Chiesa, santini, donne e altro ancora

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FRANCO RUSSO.

Tra i più diffusi oggetti di collezionismo dei nostri giorni ci sono i “santini”, le immaginette sacre. Non sono un grande collezionista né un fine intenditore ma, curiosando sui banchi dei mercatini ho incominciato ad appassionarmi alla storia dei santini ed ho provato a cercare di capirne qualche cosa di più. E’ una di quelle storie che si chiamano “minori” ma che, spesso, aiutano a capire la Storia.

Immagini sacre miniate e di piccole dimensioni destinate ad uso domestico e privato sono state realizzate, anche da grandi artisti, fin dal V secolo. Per quanto riguarda i “santini” la leggenda, non provata dato che è leggenda ma verosimile dato il personaggio, ne attribuisce l’invenzione a S. Bernardino da Siena che, predicando a Bologna, ordinò che i fedeli bruciassero sulle piazze dadi, scacchiere e giochi di carte. I fedeli obbedirono e, naturalmente, si arrabbiarono quelli che li costruivano e li vendevano ma, alle loro proteste, il Santo replicò che avrebbero potuto produrre e vendere immagini sacre al posto delle carte da gioco. Siamo agli inizi del ’400 e, leggenda o storia vera, merita qualche riflessione.

Storicamente risulta che, a Firenze nel ’500, Suor Caterina de’ Ricci amava dipingere o ricamare, su piccole immagini sacre in pergamena, i simboli della Passione contornati da angeli per farne dono ai benefattori: per questo, generalmente, viene considerata l’inventrice del “santino”. Dal ’500 la storia delle immaginette sacre si sviluppa, in pratica, lungo tre filoni:
manuale, realizzato, soprattutto, dalle suore di clausura nei conventi;
a stampa, con caratteristiche  più popolari  e di  molto  minore pregio;
a incisione, con xilografie, siderografie, litografie, acquaforti.
I tre filoni, nei secoli, acquisiranno anche caratteristiche differenti in ordine alle motivazioni, alle cause, agli effetti.

Nel chiuso dei conventi inizia la produzione di piccole immagini manufatte – che saranno chiamate santini2“canivet” dal francese “canif” (temperino) – realizzate con la trasformazione ad intaglio di rettangolini di carta traforati, intagliati e dipinti a mano. In qualche caso tale lavoro veniva realizzato su ostie che, debitamente consacrate, venivano assunte come protezione per viaggi, guerre, malattie. I “santini” prodotti nei conventi non sono solo da attribuire all’operosa religiosità delle monache; rispondono anche all’esigenza dello spirito controriformistico successivo al Concilio di Trento (a metà del ’500). La Controriforma, infatti, dichiara guerra a tutte le forme di degenerazione della religione cattolica, anche quelle degli ordini religiosi. Niente più lassismi ma, nei monasteri, rigore, disciplina, silenzio, lavoro.
Nel “Paradiso Monacale” di Donna Arcangela Tarabotti, suora veneziana del ’600, si suggerisce di “…trafiggere con le punture di un ago l’otio per ucciderlo e colorarlo col turchino del celeste amore, il porporino degli affetti ardenti, il verde della speranza, il bianco della pura intenzione, l’oro della fede immacolata”.
Ne “La perfetta religiosa” opera veneziana del ’700 “… non istate mai nella vostra cella senza fare alcuna cosa: in essa occupatevi a leggere o al lavoro…”
Fuga dal mondo, solitudine, silenzio, mortificazione dei sensi, lavoro manuale in cella sono le regole delle Costituzioni di Santa Teresa d’Avila.
Le immagini sacre prodotte a mano nei conventi sono, quindi, raffinatissimi merletti, preziose miniature, fragili collages, dipinti affascinanti. Ma sono anche un bel modo per tenere le monache lontano dalle tentazioni diaboliche e, perché no?, per emarginare le donne dagli avvenimenti storici.

