrestabile del vento
Quanti mari di tenebre
Devo cullare con le mie frasche
Per placare queste chitarre
Che non possono ritrovare il faro
Le loro corde frondose sotto il ponte

E come uno sciabecco* che si capovolge
Il giorno dopo la festa
I miei bicchieri rotti a gara
Io mi drappeggio nelle tue ghirlande
Sopra gli aranci amari
Erano necessari tutti questi lampadari per illuminare
Le vesti confuse nella notte
I canti di fado che sfidano l’infinito

Lontano da te terra
Amico di Pessoa
Io non so chi sono
© Tahar Bekri

* Lo sciabecco è un veliero del Mediterraneo, il nome è di origine araba

(Traduzione a cura di Gemma Francone e Franco Blandino)