La gioia delle incompiute di Rita Greco

copertina Greco

Dalla prefazione di Alfonso Guida

“Tenersi stretta la gioia / delle incompiute”, recita l’incipit di una poesia di Rita Greco. E questa incompiutezza dell’oggetto e del soggetto, delle cose e dell’essere, permea del suo illudente bagliore di soglia l’intera, rocciosa escursione di versi cantati in un rovescio di sé, all’esterno, guardando la morte, che si sconta vivendo, da un davanzale. L’incompiuto non è solo una presa d’atto dell’interminabile processo evolutivo e involutivo della res che resta nascosta come un’ombra, un animale tra siepe e tana, ma si intreccia anche a una nostalgia della potenza. Qui si procede a ritroso. Si vuole rasentare il guscio dell’uovo originario, la sua carica eversiva, la sua condensazione, sintesi del Tutto. L’io è un lume minuscolo che si allinea alle luci pulviscolari del circondario cosmico e antropico. Rita Greco scrive per stare luministicamente dentro le cose e sta dentro le cose aspettando la deflagrazione, lo scoppio del seme, la fioritura del germoglio. Su ogni sillaba aleggia un’aria di giardino dove a prevalere sono le aiuole delle “Composite”, una specie botanica impronta di compostezza e complessità, sorgente puntiforme che si estende in un ricorso dolente a ciò che già si possiede, a volte un tu indefinito e trascolorante, a volte la sera del canto solitario “nella culla dolce del chissà”. Tutto il paesaggio dell’incompiuto appare, minuzioso e raccolto, nello spazio di un lumen-limen, in una fiammella di preghiera, in un lirismo di stagioni dove tutto è e resta in gestazione.

Da La gioia delle incompiute di Rita Greco (Giuliano Ladolfi Editore 2021)

La tua mano
era una nuvola carica di pioggia.
L’ho sfiorata appena,
si sono alzate in volo
tutte le mie solitudini.

Che nome porti ora, padre,
quale sguardo indossi
per sapere chi siamo
in quale sogno decanta
il tuo silenzio?

Il cielo stesso ora
è un sogno azzurro
pieno di ali.

*
Le cose sono fragili e si rompono
basta un solo sguardo leggermente acuminato
o un silenzio dove andava incastonata una parola
basta una sola indifferenza
l’attimo nero d’indifferenza
– che tu ci sia o no è uguale –.

Le cose sono fragili e si rompono
se anziché vedere il tuo viso
vedo le tue spalle
spalle spallucce ballerine
– scusami ho da far con le galline
che me ne importa di te? –

Le cose sono fragili e si rompono
e per non romperle occorre molta cura
una cura senza sforzo, s’intende,
carezza limpida fluente
naturale conseguenza di questo nostro esistere
da quando scoccò il miracolo di vedersi.

*
Bisogna aspettare
allenare la pazienza
abitare la faticosa sedia della pausa
dignitosamente immobili
superstiti indecisi se vivere
sia ancora un miracolo
o una punizione.
Come un giocattolo rotto
mi assedia il tempo perduto
e non mi rimedia quello che resta

le facce sgargianti delle possibilità
attorno alle mie mani incapaci.

*
Vengo a dirti
la gratitudine
delle mie lacrime

il sole innalza
inni d’oro
alla solitudine

da così lontano tu
mi vedi

scrivi per me l’immensa
lettera che non ho mai ricevuto

mi scomponi e ricomponi
amata.

Il cuore batte a capofitto.

Nido della tua voce tersa
dalle finestre aperte

col vento
entra il silenzio.

Ci starò una vita
sulle tue parole
e non finiranno mai.

Rita Greco è nata e vive a Mesagne (Br). Nel 2007 ha pubblicato la raccolta di poesie Perché ho sempre addosso un cielo (Il Filo Edizioni). Diplomata attrice professionista, conduce laboratori di teatro-poesia per bambini. È vicepresidente dell’associazione culturale “Solidea 1 Utopia”. Suoi testi sono stati pubblicati su vari siti e blog, tra cui “Rai Poesia”, “Versante Ripido”, “Poesia del nostro tempo”, “Transiti Poetici”, “Poeti Oggi”, “Bibbia d’Asfalto”.

( A cura di Silvia Rosa)