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Le immaginette sacre a stampa hanno una grande diffusione soprattutto nel ’900 e, tra tutte, mi paiono interessanti, soprattutto in questo periodo, quelle a soggetto militare. “Il vostro celestiale sorriso mi sia di sprone, o Madonna Santa, nel compimento dei miei doveri militari…mi tenga lontano da ogni viltà… le fanfare della vittoria squilleranno, trionfalmente, l’ora della pace e della giustizia… così la preghiera del soldato del 1941. E un folto stuolo di santi viene in soccorso dei militari delle due guerre mondiali ma, più ancora, la Madonna, quella di Loreto, protettrice degli aviatori, quella del Buon Ritorno e, ancora, Santa Rita, sant’Antonio, San Francesco, Santa Elisabetta. Sul fronte dell’immagine scene lugubri, campi di battaglia, feriti e moribondi; sul retro le preghiere. Di scadente qualità perché stampati in gran numero di copie ma con valore simbolico e scaramantico erano presenti nello zaino di tutti i soldati. Più che l’iconografia di questi sono importanti i personaggi, le preghiere: “o Gesù, trionfatore della morte e amante della Patria benedici l’Impero che abbiamo conquistato per donare la Fede a quelle tue anime e abolire la schiavitù” si legge in un santino di epoca fascista. In un’immaginetta sacra del 1936, stampata nel Monastero di Santa Rita a Norcia si invoca la Santa perché “sostenga il coraggio nella guerra perché si possa combattere senza odio nel cuore ma solo per tutelare i sacri diritti della patria diletta”. E, ancora, di questo secolo sono, significativamente, molte Milizie di santi; citerò, volutamente, solo la Milizia dell’Immacolata fondata da Massimiliano Kolbe, morto ad Auschwitz e canonizzato da Giovanni Paolo II il cui obiettivo era “convertire i peccatori. gli eretici, gli scismatici, i giudei e, soprattutto, i massoni”.
Due editori milanesi stamparono immagini con antine apribili che potevano fungere da altarini e potevanosantino soldato1 essere collocati, dai soldati, sugli zaini o accanto alle brande. Lo studio, la lettura, l’esame dei “santini” del ’900 ci rendono l’immagine di una chiesa non così pacifista come quella del 21° secolo. Storia minore ma vera.

I “santini” opera di incisori, in qualche caso raffinatissimi, nascono nel ’500 e, da subito, ad opera soprattutto dei gesuiti, diventano un’arma contro i nemici della chiesa. A Parigi, Anversa, Dresda grandi editori incisori si lanciano nella produzione e, nel giro di qualche secolo, le immagini sacre diventano strumento per conversioni in Sud America e di “propaganda fidei”. Le immaginette diventano anche un grande affare se pensiamo che molti editori hanno un vero e proprio catalogo: l’editore Turgis, nel 1840, ha, in produzione, 225 teste di santi, 419 biglietti di Prima Comunione e 2.000 immagini da messale. Tra Napoli e Palermo a partire dalla seconda metà del ’700 gli ordini religiosi, gesuiti e domenicani, iniziano a stampare ognuno i propri santi.
Legate alle mode, ispirate a tutti gli stili, incise a bulino, disegnate ed acquerellate, decorate con inserti preziosi le piccole immagini, vere opere d’arte, avranno, sempre di più, il compito di spingere alla devozione nobildonne, borghesi e contadine, fanciulle e donne perdute.
Ho detto al femminile perché, dai primi dell’800 – dice lo storico francese Michelet – “Dieu change de sexe”. L’anticlericalismo del secolo è tipicamente maschile, la chiesa ne prende atto e si rivolge alle donne e, conseguentemente, le immaginette si femminilizzano e diventano lo strumento per definire il ruolo della donna secondo la chiesa. I “santini”, tra i primi dell”800 e primi del’900, ricorderanno a fanciulle, mogli e madri i doveri del sacrificio, dell’obbedienza e della preghiera. Trionfano immagini della Madonna, rassegnata e dolente, casta e pura. Pio IX, nel 1854, proclama il dogma dell’Immacolata Concezione e, subito dopo, una grande quantità di immaginette esaltano la purezza. Così abbondano immagini della Madonna e di Sante che calpestano serpenti, libri proibiti, teatro, balli. La gioia diventa fonte di peccato e la vita di molte donne sarà costellata di fioretti, rinunzie, penitenze. Le immaginette si occupano di tutti i momenti della vita al femminile e diventano teatrini con molti sipari che riportano le preghiere da recitare nelle varie occasioni soprattutto quelle legate alla tentazione, alla solitudine, alla malattia ed alla morte. Significative didascalie per le immagini sacre “son rose le spine/ son gioie le croci/ è dolce il patire/ è dolce il morire”, “felice il momento in cui cesserò di peccare, felice il momento in cui vedrò mia Madre, felice il distacco seguito dalle gioie del Cielo”, “le spine della terra son le rose del Cielo”.
santino soldato2I “santini” come strumento per un progetto “politico”. Che Maddalena Sofia Barat, fondatrice della Società del Sacro Cuore sintetizzerà, nel 1831, così: ” Le donne forti sono rare e più preziose delle perle e dei diamanti. Lavoriamo, lavoriamo a formarne qualcuna, checché ce ne possa costare. Esse ne formeranno delle altre e il bene verrà. Giacché in questo secolo non si può contare sugli uomini per conservare la fede”.
La storia della chiesa controriformista, delle guerre sante e giuste, delle sue scelte politiche e sociali può anche essere studiata sulle piccole storie dei “santini”.