L’arte in abito elegante

Foto di Bruna Bonino

Foto di Bruna Bonino

GIORGIA DE CAROLIS

Osservando i verdi ulivi del giardino la fanciulla sorrise.

«Credo che inizierò così il mio nuovo racconto» disse Françoise con un solare sorriso stampato in faccia. Un brivido le percorse la schiena; si voltò guardando la finestra dietro di sé che, contrariamente alle sue aspettative, era chiusa.

Arricciandosi una ciocca di capelli osservò la strana luce che percorreva le strade di Parigi, investendo ogni cosa. Si sentiva una bohemienne, si sentiva un’artista di strada, si sentiva una modella di Man Ray. Forse era proprio la frizzante aria parigina a far esplodere dalle sue molecole arte, a far trasudare dai pori della sua pelle creatività.

Osservò attentamente il vecchio mobile in legno: il sole si specchiava nelle vetrinette coperte da un velo di polvere. Non era mai stata un’ossessiva dell’ordine, di certo non amava vivere in un immondezzaio, ma l’ordine non rispecchiava la sua personalità.

Ad un certo punto la sua attenzione si focalizzò sul rumore fisso e continuo provocato da un fastidioso gocciolio. Mezz’ora prima la sua creatività si era sfogata su di una tela originariamente bianca e pura: un grumo di colori ancora fresco gocciolava sul pavimento. Il dipinto raffigurava in maniera stilizzata un uomo ed una donna legati assieme da un filo setoso che avvolgeva i loro corpi. Françoise rise orgogliosa osservandola; poi, ripensando ad una storia d’amore passata, un velo di tristezza  tramutò la sua espressione. Si alzò accompagnata dallo scricchiolio della vecchia sedia in legno e specchiandosi nei vetri della finestra si ricordò di avere ancora addosso la sua camicia da notte bianca e candida. Adorava sentire il fresco raso sulla sua pelle.

Aprì la finestra ed un odore di croissant le riempì le narici, mentre arrivò alle sue orecchie la dolce melodia di una fisarmonica. Montmartre risplendeva nella luce della tarda mattinata. Un nuovo brivido le percorse il corpo, si accarezzò un braccio pensando a quanto tempo era passato dall’ultima volta in cui aveva ricevuto una carezza.

Stanca di oziare si sedette sul divano vittoriano in velluto blu; quel piccolo alloggio era il suo regno, le piaceva pensare che ogni vecchio oggetto portava con se una storia.

«Ehm…Ehm!».  Sussultando Françoise si alzò dal divano spaventata. Chi aveva tossito? Forse un uomo che passeggiava nella via proprio sotto al suo appartamento.

«No, mi spiace. Non sono un semplice passante Françoise, ma una persona che ti conosce molto meglio». Irrigidita dallo shock Fraçoise si voltò verso una delle sue tele, quella ispirata al pittore Magritte, che raffigurava un uomo in abito elegante con il volto coperto da un lenzuolo bianco.

Françoise si svegliò agitata in un bagno di sudore. Ultimamente i suoi sogni diventavano sempre più strani, di notte in notte. Alzandosi esaminò il salotto: ogni cosa era al suo posto. Pensando a quanto era stato reale il suo sogno si sedette sul divano vittoriano blu. Reale… Che strana parola dal momento in cui, a volte,  ci riesce difficile persino distinguere la fine di un sogno dall’inizio del risveglio. Stiracchiandosi guardò la sua tela che raffigurava un uomo con il volto coperto da un panno bianco e si avvicinò ad essa. Toccandola scoprì il volto dell’uomo dipinto. I suoi occhi, che tante volte aveva immaginato erano bellissimi ed espressivi, di un nero profondo e la guardavano con aria sognante e devota. L’uomo in abito elegante afferrò, uscendo dalla tela, la mano di Françoise. Il suo tocco era gentile ed una volta fuori dal dipinto le accarezzò una guancia. «Sei bellissima». Disse l’uomo guardandola teneramente. «Ti amo Françoise» sussurrò baciandola; un bacio così dolce e sensuale che la fece perdere in un vortice di emozioni. Si staccò per guardare gli occhi dell’uomo, così belli e rassicuranti. Gli accarezzò il volto ed una macchia di acrilico le rimase sulla mano. Sorridendo Françoise disse: « In fondo è come se fossi tua madre». «Sei la mia dea Françoise, colei che mi ha donato la vita». Rispose l’uomo mentre la stringeva a sè, le mani si intrecciarono, i corpi dolcemente si sfioravano. Mille colori esplosero come non mai nel cuore di Françoise. L’uomo in abito elegante le domandò: «Vuoi venire con me e vivere nell’arte pura come hai sempre sognato? ». «Sì» rispose Françoise con un roco ma sicuro sussurro. «Nel luogo in cui ti porto il tuo sorriso sarà eterno». Disse l’uomo mentre trafiggeva Françoise squarciando la sua camicia da notte in seta. Mille colori in un unico getto inondarono la stanza. Lei sorrise e si aggrappò alla cravatta dell’uomo in abito elegante, che sollevandola la prese in braccio ed entrò di nuovo nel dipinto. Françoise osservò il suo salotto, che strana prospettiva aveva acquisito guardato da dentro la sua tela! Era diventato un semplice quadro appeso nella sua nuova casa dipinta da mille colori, i colori dell’anima, vividi che mai sarebbero sbiaditi. «Qui sorriderai in eterno». La rassicurò l’uomo in abito elegante baciandola. «Ti amo». Rispose dolcemente lei accarezzandogli i capelli.

*

«Françoise!…Françoise dove sei?! ». Urlò Anne entrando nell’appartamento. «Ho comprato delle fragole al mercato, dato che le desideravi tanto» disse la ragazza addentando un frutto. D’un tratto trasalì lasciando cadere per terra il sacchetto colmo di fragole che rotolarono sul pavimento. Le pareti del salotto erano imbrattate con schizzi di vernice colorata. Anne si avvicinò cauta al divano vittoriano blu dove, orribilmente, scoprì il corpo senza vita dell’amica Françoise. Il raso bianco della camicia da notte era diventato rosso ed un taglio ad U le percorreva il viso dall’occhio destro a quello sinistro. Sorriderò per sempre diceva la scritta su di un foglio che giaceva ai piedi del divano.

magritte